La vibrazione sfacciata della pietra, un’epoca lontana ma ancora intatta e quel modo che hanno le torri di farsi guardare.
Sono uno da castelli, io.
– Fabrizio Caramagna
Finalmente è caduto, dopo oltre un mese di attesa il nostro traballante ha deciso di sfidare la gravità. E da questo pomeriggio siamo senza un dente, ma il sostituto è già pronto a subentrare. Ho colto l’occasione per uno Ius Primae Fotis con il nuovo (si fa per dire) Minolta MD Rokkor 50mm f/1.7. Ovviamente tutta apertura e ISO a 1600 per mettere l’ottica (e il sottoscritto) alle strette. Messa a fuoco complicata e non proprio precisa. Effetto vintage assicurato (anche e soprattutto in post). E questa notte aspettiamo il passaggio di Raton Perez, il nostro topolino del dente.
Nascosto da alcuni pannelli di lamiera ondulata, sul lungomare di Savona, a due passi dalla spiaggia e proprio vicino a Villa Zanelli, si trovano quelli che una volta erano i cantieri navali Solimano. La storia di abbandono e degrado è ormai decennale, ma forse è destinata a concludersi. Nel 2009 vennero acquistati all’asta da Guido Porru, un facoltoso avvocato romano, per una cifra superiore ai 6 milioni di euro. A Guido Porru in realtà non interessava la speculazione edilizia, ma acquistò i cantieri semplicemente per entrare in possesso delle tre navi ancora ferme al suo interno: «sono le uniche in Italia ad avere una speciale licenza di pesca che oggi non viene più rilasciata e vale milioni». Appena realizzato il suo intento l’avvocato romano cedette l’intero complesso a Francesco Fresia, un costruttore di Loano: la sua idea era di sfruttare la bellissima zona per costruire case e alloggi sul mare. Sono passati oltre dieci anni, ma la situazione non è cambiata molto. Nel 2010 al suo interno venne ucciso a sprangate e coltellate un senzatetto rumeno, nel 2011 vennero allontani 30 barboni che vivevano nei capannoni, nel maggio 2015 la spiaggia antistante venne chiusa perché l’enorme carro ponte che sovrastava la struttura rischiava di cadere per il forte vento: per riuscire nello smantellamento furono impiegate tre gru e un piattaforma. Negli ultimi anni sembra, e dico sembra, che la proposta di Fresia, che prevede la costruzione di due palazzi di 14 piani con parco (già definito “Parco Solimano”), ristorante e parcheggio sotterraneo, possa essere presa in considerazione dal comune mediante una modifica del piano regolatore. Al momento gli ex cantieri navali Solimano sono abbandonati, sporchi, devastati: l’accesso dalla spiaggia è semplice e chiunque può entrare. Speriamo che la situazione possa sbloccarsi al più presto.
Avevo già pubblicato un ritratto di Chiara molto simile a questo, però con gli occhi chiusi (ed è sempre un peccato) e in monocromatico. Mi sembra giusto chiudere il cerchio, a distanza di 18 mesi dallo scatto, con questa immagine che trovo decisamente molto attraente.
Il Faro della Vittoria è uno dei monumenti più dimenticati di Torino. Forse per la posizione decisamente scomoda, forse per il periodo storico di nascita (il fascismo, che in parte rappresenta) non viene quasi mai citato nelle guide della città. Eppure è di notevole bellezza e importanza. Il faro è opera dello scultore Torinese Edoardo Rubino, è colossale: la statua pesa 25 tonnellate, è alta 18,50 metri ed è poggiante su un basamento in pietra di altri 8 metri di altezza. Fu donato alla città dal senatore Giovanni Agnelli nel 1928 per commemorare il decimo anniversario della vittoria dell’Italia nella prima guerra mondiale sull’Austria e Germania. Si trova sulla sommità del parco della Rimembranza presso il Colle della Maddalena, il faro è sistemato nella fiaccola sorretta tra le mani della statua in bronzo che rappresenta la Vittoria Alata. Dal parco si gode di una meravigliosa vista di Torino e dell’arco alpino e di notte la luce del faro può essere notata da qualsiasi angolo della città. Per fotografare avevo davvero poco tempo e quindi sarei potuto andare di cronosfida. Purtroppo non avevo con me una lente normale e ho dovuto scegliere due ottiche (tele e grandangolo) per realizzare qualcosa di interessante: e questo è contrario alle regole. Sarà per un’altra volta.
Ci sono luoghi che vengono abbandonati e rimangono immutati nel tempo. Dimenticati. Perché quando andiamo via ci portiamo tutti i nostri ricordi e la nostra memoria, ma nulla di terreno e tangibile. E sparisce quel collegamento, quel link mentale che assegna gli oggetti al ricordo. E le nostre cose si fermano, come congelate nell’attimo stesso della morte. Senza vita, senza speranza, senza emozioni. Una quantità enorme di oggetti inutili che rimangono per costringerci a riflettere su cosa è veramente importante. Ma intanto siamo morti. E’ un’eredità complicata e pesante, senza valore monetario, che solitamente viene presa in carico dagli eredi. Ma quando non c’è nessuno? Sicuramente c’è una patina di tristezza che nasconde il futuro. Le poche cose di valore spariscono, quasi subito, rimane il silenzio assordante, di una vita raccolta in qualche oggetto senza storia, che solo il tempo potrà fermare.
Oggi pomeriggio ho concluso un acquisto compulsivo. Un amico vendeva un gigante russo, un catadiottrico, il celebre Zenit MC 3M-5CA 500mm f/8 con attacco a vite M42. Non ho resistito alla tentazione: non avevo mai utilizzato un 500mm e tantomeno catadiottrico. Ovviamente fuoco manuale, diaframma fisso a F/8, ma molto leggero e piccolo: 620 grammi per 140 millimetri di lunghezza (davvero poco per il tipo di focale). Questa è la prima foto che ho scattato, ovviamente in casa e al buio: un classico Ius Primae Fotis. E’ il lampadario della mia cucina, virato al tricolore con l’aiuto di Alexa, da circa 5 metri di distanza.
Per i noti motivi legati all’emergenza Codiv-19 quest’anno tutte gli spettacoli del carnevale sono stati annullati. Per la città di Mondovì che ha una tradizione importante con il suo Carlevè è un brutto colpo, ma i monregalesi non si sono dati per vinti. E con l’aiuto di qualche sponsor la Famija Monregaleisa ha allestito questo Moro (la maschera simbolo del carnevale monregalese) enorme (oltre 20 metri) e gonfiabile sulla piazza del Belvedere. Subito è scattata in automatico la definizione Gigamoro. Ho provato a scattare qualche foto all’alba, ma la sorte non mi ha aiutato con le condizioni atmosferiche. Ho deciso di sfruttare l’unica occasione possibile con il sole di mezzogiorno: prima uno scatto con il drone e poi un controluce che enfatizza le 9 lamelle del 15-35 Canon RF chiuso a f/16 (il famoso Sunny f/16).
Avevo già affrontato il terribile e abominevole ecomostro delle nevi di Viola St.Grèè diversi anni fa (correva l’anno 2016). La celebre Porta delle Neve giace abbandonata ormai da tempo, ma sembra che qualcosa si stia muovendo. Infatti la ditta Raimondi srl di Ceva, che già gestisce gli impianti di risalita di Viola, ha acquistato a fine gennaio l’intera struttura. Già da qualche tempo si stava cercando un ritorno al turismo, soprattutto estivo, grazie alla bellezza delle piste di downhill e alla veloce e comoda seggiovia; con la stipula del contratto si intravede uno spiraglio di luce. Sembra che inizialmente verrà ripristinata la zona delle piscine e poi, se i risultati turistici saranno interessanti, si potrà pensare al resto dell’ecomostro, magari anche migliorando l’impatto ambientale. Le immagini risalgono all’estate scorsa, la foto di copertina è stata scattata con il Drone (la prima di sempre in 16/9). Come sempre prestare molta attenzione alla dead zone.
Per una volta faccio del giornalismo in tempo reale e riesco a pubblicare la foto di un evento praticamente al volo (nel vero senso della parola). Perchè? Semplicemente perchè l’evento, cioè il volo in mongolfiera di una Due Cavalli, si è sviluppato a Beinette e sono riuscito ad immortalare l’evento seduto comodamente nel giardino di casa. In timing perfetto, e quasi senza volerlo, mi sono ritrovato con il drone in aria proprio nel momento del decollo: è stato un po’ come guardare la televisione, anche se alzando gli occhi dallo schermo avrei anche potuto intravedere la sagoma gialla della mongolfiera in volo. Bellissimo.