POSTED ON 4 Dic 2023 IN
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URBEX



E poi ci sono quei posti che tutti ti dicono che non merita, che in mappa hai segnato con un colore sfigato come per dire se proprio ci passiamo davanti. Un bel giorno, guarda il caso, sei proprio da quelle parti e vince la curiosità, perché vista dall’esterno sembra anche interessante e perché magari in realtà, dietro a quella descrizione un po’ così, si nasconde un piccolo tesoro. E niente, invece avevano ragione loro: quel posto davvero non merita, non conserva niente di interessante e hai perso del tempo e corso dei rischi per nulla; ma dato che da queste parti ci vantiamo -dal punto di vista fotografico- di trasformare anche la merda in qualcosa di interessante, non ti prendi del tempo per fotografare quel rudere affrescato? Non sempre si può vincere e qualche volta è necessario accontentarsi di un pareggio, se non di una onorevole sconfitta.


POSTED ON 29 Nov 2023 IN
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URBEX

…che poi queste minacce tanto velate non sono. Non mi era mai capitato di trovare un messaggio per qualcuno, nel caso specifico addirittura anticipato, con un racconto ai limiti del drammatico, da chi si era infiltrato prima del sottoscritto; il tutto complicato da storie di disavventure e fughe precipitose. Quindi lo sapevo, ero a conoscenza della minaccia -se ti prendo- ma rimane l’effetto straniante perché quel messaggio, scritto con un pennarello su un foglio di carta, sembra indirizzato proprio a te. E ti lascia quel senso di incertezza, di paura, come se quel luogo fosse ancora vissuto, come se ti trovassi, per caso e senza volerlo realmente, nella vita di altre persone.
In quella casa percepisci una sensazione di modernità, di casualità, non quell’idea di chiaro abbandono: eppure tutto intorno crolla, tutto intorno è vuoto, silenzio, disordine, polvere, dimenticato. Ma il tuo cervello non riesce a comprendere la situazione, è alterato da quella minaccia, la percepisce reale e plausibile: ti comprime come se da un momento all’altro si potesse tornare indietro nel passato e riprendere da dove il tempo si è fermato. Ma non è così e quando sei fuori ti fermi qualche minuto, ti siedi in macchina, torni nuovamente a riflettere e nel silenzio ti chiedi perchè, perché quest’ansia? E vorresti ripartire da zero, ma sai benissimo che torneresti a leggere quel messaggio, quella velata minaccia, come in un vortice senza fine.









POSTED ON 26 Nov 2023 IN
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Su quella che viene definita la Villa degli Amanti Maledetti è stato scritto di tutto e di più. Quasi sempre a sproposito. La leggenda che si racconta su questa Villa è decisamente cruenta: il proprietario ritornando da una battuta di caccia trovò la moglie con lo stalliere intenti in una celeste corrispondenza di amorosi sensi nella torre della casa. Accecato dalla rabbia uccise sia la giovane moglie che il servo e poi si suicidò con un colpo di fucile. Nelle notti d’estate, in occasione dell’anniversario dell’omicidio/suicidio, gli automobilisti che passano sula statale raccontano di bagliori e ombre che si intravedono tra le vetrate della torre e di sentire grida provenienti dalla casa.
In realtà la storia è cruenta, ma molto meno romanzata. La Villa fu costruita nel 1931 dal proprietario terriero Piero Cerri. Nella notte del 29 luglio 1935, dopo aver parcheggiato l’automobile (un lusso per l’epoca) nella cascina accanto alla dimora, mentre rientrava verso la villa, venne colpito alla testa da due delinquenti. I due uomini presero il corpo di Piero e lo buttarono in una canale vicino alla cascina credendolo morto. Lui si riprese, chiamò aiuto e venne soccorso, ma morì appena giunto in ospedale. Nel secondo dopoguerra la Villa fu comprata da una ricca famiglia di Milano: purtroppo un giorno il figlio dei proprietari morì tragicamente in un incidente d’auto a pochi metri da casa.
Tutte queste storie hanno contribuito a creare un’aurea di maledizione intorno alla Villa e oggi è diventata degli amanti maledetti. Ormai da quasi 30 anni è lasciata abbandonata a se stessa, nessuno crede più nel suo possibile rilancio nonostante le condizioni quasi perfette della struttura che oggi è abitata esclusivamente dai piccioni. Quello che mi ha sorpreso è la mancanza di segni di vandalismo che solitamente in questi casi sono un classico: anche le vetrate della torre sono ancora incredibilmente intatte. Evidentemente la paura della maledizione è ancora molto presente nella mente degli abitanti di questa zona.










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POSTED ON 22 Nov 2023 IN
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Questa Villa, silenziosa e spoglia, mi ha ricordato la fiaba della Bella Addormentata. Sono stato influenzato da una citazione (che ho inserito in calce), ma ho pensato che fosse davvero molto indovinata. Perché gli arredi e l’eleganza degli ambienti ricordano vagamente la storia raccontata da Walt Disney nel suo celebre film a disegni animati del 1959. E poi c’è la similitudine fra la condizione della principessa Aurora, bellissima e addormentata, e questa villa lineare e pulita, che sembra anche lei aspettare un principe (magari con tanti soldi) che con un bacio (e magari un progetto edilizio serio) venga a risvegliarla.
È chiaro che la fiaba della “Bella Addormentata nel Bosco” ha origini antiche, prima nella versione di Giambattista Basile e successivamente in quelle di Charles Perrault (ne I racconti di mamma l’oca, 1697) e dei fratelli Grimm (ne Le fiabe del focolare, 1812). Ma la mia immaginazione è toccata maggiormente dal cartone animato che rappresenta al meglio l’idea di romanticismo e amore che tutti abbiamo impressi nella mente.
Chiudo l’angolo della poesia e dell’amore e passo a qualche nota puramente tecnica. Per la prima volta ho utilizzato il mio nuovo acquisto, il Canon RF 24mm f/1.8 Macro IS STM: è un obbiettivo che, utilizzato sul sensore APS-C della Canon R7, è perfetto per gli scatti dei dettagli (come la poltrona) in urbex. Perché con il fattore di moltiplicazione diventa quasi un 40mm, è stabilizzato (e con l’IBIS -stabilizzatore d’immagine integrato- della R7 mi permette di utilizzare tempi lentissimi) e ha un’apertura decisamente ampia per essere un 24mm. Inoltre essendo macro riesce ad avvicinarsi molto al soggetto cogliendo dettagli altrimenti impossibili da ottenere. Devo ancora studiarlo a fondo, ma il primo impatto è stato decisamente positivo: ho scattato foto a 1/6 di secondo senza nessun segno di mosso apparente. Un’ultima curiosità: per riuscire a riprendere il bellissimo soffitto di alcune stanze ho scelto di fotografare, udite udite, in verticale. Non mi capita quasi mai, non sono un ammiratore del genere, ma nel caso ho pensato fosse una proposta interessante. Non abituatevi.
Principessina, se la triste profezia si avverasse, bimba mia, non per questo morirai. Ma nel sonno tu cadrai e il tuo sonno cesserà se l’amor ti bacerà. Sia questo il più fulgido dei tuoi doni, che la speranza mai ti abbandoni.
– da La Bella Addormentata






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POSTED ON 21 Nov 2023 IN
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I miei contatti/amici conoscono perfettamente la passione del sottoscritto per il fish-eye. L’occhio di pesce è un obbiettivo particolare, che si può utilizzare raramente, per pochi scatti e quindi generalmente è poco utilizzato. Per me rappresenta lo scatto diverso dal solito, lo scatto che può uscire dagli schemi e donare al reportage una prospettiva più intrigante: se il soggetto ha delle forme rotondeggianti diventa difficile, quasi impossibile, resistere. E quando mi sono imbattuto in questa splendida, ma piccola voliera liberty non ho esitato un secondo a sfoderare il mio Sigma 15mm f/2.8 EX DG Diagonal Fish-eye. Per queste foto ho utilizzato due obbiettivi particolari, ma la voliera richiedeva il grandangolo: il Laowa 11mm f/4.5 FF RL e ovviamente il fish-eye. Sono due lenti che mi piace definire bizzarre, piccole e che utilizzo poco, ma che comunque voglio avere sempre con me in urbex. Perché quando meno te lo aspetti arriva il loro momento. E non tradiscono mai.





POSTED ON 19 Nov 2023 IN
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La ragnatela è un miracolo di ingegneria che affascina da secoli gli studiosi e i curiosi. La sua resistenza è paragonabile all’acciaio, con un carico di rottura di oltre centottanta chilogrammi per millimetro quadro di sezione; il filo del ragno ha una struttura molecolare che si deforma molto se soggetto a torsione, in un modo che l’uomo non è mai stato in grado di riprodurre artificialmente. Quando si cade nella tela del ragno le speranze di salvezza sono ridotte al lumicino. È una trappola mortale.
E mentre camminavo nel giardino di questa splendida villa alla ricerca della porta di entrata mi sono
sentito come intrappolato, come se fossi
caduto nella tela e riuscissi a scorgere, nell’angolo, l’aracnide pronto ad avventarsi sul sottoscritto. Perché ho sentito quella
sensazione di impotenza di chi è imprigionato senza possibilità di liberarsi, di chi cerca di divincolarsi
senza speranza. Ma dopo aver quasi smarrito la fiducia ho trovato il varco, e per liberarmi dalla percezione di
claustrofobia che mi attanagliava ho lasciato la finta libertà dell’esterno per entrare nell’apparente sicurezza della
vera trappola dell’urbex: la potenza dell’adrenalina.
E dentro era buio, terribilmente buio. Un mondo distopico che mi ha scoperto a vagare con la fotocamera chiusa nello zaino e la voglia di capire e scoprire. Poi ho collegato il cervello, è diminuita la frequenza cardiaca e ho iniziato a pensare al motore dell’esplorazione urbex: la fotografia. E come in un gioco di specchi e rimandi ho scoperto che la Villa era la dimora del ragno: meravigliose ragnatele ovunque, in ogni angolo, sulle finestre, sui vestiti, sul lampadario, ad unire libri e storia. Non sono riuscito a decifrare, ma ho compreso che fra queste pareti la cultura e lo studio erano un’abitudine di casa; un’idea di classe e di prestigio al quale non sono riuscito a rimanere insensibile e che mi lasciato un senso di benessere e di appagamento. E nel momento di uscire mi sono sentito finalmente libero e ho respirato a pieni polmoni quel senso di successo e di scampato pericolo che mi travolge tutte le volte che torno nel mondo reale.
La ragnatela, che sarebbe la più scintillante e graziosa cosa del mondo, se non ci fosse in un angolo il ragno.
– André Breton







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POSTED ON 17 Nov 2023 IN
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Talvolta capita di entrare in luoghi abbandonati al proprio destino e chiedersi: “Ma che roba è?”. Nel caso di questo -plausibile- Bed & Breakfast, la risposta forse è proprio nella tipologia di struttura. Siamo in una splendida zona collinare a vocazione anche turistica, apprezzata dai viaggiatori di tutto il mondo e patrimonio dell’UNESCO; e la prima impressione è che fra queste pareti ci fosse l’intenzione di creare una particolare e attraente struttura ricettiva. Immagino idea purtroppo mai realmente portata a termine, anche perché, nonostante qualche segno del tempo che scorre, il tutto sembra nuovo, intonso, perfetto, mai utilizzato.
Camminando fra le stanze, attraversando scale e corridoi, si percepisce di trovarsi in qualcosa di strano, ma affascinante: tantissime stanze con colori sgargianti, ma sempre diversi fra loro, e la mente si trova a pensare ai nomi segnati sulle chiavi, magari con un oggetto simbolico e colorato per riconoscerle: sino a quando non si entra nella camera confetto, e si rimane abbagliati, stupefatti, dal bagno e dalla sua meravigliosa vasca rosa, che immediatamente diventa il simbolo, l’oggetto cult, di questa esplorazione.
E poi si scende al piano terra e si arriva alla cucina, moderna, ma al stesso tempo anche classica, con i lampadari in vimini e un miscelatore che potrei definire straordinario; e poi ecco la presumibile hall, con pianoforte, divano, zona relax e caminetto. Se non fosse per la polvere e le ragnatele si potrebbe pensare che questo Bed & Breakfast sia quasi pronto per aprire ai clienti e viene voglia di prenotare una stanza: e magari, perché no, proprio quella confetto.











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POSTED ON 15 Nov 2023 IN
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Non sono un grande appassionato di automobili: l’importante è che abbiano 4 ruote, un volante, delle aperture per entrare e uscire e, credo, un motore. Ma devo ammettere che trovare questa meravigliosa Citroën Ami 8 in mezzo al verde della collina francese mi ha provocato un piccolo tuffo al cuore; perché si tratta di un’auto particolare, in Italia si è vista quasi niente, e conserva il fascino tipico della metà del secolo scorso quando non si puntava solamente all’estetica, ma più alla comodità, alla pratica. E nonostante fosse una macchina economica e popolare, ecco, io l’ho trovata bellissima.


POSTED ON 13 Nov 2023 IN
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Questa Villa è quella che solitamente viene definita una capsula del tempo, cioè un spazio chiuso che si è fermato, come congelato, ed è rimasto immutato nella sua epoca. Ci sono sensazioni che si colgono insieme all’essenza di un luogo e che diventano parte integrante della fotografia; e fra queste pareti ho respirato un senso di tranquillità e di pace che ho poi riscontrato anche nelle immagini. Probabilmente perché sono riuscito a fotografare con calma, con tutta la lentezza del mondo: non ho percepito ansia, non ho sentito quel fiato sul collo e quell’adrenalina che sono tipiche di questo tipo di esplorazioni. Mi sono tolto anche il lusso di fotografare con 3 obbiettivi e 2 corpi macchina diversi per cogliere tutte le sfumature di questa dimora abbandonata.
Viene definita Villa dell’Aquila per via del pennuto nero (non sono nemmeno sicuro sia davvero un’aquila), dipinto sul soffitto del salone, che porta fra gli artigli un vessillo. Ed è davvero una capsula del tempo perché qui si possono trovare una serie di oggetti che ricordano il secolo scorso: una lucidatrice, due macchine da cucire, un calciobalilla, una radio a transistor, tre televisori a tubo catodico, una bottiglia di amaro Petrus e le immancabili pagine gialle.
Ho parlato di cogliere tutte le sfumature e in questa esplorazione non mi sono tirato indietro: ho scelto 56 foto, tantissimi particolari, soprattutto i lampadari che sono un mio piccolo vezzo. Ma anche una pianta in controluce e due immagini con il dettaglio (a tutta apertura) dei peluche nel corridoio di entrata. Per una volta sono riuscito anche a trovare la stanza nascosta che solitamente ho la meravigliosa capacità di perdere. E poi c’era anche la famosa e confusa Stanza dei Rabadan, ma quella l’ho trovata troppo complicata e le ho dato solo una rapida occhiata.








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POSTED ON 11 Nov 2023 IN
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Scrivere della Villa del Pittore, nome di fantasia, è qualcosa di estremamente complicato e delicato. Perché questa bellissima dimora, che in origine nasce come castello, affonda le sue radici addirittura nel 1200 e fu trasformata in Villa Rinascimentale da Camillo Tadini, verosimilmente nella seconda metà del ‘500. Nel 1829 passò in eredità ai conti Vimercati Sanseverino che ne fecero una casa di villeggiatura chiamandola Serafina, nel 1909 fu venduta ai fratelli Pasquini che la mantennero in ottimo stato fino alla morte di Angelo nel 1950. Seguì un periodo di degrado fino a quanto la villa venne in possesso del celebre pittore Ugo Stringa che la chiamò Augusta in onore della moglie e la riportò ai fasti di un tempo.
La villa è una costruzione che mescola elementi castellano con lo stile rinascimentale, sobria, imponente ma elegante, costituita da due corpi massicci su basamento a scarpa e con una torre medievale alta circa trenta metri con giro di merli ghibellini.
Ci sarebbero tantissime storie da raccontare su questa villa incantevole, alcune risalgono alla notte dei tempi, altre -decisamente più tragiche– hanno portato all’abbandono probabilmente definitivo. E allora preferisco raccontarVi quella più delicata, quasi una poesia, perché di questo luogo magico la poesia è elemento fondamentale. Nel paese si raccontava, da sempre, che all’interno della Villa vivesse un fantasma di nome Helmut. Helmut non era un fantasma cattivo, di quelli che spaventano i bambini, era un fantasma buono tanto da diventare il compagno di giochi dell’ultima bambina che, fra quadri ed opere d’arte, ha vissuto tra queste pareti. Helmut era il suo amico immaginario, un amico buono e felice, che probabilmente le ha ispirato le storie che, da grande, ha raccontato ai bambini più piccoli. Purtroppo Helmut non è riuscito ad impedire la tragedia che ha portato alla chiusura della villa e da quel giorno è rimasto da solo a vagare nelle stanze di questa meravigliosa dimora.















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POSTED ON 8 Nov 2023 IN
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Viene definita la Villa sulla Cascata perché, ovviamente, si trova vicino ad una piccola cascata, presumo artificiale. Potrebbe sembrare normale, ma in realtà non credo possa definirsi tale. Perché la cosa che ho trovato davvero sorprendente, ma potrei dire anche assurda, è il rumore: costante, continuo, fastidioso, fortissimo. Senza soluzione di continuità, un rumore di fondo incessante che entra nell’anima. E se questa rumore è stato duro da digerire per poco meno di un’ora, credo che passare la vita qui possa diventare un inferno. Non so se sia arrivata prima la cascata oppure la Villa, ma sono propenso a pensare alla seconda soluzione perché nessuno potrebbe avere l’ardire di costruire una casa in mezzo a questo frastuono. E immagino una protesta e un progressivo abbandono, la sopportazione umana ha un limite. Esiste anche l’ipotesi contraria, ma sinceramente mi sembra una possibilità piuttosto remota.
In questa villa ho trovato tantissimi spunti fotografici interessanti: il passeggino, i fiori finti, la vestaglia, le foto, l’enorme quantità di riviste. Mi ha colpito con un fortissimo senso di malinconia, un’idea di tristezza molto presente. E poi quella boccetta di profumo, un’originale
acqua di Colonia 4711. Un piccolo gioiello, un tocco di classe, non saprei come definirlo: ma regala a questa dimora abbandonata un senso di storia e di aristocrazia tedesca.












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POSTED ON 2 Nov 2023 IN
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Nella vita di ognuno di noi ci sono momenti importanti, anche decisivi, e in questi momenti è sicuramente utile riflettere e parlare con se stessi. Ragionare con calma e non farsi prendere dalla voglia di mandare tutto all’aria. Magari ascoltare anche il consiglio di un amica. Ci sono geometrie inspiegabili che portano ad accadimenti per certi versi sorprendenti. Talvolta si entra in luoghi abbandonati e si ha l’immediata percezione del fallimento, della futile resilienza allo scorrere del tempo. In altre occasioni invece, più sporadiche, si rimane esterrefatti e ci si chiede cosa possa mai essere successo per costringere quel luogo a cedere il passo e diventare abbandonato. Magari proprio una variabile impazzita, una geometria inspiegabile: basta un momento, un sussulto, una decisione presa troppo di fretta e senza riflettere, per chiudere i conti con il futuro. Le mie sono elucubrazioni mentali degne di Franz Kafka, perché non conosco la storia di quello che abbiamo definito, in modo forse eccessivamente pomposo, Hotel delle Fiabe: di certo però rimane la sorpresa e la mancata comprensione degli eventi che lascia come sospesi nel vuoto, senza possibilità di volare. E la domanda rimane sempre la stessa di sempre: perché?
[…] Ma è anche vero che la vita di ciascuno di noi è piena di variabili, e accadimenti imprevedibili, di geometrie inspiegabili. Qualsiasi cosa può succedere.
– Paolo Volpi








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POSTED ON 30 Ott 2023 IN
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Ci sono esplorazioni che iniziano con uno stato di ansia decisamente alto. Magari per le voci che ti sono arrivate (quasi sempre da decifrare e verificare) oppure per l’ambientazione esterna. Villa Rainbow, che viene definita così per i colori delle vetrate della veranda, fa parte di questa categoria di esplorazioni e ha portato nelle nostre ossa un carico di tensioni decisamente alto. Perché ci avevano parlato di allarme attivo (quando un luogo è abbandonato la prima cosa che viene a mancare è la corrente elettrica) e anche per via di una posizione molto centrale e in vista.
In urbex c’è sempre uno stato di
tensione che si respira a pieni polmoni, ma in questa circostanza l’ansia ha pensato bene di appoggiare con forza la sua mano sulle nostre spalle. Solitamente porto con me, nello zaino, una
buona dose di calma e sangue freddo e devo ammettere che in questo caso mi ha aiutato a gestire la situazione: quando si fanno lunghe esposizioni e si cambiano di frequente le impostazioni della macchina.foto non bisogna avere fretta ed è necessario ragionare con il cervello. Il mio maestro è
Luca Dirisio.
E poi Villa Rainbow è davvero meravigliosa, da lasciare senza parole: la veranda colorata, il salone con il parquet, le bellissime stanze da letto, la scalinata luminosa; è un campionario perfetto della perfetta villa urbex. Non mancano infatti le fotografie in bianco e nero, il pianoforte, i quadri, la poltrona colorata, il vecchio giornale, il vaso di fiori, la giacca appesa al muro, la macchina da cucire (ma non è singer) e, ciliegina sulla torta, non manca nemmeno la stanza bruciata. Servirebbe anche una carrozzina di inizio secolo scorso: qualcuno può portarla?




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POSTED ON 25 Ott 2023 IN
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Il Mufant è il primo e unico museo italiano dedicato al fantastico ed è l’acronimo di MuseoLab del Fantastico e della Fantascienza. Si trova a Torino, in una zona al momento un po’ angusta (non riuscivo nemmeno a trovare l’entrata), ma che a breve potrebbe diventare importante. Si parla infatti di costruire una statua a grandezza naturale di Goldrake (se così possiamo dire, teoricamente 30 metri di altezza) nel parco antistante al museo: non sono ancora arrivati i permessi e forse non arriveranno mai, ma in futuro chissà, sperare si può.
Sinceramente non sapevo cosa aspettarmi e quindi dire che sono rimasto
deluso è probabilmente eccessivo; al Mufant sono raccolti tutta una serie di
oggetti dedicati alla fantascienza e al fantastico, ma in realtà non esiste un filo logico conduttore, una storia che venga raccontata. Sono tante stanze, ognuna dedicata a qualcosa di particolare, ma sinceramente con poco testo descrittivo e un po’ confuse. È chiaro però che molte di queste opere mi hanno
risvegliato ricordi importanti, soprattutto in arrivo dalla mia infanzia, e alcune mi hanno permesso di scoprire personaggi e storie che non conoscevo: mi viene subito in mente
Saturno contro la terra, probabilmente la prima serie a fumetti di fantascienza in Italia, e che io non conoscevo.
Essendo confuso, denso di materiale e per certi versi difficile da catalogare, fotografare è molto complicato, riuscire a trovare una linea pulita nell’immagine è difficile. Troppa roba. Mi sono concentrato sui dettagli (e sono tantissimi) e sulle personaggi che rendono il museo un salto indietro fantastico e fantascientifico nel tempo. E per me i robottoni sono sempre qualcosa di malinconico.












Vision:
immaginiamo un mondo in cui le persone siano consapevoli che il presente è solo uno dei mondi possibili.
Mission: valorizziamo e diffondiamo tutte le espressioni del Fantastico, dalle origini ottocentesche alle moderne declinazioni nei generi fantascienza, horror e fantasy. Ci divertiamo molto!







POSTED ON 24 Ott 2023 IN
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Il 28 maggio scorso sono salito sul treno storico che viaggiava da Torino a Ormea attraversando la suggestiva Valle del fiume Tanaro. Si trattava di una locomotiva Diesel (quindi storico, ma niente carbone) che portava con se le celebri carrozze Corbellini. Queste carrozze furono costruite tra il 1948 e il 1963 in tre gruppi principali (Tipo 1947, Tipo 1951R e Tipo 1957R) e rimasero in servizio nelle ferrovie dello stato per quarant’anni. Devono al nome al ministro dei trasporti Guido Corbellini che, dopo averle progettate quando era Capo del Servizio Materiale e Trazione delle Ferrovie dello Stato, ne ordino successivamente la costruzione. BON significa Bagnasco, Ormea, Nucetto, cioè i tre paesi della Val Tanaro nel quale il treno si fermava per permettere ai passeggeri di scendere per visitare i borghi e per assistere agli spettacoli in programma durante la giornata. Io sono salito a Ceva e sceso a Bagnasco (dove avevo lasciato la macchina) e poi ho provato ad anticipare il treno all’arrivo ad Ormea senza peraltro riuscirci.
Al bar della stazione di Ormea ho bellissimi ricordi giovanili: direttamente dai mitici anni ’90 un aperitivo fra amici a base di cocktail della casa. Si possono ordinare due tipi di bevanda, alcolica ovviamente:
sbrivazzu e scuriazzu. Sono due nomi molto particolari perché sono dedicati ai treni che percorrevano
la ferrovia della Val Tanaro: sbrivazzu quando arrancavano in salita, scuriazzu se scorrevano verso valle.
Durante il tragitto in treno non mi sono dedicato certo all’ozio e all’ammirazione del paesaggio, ma ho fotografato. Il mondo del treno storico è variopinto e divertente: si possono incontrare giovani e meno giovani, tutti accomunati dalla voglia di vivere un’esperienza diversa che riporta al secolo scorso. Poi c’è intrattenimento musicale, culturale, storico e questo rende il viaggio diverso, non è un percorso per raggiungere una metà, ma il viaggio stesso diventa il luogo da raggiungere. Potevo forse scriverlo meglio, ma spero si comprenda il concetto. Mi sono dedicato soprattutto al ritratto e ho scelto 22 foto monocromatiche che spero riescano a raccontare l’esperienza del Treno Storico.
Dovessi scegliere una parola che racconta il treno storico che attraversa la Valle Tanaro più che VIAGGIO sceglierei SOGNO.
– Lorena Durante








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POSTED ON 22 Ott 2023 IN
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A inizio luglio mi sono trovato al confine fra le province di Verona e Mantova. Era da poco passato mezzogiorno e il caldo infernale toglieva il respiro. Villa Curtoni Tretti -detta Cortalta- si trova qui, in questa alacre zona d’Italia che si dedica principalmente all’agricoltura intensiva, in piena pianura Padana. Intorno il silenzio, qualche azienda agricola e chilometri di campi coltivati. La Villa è circondata da un fosso, detto Rabbioso, ma si entra facilmente e varcando il cancello si arriva davanti a un’aia immensa: lo sguardo viene subito catturato dall’eccezionale sviluppo del fronte meridionale della villa, lungo ben 140 metri, sul quale si affacciano la casa padronale, al centro, e le due barchesse, ai lati, con due torrioni a chiusura.
L’edificio, originariamente cinquecentesco, pare essere stato restaurato tra il 700 e l’800, ed è appartenuto alla famiglia Curtoni per più due secoli, ereditata dai Pantini all’inizio del XVII, per poi essere ceduto di nobile in nobile per i successivi decenni.
Per entrare nella casa padronale è necessario superare il colonnato e varcare quello che rimane della soglia di ingresso: si capisce subito che la situazione strutturale del complesso è davvero drammatica e il rischio crollo imminente. Si entra in una stanza, che può sembrare un salotto, con un camino, due sedie scenografiche e un meraviglioso pupazzo della Pantera Rosa. Non è rimasto molto e pensare che qui, all’inizio degli anni ’60 del secolo scorso, vivevano circa 90 persone. Si passa in un ampio corridoio nel quale rimane solo una credenza con 3 uccelli impagliati, il soffitto è in parte crollato; poi ci sono le scale, si sale con cautela, ma il secondo piano è praticamente inagibile. Qualche foto rapida facendo attenzione a dove si mettono i piedi e poi di nuovo di sotto a salutare la Pantera Rosa, l’ultimo guardiano di questa meravigliosa Villa che ormai non c’è più.






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