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Linee Parallele
POSTED ON 16 Mar 2025 IN Reportage     TAGS: EVENT

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Qualche giorno fa Lorena mi ha costrproposto di scattare qualche foto all’inaugurazione della Mostra fotografica Linee Parallele, progetto che racconta volti e storie della ferrovia della Val Tanaro, da Ceva a Ormea. Ho chiaramente rifiuaccettato molto volentieri la sua proposta, soprattutto perché non prevedeva alcun compenso e al sottoscritto piace tantissimo lavorare in cambio di visibilità. Giustamente poi Lorena ha chiesto al sindaco di Ormea di poter utilizzare il suo unico e bellissimo scatto, fatto con il cellulare, per raccontare l’inaugurazione sui social: ma d’altronde era una fotografia nitida, a fuoco, dritta, perfetta per descrivere la mostra delle fotografie che, con il bravissimo Gabriele Cristiani, ha realizzato in Val Tanaro negli ultimi due anni.

Si scherza ovviamente, se Lorena non mi avesse chiesto di aiutarla probabilmente mi sarei offeso: ho cercato di fotografare come meglio potevo e soprattutto di farla rimanere bene, perché se nelle foto lei non è perfetta non possono essere pubblicate. È l’unica regola che devo rispettare: le immagini devono comunque superare la censura della direzione. Mi sono divertito, è stata una giornata intensa, davvero interessanti gli interventi degli ospiti (non ho dormito giuro, fra il pubblico forse qualcuno si), ottimo il buffet (e il prosecco). Anche le foto della mostra mi hanno detto che sono di livello, quindi tutto molto bello: la mostra, nell’antico Palazzo di Città a Mondovì, rimarrà aperta sino al 30 di Marzo. Da non perdere.

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La chiesa Swarovski
POSTED ON 15 Mar 2025 IN Reportage     TAGS: URBEX, church

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La Chiesa Swarovski, pur non essendo una delle location urbex più spettacolari, rappresenta comunque una scoperta interessante e un po’ insolita. Eravamo appena usciti da una villa clamorosa, una di quelle location urbex famose e mozzafiato che rimangono impresse nella memoria, quando, lungo la strada del ritorno, l’abbiamo notata. La chiesa era chiaramente in stato di abbandono: le vetrate rotte, gli esterni segnati dal tempo e l’aspetto generale un po’ trascurato. Non avevamo molte aspettative, ma la curiosità mi ha spinto a fare un giro intorno: nessun accesso. La porta principale sembrava bloccata, blindata, ma, stranamente, quando ho provato a spingere con un po’ più di forza, si è aperta. È stato un ingresso quasi casuale.

Non appena siamo entrati il nome Swarovski ci è sembrato immediatamente naturale, fisiologico. In realtà, si chiama Chiesa di San Bernardo, ma la sua particolarità, quei tre lampadari di vetro/cristallo (credo si definiscano a gocce), ci hanno fatto subito pensare a qualcosa di più affascinante e prestigioso. Non era un posto eccezionale, niente affreschi, niente statue, ma c’era qualcosa di suggestivo. Le sensazione di semplicità ma non troppo, quel vorrei ma non posso, l’idea del brutto e dimenticato, l’atmosfera sospesa e moderna, la tenda come confessionale vicino a quel muro grigio e triste, sono diventati una piccola storia malinconica. Non è il tipo di foto che mi aspetto da una chiesa urbex, ma c’è una bellezza povera e orgogliosa in quei lampadari che, secondo me, merita di essere condivisa, di essere raccontata e ricordata.

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Detached thinking
POSTED ON 14 Mar 2025 IN Portrait     TAGS: MODEL, silver, 50ne, wideaperture

Detached thinking

La Villa dell’Ambasciatore
POSTED ON 11 Mar 2025 IN Reportage     TAGS: URBEX, mansion

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L’ambasciatore non è una figura realmente esistita. Come spesso accade nel mondo dell’urbex, si intrecciano indizi, pochi ma significativi, magari trovati per caso, e una grande dose di fantasia. Una fantasia che diventa il cuore pulsante di una storia capace di trasformare un semplice luogo in un racconto intrigante, una metafora della vita.

Ma per quale motivo si arriva a definirla Villa dell’Ambasciatore? Per poco, giusto per tre bandierine in bella mostra sul tavolo della sala da pranzo, come quelle che si vedono sulle auto diplomatiche, e qualche libro in inglese, testi americani che lasciano trasparire una chiara origine d’oltreoceano. Nient’altro. Nulla di concreto che possa davvero giustificare quel nome, se non la bellezza e l’eleganza della villa. Ed è proprio questa miscela di fascino e di dettagli che le ha fatto guadagnare, nel tempo, quella definizione affascinante, ma totalmente infondata: qui non ha vissuto nessun ambasciatore.

Questa villa è un susseguirsi di stanze affascinanti, ognuna con un suo carattere particolare. Appena si entra, si viene accolti da una sala da pranzo elegante, in cui spiccano le bandierine che, come dicevo prima, danno quell’idea di corpo diplomatico: il tricolore francese, la Red Ensign, la bandiera della marina mercantile del Regno Unito, e un’altra che non sono riuscito a riconoscere. Da lì, si prosegue in un percorso che ci porta a scoprire diverse camere da letto, una cucina, bagni, tutti arredati con gusto e raffinatezza. I pavimenti, sempre intensi nei colori e nei motivi, e le tappezzerie eleganti, contribuiscono a dare un’atmosfera quasi surreale, un’aria di lusso che ora si scontra con il decadimento del tempo e le pareti scrostate; ovviamente non può mancare la madonna di Lourdes, ma quella è un grande classico che non manca mai.

In realtà, se dovessi scegliere, sono tre le zone della villa che più di tutte mi hanno lasciato senza fiato. La prima è una stanza che, con il suo pianoforte verticale, un quadro con la sacra famiglia, una poltrona distrutta e una valigia aperta con fiori secchi, emana un fascino vintage e quasi malinconico, tipico del mondo urbex. Salendo al piano superiore, si accede alla soffitta, dove una stanza con vetrate colorate mi ha quasi fatto gridare al miracolo. Un baule e una poltrona sono in posizione studiata, come se il tempo si fosse fermato, lasciando intatta questa immagine che sfida la logica: e non escludo che si tratti di arredamento, anzi, un passaggio degli arredatori è assai probabile. È difficile capire cosa ci faccia una stanza del genere a quell’altezza, ma la sua bellezza è indiscutibile, affascinante nella sua stranezza. Infine, in cantina, si trova un altro spazio che nasconde un’atmosfera magica. Una stanza vuota, ma con un soffitto dipinto che serve a incorniciare un mobile storto, un baule e un attaccapanni allineati lungo il muro scrostato. Il pavimento è ricoperto da tappeti persiani ormai rovinati, segno del tempo che passa e dell’umidità. Ma questa stanza, così spoglia e così decadente, rimane una delle zone più intense della villa. La sua semplicità, in contrapposizione con il senso di abbandono, è la sua forza.

Purtroppo il tempo è passato, e sono ormai tanti anni che questa villa è in stato di abbandono: la storia dell’ammmericano e della sua sposa è un lontano ricordo. L’agenzia immobiliare che si occupava della vendita ha provato a trovare un compratore, ma alla fine ha dovuto arrendersi all’evidenza. Oggi, la villa dell’Ambasciatore inizia a mostrare notevoli segni di decadimento: il tetto sta crollando sotto i colpi delle intemperie e se la situazione dovesse continuare così è difficile dire quanto ancora resisterà. La villa, purtroppo, non ha un futuro roseo, e il suo fascino rischia di svanire nel nulla se non verrà preservato. Ah, dimenticavo: non solo Lourdes, anche Olio Carli e Bitter Campari non mancano quasi mai.

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Bambole di Pezza @ CAP10100
POSTED ON 9 Mar 2025 IN Concert     TAGS: rock, wideaperture

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Maliziose, intriganti, originali, dolci, rumorose, grintose, incazzate e fuori di testa, si descrivono così sul loro sito. Le Bambole di Pezza sono una band rock italiana interamente al femminile, originaria di Milano: suonano un rock potente e sempre coerente. Il loro pezzo che preferisco è sicuramente Le streghe, una canzone che mi è subito entrata in testa perché molto orecchiabile e con un testo intrigante e divertente. È da sempre nella mia playlist delle preferite. Dopo una pausa di riflessione e di lontananza dalla scene, nel 2022, le due chitarriste, Morgana Blue e Dani Piccirillo, ripresero il progetto sotto il vecchio nome, con tre nuove compagne d’avventura: la cantante, Martina Ungarelli, e rispettivamente al basso e alla batteria, Caterina Dolci e Federica Rossi.

Negli ultimi tempi la band ha dato alle stampe il nuovo album Wanted e la canzone Cresciuti male, con l’importante featuring di J-AX, è diventata molto popolare, trovando spazio anche nelle rotazioni delle radio più importanti. Quando ho scoperto che il 7 marzo avrebbero suonato al CAP10100 di Torino, non mi sono fatto scappare l’occasione: ho preso il biglietto (a dicembre). Il club torinese è il posto perfetto per un concerto rock, spazioso, con un bel palco e una buona acustica. La cosa che mi piace di più è che permette di fotografare con tranquillità sia dal palco che dal fondo della sala, senza troppe limitazioni e con un pubblico educato che ascolta, si scatena, balla, ma non spinge.

Ho scelto 34 foto, cercando anche di includere, in alcune immagini, il pubblico, per dare un senso più intrigante e coinvolgente agli scatti. Non esiste una zona riservata ai fotografi al CAP10100, quindi mi sono avvicinato il più possibile, cercando di catturare l’entusiasmo e l’erotismo che le Bambole di Pezza sprigionano sul palco, anche con un tocco di voyeurismo (perdonatemi il termine) nelle immagini. Ecco le Bambole di Pezza, in tutto il loro splendore.

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Red Passion – Il Baldacchino Rosso
POSTED ON 9 Mar 2025 IN Reportage     TAGS: URBEX, mansion

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È passato un po’ di tempo dall’esplorazione che voglio raccontare oggi, ma è ancora ben impressa nella mia mente: forse perché ero da solo, una situazione che aumenta il grado di percezione dei miei sensi, ma che per fortuna mi capita di rado. Parcheggiai non troppo distante dal mio obbiettivo e mi guardai intorno: il sole stava sorgendo e presto sarebbe stato giorno. La location che volevo esplorare era davvero particolare: una una casa circondata da un piccolo boschetto e immersa nel nulla, in una posizione che oserei definire bizzarra. Per raggiungere il boschetto bisognava camminare in mezzo ai campi, in piena vista. Non ci pensai troppo, iniziai a percorrere la strada nella terra e, senza che nessuno si accorgesse di me, mi infilai nel bosco. Era mattino presto, troppo presto, quindi era difficile che qualcuno potesse essere sveglio a quell’ora e notare un tipo sospetto, con lo zaino e un treppiede ingombrante, camminare veloce nel nulla.

La porta era aperta. Il primo piano era completamente in disordine: foglie sul pavimento, libri sparsi, riviste, colori, tempere, cornici, una piccola follia creativa, segni e ricordi dell’artista che aveva vissuto lì. Salendo una scala molto stretta, arrivai al secondo piano. La cucina non nascondeva il suo senso di abbandono, disordinata e sporca, con l’intonaco che cadeva sul pavimento, ma piena di vita: c’erano oggetti da cucina in ordine quasi perfetto, una bellissima credenza, spezie, pentole appese, bicchieri e bottiglie di liquore sul tavolo, un’immagine di quotidianità interrotta.

Uscendo dalla cucina si scopre la stanza più interessante, la stanza che regala il nome alla location e che lascia quasi interdetti: Red Passion. E’ una camera da letto molto affascinante, con un letto a baldacchino semplicemente meraviglioso. Il colore dominante è un rosso vibrante, un rosso teatrale, quasi passionale. C’è un mobile sul fondo pieno di vestiti, una serie di oggetti sparsi, un crocifisso appeso alla parete e altri piccoli dettagli che rendono l’ambiente molto intrigante. E poi quel mappamondo, come un simbolo di quanto il pittore fosse legato a quella sua dimensione, come se quella stanza non fosse solo il suo rifugio, ma il suo mondo intero. Poco distante, sempre al secondo piano, c’è anche un bagno, decisamente devastato, con pochi oggetti rimasti, tra cui due spazzolini da denti, uno rosso e uno verde, malinconici nella loro solitudine.

Aveva consacrato l’intera vita all’arte, dipingeva e passeggiava nei dintorni di questo luogo sperso tra i campi della pianura padana. Nei suoi itinerari a piedi raccoglieva sassi, pezzi di tronco e assi e le usava per le sue opere, leggeva e dipingeva, solo il sole scandiva le sue giornate. Gli amici passavano a trovarlo, chissà se si sedevano tutti insieme nel giardino all’ombra degli alberi, tra i tulipani gialli meravigliosi che continuano a fiorire ancora oggi e che ci hanno accolti quando siamo arrivati fin qui. Le opere dell’artiste erano conosciute, erano esposte in molte gallerie d’arte, hanno vinto dei premi ma lui è sempre rimasto affezionato a questo piccolo paradiso e intanto inesorabile come per tutti è arrivata la vecchiaia e la morte. Sono quasi quindici anni che qui non abita più nessuno, nessuno dorme in questo imponente letto rosso, nessuno lascia più la sua traccia con i pennelli su quelle vecchie assi. I colori nei tubetti si sono pietrificati, i pennelli sono pieni di ragnatele. Tutto tace ora qui intorno e noi possiamo solo immaginare la tranquillità che deve aver assaporato chi ha abitato qui per anni, chissà se i suoi quadri raccontavano tutto questo suo piccolo mondo incantato…

Questa casa apparteneva a un pittore che ormai non c’è più, un pittore molto conosciuto che ha lasciato tracce della sua esistenza in ogni angolo. Si dice che non avesse mai lasciato questo posto, che la sua vita fosse stata scandita dalle camminate nei campi circostanti, nei suoi momenti di solitudine, nei suoi momenti di raccoglimento. Oggi, nonostante la casa sia in rovina, c’è ancora qualcosa di potente che rimane. La sua memoria non è andata persa, si è solo silenziata, in attesa di essere ricordata.

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