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Ora tocca a me
POSTED ON 19 Mar 2025 IN Portrait     TAGS: MODEL, studio

Ora tocca a me

Villa Napoleone
POSTED ON 18 Mar 2025 IN Reportage     TAGS: URBEX, Mansion

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Probabilmente ho qualche difficoltà mentale, perché per me la fotografia deve essere realizzata esattamente come la immagino e come la desidero: deve essere perfetta. Vita Napoleone è stata una sorta di incubo, perché la foto più importante, quella zenitale che ritrae il meraviglioso soffitto affrescato del salone principale, non sono riuscito a realizzarla durante la prima esplorazione. Quando sono tornato in studio e l’ho guardata al monitor, non mi piaceva. Non era perfetta come la volevo. L’avevo già vista, scattata da altri, e desideravo farla meglio, in modo diverso, con una qualità superiore. Nonostante Villa Napoleone sia una location piuttosto rischiosa, con allarmi sia esterni che interni, sono tornato, perché quando mi prende una cosa del genere, una sorta di ossessione, sento il bisogno di rifare quella foto. Volevo che quel soffitto meraviglioso fosse finalmente visibile, esaltato dalla posizione esatta della macchina fotografica. Alla fine, sono riuscito a realizzare quella foto, proprio come la volevo.

La prima stanza in cui entriamo al pian terreno, è il salone padronale, ormai spoglia dalla ricchezza che sicuramente racchiudeva quando l’edificio era abitato, subito al buio dell’alba non ce ne accorgiamo ma poi alzando gli occhi al soffitto rimaniamo senza parole rapiti da un meraviglioso affresco. Tra gli stucchi dorati ecco un giovane Dionisio, conosciuto forse di più da tutti con il nome di Bacco, per mano a sua madre Demetra che ci accoglie in queste stanze abbandonate. Demetra è la Dea greca della natura e delle messi, simbolizza l’energia materna archetipica, la dea di fertilità, che presiede al ciclo naturale di morte e rinascita, è la Dea della Terra, dell’agricoltura e di tutto ciò che è ad essa connessa: è la madre fertile, a cui si prega per un raccolto abbondante e che presiede ogni frutto della terra. Demetra è la Dea generosa, a cui si guarda per il nutrimento come fonte di vita ed è rappresentata con lunghi capelli biondi e cesti di fiori o cornucopie tra le braccia.

Non conosco le motivazioni che hanno portato alla scelta del nome, altri hanno preferito descriverla come la villa di Demetra e del piccolo Dionisio, altri ancora l’hanno definita dei Massoni, ma Villa Napoleone non può essere ridotta semplicemente al salone e al suo incredibile soffitto, è molto di più: una serie di stanze magnifiche, decisamente intime e particolari, sofisticate, che conferiscono alla villa un fascino unico. Ciò che mi ha colpito maggiormente, oltre al salone, è sicuramente il secondo piano, che si raggiunge salendo una scala stretta, con una finestra dalle forme geometriche e dai colori vivaci: rosso, verde, giallo. Una combinazione davvero scenografica. Ma c’è un elemento che, più di tutti, mi ha lasciato senza parole. In mezzo alla scala, in un punto apparentemente senza significato, un lavandino. Un lavandino, sì, proprio lì, a metà del percorso, dove chi saliva le scale avrebbe potuto fermarsi e lavarsi le mani. Accanto a questo lavandino, una finestra rotonda, che è un motivo ricorrente in tutta la villa. Anche questa finestra, colorata, con sfumature di rosso e blu, purtroppo parzialmente rotta, aggiungeva un ulteriore strato di curiosità e bellezza a quella zona, già così fuori da ogni logica moderna.

Quando sono uscito dalla porta-finestra, ho lanciato un’ultima occhiata al salone principale, a quel soffitto straordinario che tanto mi aveva affascinato (e non solo me). Non sono riuscito a resistere alla tentazione di voltarmi un’ultima volta. Ho chiuso la finestra con delicatezza, appoggiato la persiana e mi sono diretto verso le scale che conducevano all’esterno, al mondo libero. Di solito, quando si lascia un luogo dopo un’esplorazione, si prova una sensazione di liberazione, di rilassamento, di scampato pericolo. Ma mai come in questo caso, ho avvertito quella sensazione, perché dentro di me c’era una sorta di tensione, come se fossi stato osservato/controllato, anche per via delle storie che mi avevano raccontato. È una delle caratteristiche dell’urbex, una delle cose che rende questo tipo di fotografia così affascinante e coinvolgente. Le ultime notizie riportano che l’accesso a Villa Napoleone è completamente bloccato e che entrare è diventato quasi impossibile. Forse è meglio così, soprattutto per chi ha già avuto l’onore di visitarla.

Sospeso per sempre… un secondo alla volta.
– Stephany Fincato

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Linee Parallele
POSTED ON 16 Mar 2025 IN Reportage     TAGS: EVENT

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Qualche giorno fa Lorena mi ha costrproposto di scattare qualche foto all’inaugurazione della Mostra fotografica Linee Parallele, progetto che racconta volti e storie della ferrovia della Val Tanaro, da Ceva a Ormea. Ho chiaramente rifiuaccettato molto volentieri la sua proposta, soprattutto perché non prevedeva alcun compenso e al sottoscritto piace tantissimo lavorare in cambio di visibilità. Giustamente poi Lorena ha chiesto al sindaco di Ormea di poter utilizzare il suo unico e bellissimo scatto, fatto con il cellulare, per raccontare l’inaugurazione sui social: ma d’altronde era una fotografia nitida, a fuoco, dritta, perfetta per descrivere la mostra delle fotografie che, con il bravissimo Gabriele Cristiani, ha realizzato in Val Tanaro negli ultimi due anni.

Si scherza ovviamente, se Lorena non mi avesse chiesto di aiutarla probabilmente mi sarei offeso: ho cercato di fotografare come meglio potevo e soprattutto di farla rimanere bene, perché se nelle foto lei non è perfetta non possono essere pubblicate. È l’unica regola che devo rispettare: le immagini devono comunque superare la censura della direzione. Mi sono divertito, è stata una giornata intensa, davvero interessanti gli interventi degli ospiti (non ho dormito giuro, fra il pubblico forse qualcuno si), ottimo il buffet (e il prosecco). Anche le foto della mostra mi hanno detto che sono di livello, quindi tutto molto bello: la mostra, nell’antico Palazzo di Città a Mondovì, rimarrà aperta sino al 30 di Marzo. Da non perdere.

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La chiesa Swarovski
POSTED ON 15 Mar 2025 IN Reportage     TAGS: URBEX, church

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La Chiesa Swarovski, pur non essendo una delle location urbex più spettacolari, rappresenta comunque una scoperta interessante e un po’ insolita. Eravamo appena usciti da una villa clamorosa, una di quelle location urbex famose e mozzafiato che rimangono impresse nella memoria, quando, lungo la strada del ritorno, l’abbiamo notata. La chiesa era chiaramente in stato di abbandono: le vetrate rotte, gli esterni segnati dal tempo e l’aspetto generale un po’ trascurato. Non avevamo molte aspettative, ma la curiosità mi ha spinto a fare un giro intorno: nessun accesso. La porta principale sembrava bloccata, blindata, ma, stranamente, quando ho provato a spingere con un po’ più di forza, si è aperta. È stato un ingresso quasi casuale.

Non appena siamo entrati il nome Swarovski ci è sembrato immediatamente naturale, fisiologico. In realtà, si chiama Chiesa di San Bernardo, ma la sua particolarità, quei tre lampadari di vetro/cristallo (credo si definiscano a gocce), ci hanno fatto subito pensare a qualcosa di più affascinante e prestigioso. Non era un posto eccezionale, niente affreschi, niente statue, ma c’era qualcosa di suggestivo. Le sensazione di semplicità ma non troppo, quel vorrei ma non posso, l’idea del brutto e dimenticato, l’atmosfera sospesa e moderna, la tenda come confessionale vicino a quel muro grigio e triste, sono diventati una piccola storia malinconica. Non è il tipo di foto che mi aspetto da una chiesa urbex, ma c’è una bellezza povera e orgogliosa in quei lampadari che, secondo me, merita di essere condivisa, di essere raccontata e ricordata.

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Detached thinking
POSTED ON 14 Mar 2025 IN Portrait     TAGS: MODEL, silver, 50ne, wideaperture

Detached thinking

La Villa dell’Ambasciatore
POSTED ON 11 Mar 2025 IN Reportage     TAGS: URBEX, mansion

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L’ambasciatore non è una figura realmente esistita. Come spesso accade nel mondo dell’urbex, si intrecciano indizi, pochi ma significativi, magari trovati per caso, e una grande dose di fantasia. Una fantasia che diventa il cuore pulsante di una storia capace di trasformare un semplice luogo in un racconto intrigante, una metafora della vita.

Ma per quale motivo si arriva a definirla Villa dell’Ambasciatore? Per poco, giusto per tre bandierine in bella mostra sul tavolo della sala da pranzo, come quelle che si vedono sulle auto diplomatiche, e qualche libro in inglese, testi americani che lasciano trasparire una chiara origine d’oltreoceano. Nient’altro. Nulla di concreto che possa davvero giustificare quel nome, se non la bellezza e l’eleganza della villa. Ed è proprio questa miscela di fascino e di dettagli che le ha fatto guadagnare, nel tempo, quella definizione affascinante, ma totalmente infondata: qui non ha vissuto nessun ambasciatore.

Questa villa è un susseguirsi di stanze affascinanti, ognuna con un suo carattere particolare. Appena si entra, si viene accolti da una sala da pranzo elegante, in cui spiccano le bandierine che, come dicevo prima, danno quell’idea di corpo diplomatico: il tricolore francese, la Red Ensign, la bandiera della marina mercantile del Regno Unito, e un’altra che non sono riuscito a riconoscere. Da lì, si prosegue in un percorso che ci porta a scoprire diverse camere da letto, una cucina, bagni, tutti arredati con gusto e raffinatezza. I pavimenti, sempre intensi nei colori e nei motivi, e le tappezzerie eleganti, contribuiscono a dare un’atmosfera quasi surreale, un’aria di lusso che ora si scontra con il decadimento del tempo e le pareti scrostate; ovviamente non può mancare la madonna di Lourdes, ma quella è un grande classico che non manca mai.

In realtà, se dovessi scegliere, sono tre le zone della villa che più di tutte mi hanno lasciato senza fiato. La prima è una stanza che, con il suo pianoforte verticale, un quadro con la sacra famiglia, una poltrona distrutta e una valigia aperta con fiori secchi, emana un fascino vintage e quasi malinconico, tipico del mondo urbex. Salendo al piano superiore, si accede alla soffitta, dove una stanza con vetrate colorate mi ha quasi fatto gridare al miracolo. Un baule e una poltrona sono in posizione studiata, come se il tempo si fosse fermato, lasciando intatta questa immagine che sfida la logica: e non escludo che si tratti di arredamento, anzi, un passaggio degli arredatori è assai probabile. È difficile capire cosa ci faccia una stanza del genere a quell’altezza, ma la sua bellezza è indiscutibile, affascinante nella sua stranezza. Infine, in cantina, si trova un altro spazio che nasconde un’atmosfera magica. Una stanza vuota, ma con un soffitto dipinto che serve a incorniciare un mobile storto, un baule e un attaccapanni allineati lungo il muro scrostato. Il pavimento è ricoperto da tappeti persiani ormai rovinati, segno del tempo che passa e dell’umidità. Ma questa stanza, così spoglia e così decadente, rimane una delle zone più intense della villa. La sua semplicità, in contrapposizione con il senso di abbandono, è la sua forza.

Purtroppo il tempo è passato, e sono ormai tanti anni che questa villa è in stato di abbandono: la storia dell’ammmericano e della sua sposa è un lontano ricordo. L’agenzia immobiliare che si occupava della vendita ha provato a trovare un compratore, ma alla fine ha dovuto arrendersi all’evidenza. Oggi, la villa dell’Ambasciatore inizia a mostrare notevoli segni di decadimento: il tetto sta crollando sotto i colpi delle intemperie e se la situazione dovesse continuare così è difficile dire quanto ancora resisterà. La villa, purtroppo, non ha un futuro roseo, e il suo fascino rischia di svanire nel nulla se non verrà preservato. Ah, dimenticavo: non solo Lourdes, anche Olio Carli e Bitter Campari non mancano quasi mai.

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