PHOTOSNEVERSLEEP di SAMUELE SILVA - Fotografia Urbex, Ritratto e Reportage

Typologien – Photography in Germany

POSTED ON 12 Mag 2025 IN Street     TAGS: museum

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Devo ammetterlo: la mostra Typologien, photography in 20th-century Germany, alla Fondazione Prada mi ha lasciato un po’ spiazzato. Una di quelle esperienze in cui esci con sensazioni miste e non sai bene se ti è piaciuto tutto, niente o solo qualcosa nel mezzo. La curatela è firmata da Susanne Pfeffer, storica dell’arte e direttrice del Museum MMK für Moderne Kunst di Francoforte. Curioso: sono rientrato da Francoforte da poche ore, e forse è destino che la città continui a tornare fuori anche dove meno me l’aspetto.

Il progetto applica il principio della tipologia, nato nel XVII e XVIII secolo in botanica per classificare e studiare le piante, sviluppato dalla fotografia dall’inizio del Novecento e affermatosi in quella tedesca nel corso del XX secolo. Paradossalmente il principio formale proposto permette di stabilire analogie inaspettate tra artisti tedeschi di diverse generazioni e al contempo rivelare i singoli approcci alla fotografia.

La mostra raccoglie fotografie di autori tedeschi del secolo scorso. Alcune immagini mi hanno lasciato del tutto indifferente: piatte, fredde, inutili, nessun guizzo. Altre, invece, mi hanno colpito con forza. È quella sensazione tipica di quando passi dieci minuti a guardare qualcosa che non ti dice nulla, poi ti volti e una foto ti aggancia come se ti stesse aspettando.

Conoscevo già August Sander. I suoi ritratti sono sempre solidi, fantastici per certi versi, ma sapevo cosa aspettarmi. Nessuna sorpresa. Stesso discorso per Bernd e Hilla Becher: catalogazione rigorosa, geometrie industriali, tutto perfetto, tutto già visto. Interessante, certo, ma ormai prevedibile come il finale di un film già spoilerato. Poi è arrivato Andreas Gursky, con la sua celebre 99 Cent. All’inizio non l’ho nemmeno riconosciuta, colpa mia. Quando ho realizzato cos’era, mi sono fermato. L’immagine, dal vivo, è quasi allucinante: iperreale, simmetrica, piena di dettagli che non finiscono mai. E poi il prezzo della stampa: oltre 3 milioni di euro. Sarà anche arte concettuale, ma sapere che sto guardando qualcosa che vale più di quanto io posso anche solo immaginare rende l’esperienza decisamente… interessante.

La vera sorpresa, però, è stata Thomas Ruff. Nome sconosciuto, almeno per me. In mostra c’erano quattro suoi ritratti in fila, dimensioni decisamente importanti (e questo aiuta). Sembravano fototessere: sfondo neutro, volto frontale, espressione piatta. Eppure non riuscivo a staccare gli occhi. Li ho guardati a lungo, cercando di capire cosa mi tenesse lì impalato. Non erano tecnicamente sorprendenti (ma comunque perfetti), né particolarmente creativi. Ma c’era qualcosa, una strana intensità. Forse la forza era proprio nell’assenza di tutto il resto. Ho poi scoperto che gran parte del lavoro di Ruff segue questa linea: minimalismo estremo, frontalità, niente fronzoli. Una fotografia che non urla, ma dimostra con fermezza. E che funziona. Almeno con me.

Alla fine, non so bene perché certi scatti mi abbiano colpito così tanto. Ma forse è proprio questo il punto: la fotografia non deve sempre spiegarsi. A volte ti arriva addosso senza un motivo, e va bene così.

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Melania Trump -first lady-

POSTED ON 12 Mag 2025 IN Street     TAGS: graffiti, faceless

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La Chiesa di Sant’Ambrogio

POSTED ON 11 Mag 2025 IN Reportage     TAGS: URBEX, church

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Questa piccola chiesa è stata una vera sorpresa. Dalle mappe sembra essere dedicata a Sant’Ambrogio e si trova al confine di una proprietà privata, in Lombardia ovviamente. La mia destinazione principale era in realtà la casa vicino, ma una volta arrivato la chiesetta ha subito attirato la mia attenzione. Di fronte all’entrata c’era una colonna di pietra che ostruiva parzialmente l’accesso, seguita da una grata, poi una seconda grata, e infine la porta d’ingresso, che sembrava chiusa.

Provando a infilare le mani tra le due grate ho scoperto che la porta era in realtà solo accostata: guardando all’interno ho capito subito che ne valeva la pena, da fuori l’ambiente sembrava essere molto bello, intrigante, con un dipinto enorme sopra l’altare. Con un po’ di fatica sono riuscito a spostare la grata esterna (era pesante, ma solo appoggiata) e ad aprire leggermente la porta in modo da passare senza forzature e senza danni (al sottoscritto).

L’interno è composto da una navata unica, stretta, con pareti spoglie segnate dal tempo e dall’umidità. Le sedie in legno sono disposte in modo disordinato, ma ancora rivolte verso l’altare. Il pavimento è coperto da foglie secche e polvere, e al centro spicca un vecchio tappeto, sporco e consumato. Dietro l’altare, una grande pala raffigura la Crocifissione, incorniciata da due finestre con vetri colorati che filtrano una luce tenue e fredda. Nonostante lo stato di abbandono si percepisce ancora un’idea di ordine, come se il tempo si fosse fermato, ma con austerità.

Dopo aver scattato le foto sono uscito strisciando e ho rimesso tutto al proprio posto: la grata, la porta e ogni cosa esattamente com’era quando sono arrivato. L’atmosfera della chiesetta era semplice, ma al tempo stesso sofisticata. Forse proprio perché è stata una scoperta del tutto inaspettata, l’ho trovata ancora più affascinante di quanto sia in realtà.

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Apéro au coucher du soleil

POSTED ON 10 Mag 2025 IN Street     TAGS: travel, sunset

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Villa Infinito

POSTED ON 9 Mag 2025 IN Reportage     TAGS: URBEX, mansion

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Villa Infinito è un luogo fuori dal tempo. Un palazzo che sta cadendo a pezzi, ma che riesce ancora a colpire per la sua bellezza. La facciata è segnata dal tempo, ma sobria ed elegante. All’ingresso, una scalinata ampia accoglie e lascia di stucco: i gradini sono ricoperti di detriti, ma si intuisce ancora la loro imponenza. Le colonne, robuste e classiche, sorreggono un soffitto annerito dall’umidità, mentre una balaustra in pietra accompagna lo sguardo verso un affresco incorniciato. Mostra un palazzo sul bordo di un lago, sotto un cielo azzurro con nuvole leggere. È un’immagine serena, quasi fuori luogo nel contesto decadente che la circonda. Purtroppo il tetto sopra l’affresco è crollato, e la pioggia ha iniziato a cancellarne i dettagli.

Dentro la villa, il silenzio è assoluto. Le stanze sono vuote, i pavimenti ricoperti di polvere e frammenti di intonaco. I soffitti a cassettoni, anche se in pessime condizioni, raccontano ancora l’attenzione al dettaglio di chi ha fatto costruire questo posto. Non c’è più nulla di prezioso, ma resta l’atmosfera: una calma irreale che mette quasi soggezione. Tra tutte, è il bagno a colpire di più. I sanitari, in ceramica d’epoca, sono ancora lì, un po’ consumati dal tempo ma interi. Sulla parete, due pulsanti con targhette incise: domestico e cameriera. Un dettaglio curioso che riporta subito a un’altra epoca, quando in casa c’erano persone che lavoravano in silenzio dietro le quinte. È uno di quei particolari che fanno sorridere e riflettere allo stesso tempo.

In una stanza laterale, appoggiata ad una porta, c’è una vecchia macchina da cucire Necchi. Si riconosce dal logo in rilievo sulla base in ghisa. È uno dei modelli prodotti tra gli anni ’40 e ’60, quando il marchio italiano era sinonimo di qualità e innovazione. Massiccia, arrugginita, immobile: sembra uscita da una fabbrica del dopoguerra. E proprio lì vicino, come dimenticata da decenni, una fotografia in bianco e nero. Sono dei giovani in posa, sorridenti, probabilmente i figli dei proprietari di un tempo. Nessun nome, nessuna data. Solo una traccia lasciata per caso o per scelta, l’unico segno personale rimasto in tutta la villa. Non ci sono fantasmi da evocare o leggende da raccontare. Solo un palazzo vuoto, che cade lentamente, e che riesce ancora a raccontare qualcosa con pochi oggetti, qualche affresco sbiadito e tanto silenzio. A volte basta questo.

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Fuga da Bonadonna

POSTED ON 7 Mag 2025 IN Landscape     TAGS: sunset

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Ero andato nelle valli di Comacchio con l’intenzione di fotografare il Casone Bonadonna, un luogo molto caratteristico della zona. Sono arrivato in auto fino all’inizio del sentiero, ma per raggiungere il casone bisogna proseguire a piedi per una lunga strada sterrata, circa tre chilometri, fino al punto da cui si può osservarlo al meglio. L’idea era di arrivare in tempo per il tramonto, così ho iniziato a camminare con passo deciso, cercando di guadagnare tempo.

Dopo pochi minuti, però, ho capito che le condizioni non erano favorevoli. Il sole stava tramontando leggermente più a nord rispetto a quanto sperassi, rendendo irrealizzabile l’inquadratura che avevo in mente, con il sole esattamente dietro il casone. Inoltre, il vento teso, il freddo improvviso e qualche goccia di pioggia rendevano l’esperienza piuttosto scomoda e poco promettente. Praticamente non era da fare.

A quel punto ho deciso di desistere: camminare per quaranta minuti e tornare senza uno scatto soddisfacente mi sembrava tempo sprecato. Mi sono quindi limitato a fare una sola foto, proprio all’inizio del sentiero. Nonostante tutto, quando il cielo regala un tramonto interessante, qualcosa di buono si riesce sempre a portare a casa. Ho intitolato questo scatto Fuga da Bonadonna, perché in fondo stavo scappando da quell’immagine che da tempo volevo realizzare, ma che, ancora una volta, ho dovuto rimandare.