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La piccola chiesa del cimitero
POSTED ON 14 Feb 2025 IN Reportage     TAGS: URBEX, church

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Questa chiesa abbandonata e sconsacrata si trova ai margini di un cimitero in un piccolo paese di montagna. Le sue dimensioni, ridotte, la fanno sembrare più una cappella che un vero e proprio luogo di culto. Per accedervi è necessario attraversare il campo santo, dirigersi verso la parte più a nord e scavalcare un piccolo cancello. Nonostante l’ambiente circostante sembri ancora vivo, scusate la metafora incongruente, appena varcata la soglia della chiesa ci si imbatte nel più completo abbandono. La porta, in pessime condizioni, è solo un piccolo anticipo, il preludio di ciò che si troverà all’interno: polvere, muffa, umidità e detriti.

Ma quello che mi ha colpito maggiormente è la sorprendente vivacità dei colori. Il rosso, il verde, il giallo si stagliano in modo intenso e quasi surreale, effetto particolarmente strano per un luogo dedicato al silenzio e alla preghiera. Questi colori, vivi e reali, sembrano voler raccontare una storia diversa, una storia di decadenza certo, ma anche di bellezza tangibile. Dopo qualche scatto rapido, senza restare troppo a lungo per evitare rischi, esco, lasciando dietro di me questa chiesa che conserva ancora un fascino triste, ma vivace.

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Lo studio disatteso
POSTED ON 13 Feb 2025 IN Reportage     TAGS: URBEX

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Qualche tempo fa avevo parlato delle verifiche disattese, ma a volte ci si imbatte in luoghi abbandonati che non hanno nulla di affascinante, solo distruzione e desolazione. Questo è esattamente il caso che mi trovo a raccontare. Da fuori la struttura sembrava anche interessante, ma una volta varcato il suo ingresso, ci siamo trovati di fronte a un luogo privo di qualsiasi caratteristica degna di nota. Abbiamo trovato qualche mobile sparso che ci ha costretto a trasformarci in arredatori, poca roba, nulla che potesse suscitare la nostra curiosità. Nonostante questa pochezza ho deciso di scattare qualche foto, anche se più per l’esigenza di non uscire a mani vuote che per la bellezza del posto.

La cosa che mi ha colpito di più, forse per la sua stranezza, è stata una porta con la scritta studio, che ho scelto di utilizzare come titolo, anche se non sono riuscito a capire di quale tipologia di studio si trattasse. Un vecchio calendario del 2010, un camino smurato, due poltrone malconce e uno specchio rovinato erano gli unici elementi a caratterizzare l’ambiente. Un angolo di noia e tristezza (e di guano di piccioni), che tuttavia mi ha lasciato qualche foto da aggiungere alla mia galleria. Nulla di speciale, ma è parte del gioco dell’urbex: la necessità di trovare bellezza anche e soprattutto nei luoghi più dimenticati.

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Pine Forest
POSTED ON 13 Feb 2025 IN Street     TAGS: museum

Pine Forest

Circle
POSTED ON 13 Feb 2025 IN Details     TAGS: geometric, simmetry, circle

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Il Castello di Carta
POSTED ON 12 Feb 2025 IN Reportage     TAGS: URBEX

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Chi aveva esplorato prima di me mi aveva descritto una situazione drammatica: salire al secondo piano era già stato un azzardo nel 2020, davvero troppo pericoloso. In effetti, il Castello di Castiglione, conosciuto come Castello di Carta, è famoso anche per le sue condizioni precarie. Di carta perché sembra proprio sul punto di collassare da un momento all’altro, come uno di quei castelli che i bambini (ma non solo) costruiscono con le carte da gioco.

Non mi sono arreso, però, e appena ho avuto l’occasione, non mi sono lasciato fermare dalla minaccia di un possibile crollo. Per arrivare al castello, si percorre una salita di circa 400 metri, nel mezzo di un’erba alta e fitta. Il cielo era grigio, minaccioso, e sembrava non promettere nulla di buono. Non appena ho varcato la soglia ho capito che la situazione descritta non era affatto un’esagerazione. Salire al secondo piano per fotografare quel bagno rosa così particolare mi ha lasciato una leggera sensazione di ansia, che è evidente nelle immagini (che sono di pessima qualità). Ma quando stavo per uscire, il cielo ha ceduto: è iniziato un violento temporale estivo.

Nel tentativo di ripararmi ho notato uno squarcio nel muro e, quasi per caso, mi sono infilato dentro. Un colpo di fortuna: ho trovato la chiesa del castello. Non era prevista e non ci speravo: avrebbe dovuto essere murata. Ho sperato che la pioggia smettesse, ma niente da fare, e avevo anche poco tempo. Ho attraversato a tutta velocità il complicato giardino e, con il battito cardiaco a mille, mi sono lanciato sotto la pioggia battente giù per la strada sterrata, la stessa che avevo percorso in salita. Sono arrivato alla macchina completamente fradicio. Ma è stata un’esperienza unica: prima il rischio di crollare dentro un castello ormai dimenticato e poi uscire sotto un temporale improvviso. Un’avventura che valeva la pena vivere, era obbligatorio recuperare!

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Villa Grock -Museo del Clown-
POSTED ON 11 Feb 2025 IN Reportage     TAGS: museum

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Villa Grock di Imperia è uno dei luoghi più affascinanti e singolari della Riviera Ligure, un piccolo angolo di storia e arte. La Villa in origine si chiamava Villa Bianca e fu ideata e costruita da Adrien Wettach, in arte Grock, consacrato Re dei clown all’Olympia di Parigi nel 1919: Grock fu una vera e propria star internazionale dall’inizio del novecento fino al suo addio alle scene nel 1954. Artista straordinario: parlava 8 lingue, giocoliere, equilibrista, acrobata, in grado di suonare 14 strumenti musicali, ammaliò il pubblico di tutto il mondo trasformando il suo rotondo nome d’arte in autentica leggenda. La villa, che fu costruita nel 1927, si erge su una collina con una vista mozzafiato sul mare. Il suo ideatore scelse personalmente il terreno e progettò gran parte della tenuta, supportato dal geometra Armando Brignole.

Grock, che aveva conosciuto e si era innamorato di Imperia e del suo territorio grazie ai suoceri originari di Garessio, aveva deciso di rendere la villa un riflesso della sua personalità unica, tanto che la sua abitazione diventò una vera e propria espressione del suo genio artistico. Il parco che circonda la villa è ricco di invenzioni stilistiche e decorative, cariche di simbolismi circensi ed esoterici, tra cui spiccano tre fontane (la grande Peschiera, la fontana dell’Arancio e Per Aspera ad Astra), un suggestivo laghetto con gloriette e un ponticello che conferiscono al giardino una straordinaria atmosfera fiabesca. Ogni angolo della villa sembra raccontare una storia, un mondo lontano che ancora oggi affascina chi lo osservo da lontano e chi ha la fortuna di visitarlo.

La villa fu la casa di Grock fino alla sua morte nel 1959 e, negli anni successivi, la proprietà passò attraverso varie vicissitudini. Negli ultimi decenni del secolo scorso, Villa Grock fu lasciata in stato di abbandono e divenne una sorta di rifugio per chi cercava di scoprirne il passato. Fu proprio durante quegli anni che iniziai a visitarla di nascosto. Mi sentivo attratto dal suo fascino decadente, dalle stanze vuote e dalle antiche strutture che portavano con sé il peso del tempo: era un urbex d’avanguardia, ma ancora non lo sapevo. Ogni angolo sembrava racchiudere un pezzo della vita dell’artista, un ricordo che si stava lentamente dissolvendo. Era una villa che parlava di solitudine, ma anche di un genio che l’aveva abitata, che l’aveva popolata di colori, suoni, risate e magia.

Nel 2002, la Provincia di Imperia acquistò la villa per 1,5 milioni di euro, e in seguito fu avviato un lungo processo di recupero e restauro. Il parco fu riaperto nel 2006, la villa fu riaperta nel 2010, dopo un accurato lavoro di ristrutturazione. La rinnovata Villa Grock non è solo una dimora storica, ma è anche un punto di riferimento culturale per la città. Nel 2013, infatti, venne inaugurato il Museo del Clown all’interno della villa, un museo interattivo che celebra il mondo circense, di cui Grock è stato uno dei protagonisti indiscussi.

Non saprei dire quante volte ho visto Villa Grock, per gli Imperiesi è un punto di riferimento. La sua imponente presenza sulla collina delle Cascine regala quasi una senso di sicurezza. Sono tornato a visitarla, pagando il biglietto, dopo almeno 25 anni, e sono rimasto meravigliato da come il restauro, soprattutto del parco, abbia restituito al pubblico e alla città un angolo di storia che non solo onora la memoria di Grock, ma racconta anche la bellezza di un luogo che ha continuato nel tempo a esercitare un irresistibile fascino su chi, come me, ha avuto la fortuna di vivere la sua storia, la sua bellezza e il suo mistero.

Io sono il risultato di mezzo secolo di osservazione e di ostinazione, del desiderio di perfezionare ciò che era già perfetto. Sono convinto di esserci riuscito.
– Grock

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