PHOTOSNEVERSLEEP di SAMUELE SILVA - Fotografia Urbex, Ritratto e Reportage

La Villa dei Drappi Rossi

POSTED ON 20 Mag 2025 IN Reportage     TAGS: URBEX, mansion

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Ci sono esplorazioni che colpiscono subito, altre invece si lasciano capire e apprezzare solo con il tempo. Quella che viene soprannominata Villa dei Drappi Rossi appartiene, senza ombra di dubbio, alla seconda categoria. Avevo sentito parlare di questa casa per merito di una figura abusiva che, a quanto pare, la abita ancora – o almeno la controlla – durante il giorno. Per evitare incontri spiacevoli abbiamo scelto di arrivare all’alba. Nessuna presenza, nessun ostacolo. L’ingresso è stato persino più semplice del previsto. La vera difficoltà è iniziata dentro. Fotografare, più che entrare, è stato il vero problema. Trovare un senso, una logica, in quel caos. La luce era brutale: tagli netti, forti contrasti, ombre complicate. In certi ambienti sembrava impossibile trovare un equilibrio tra ciò che il mio occhio vedeva e ciò che la macchina era in grado di capire. Colpa mia ovviamente.

La stanza più famosa, quella dei drappi rossi, è scenografica, ma tutt’altro che semplice da fotografare. Una tenda di tessuto bordeaux e oro pende dal soffitto come un baldacchino teatrale. Sotto, un lampadario di cristallo ancora intatto domina il centro della scena. Le pareti sono rivestite di velluto rosso, i mobili distribuiti con una cura che sembra quasi recente: una poltrona, un tavolo da gioco coperto da una bandiera italiana, una lampada vintage, una valigia ai piedi del tavolo. Sul fondo, un armadio e un attaccapanni con un cappello ancora appeso, come se qualcuno dovesse rientrare a momenti. Perfino il tappeto sembrava ancora al suo posto.

Eppure, tutto questo equilibrio visivo non riuscivo a metterlo insieme: la luce delle finestre era troppo intensa, il rosso troppo potente. Serviva un’inquadratura centrale, pulita. E serviva calma, e quella, guarda la combinazione, mi mancava. Alla fine mi sono steso a terra per allineare il lampadario con la simmetria del soffitto e trovare il mio zenit. Ho scattato con calma, senza ansia, cercando la quadratura del cerchio: quella perfetta. Quello scatto, e forse solo quello, mi piace davvero: è l’unica immagine che mi regala una certa soddisfazione. Il resto della villa non mi ha restituito lo stesso impatto. Alcuni ambienti erano spogli, altri semplicemente troppo bui e caotici. Ma a volte una sola stanza basta, certe volte anche una sola foto, per salvare un’intera esplorazione.

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Salvia

POSTED ON 19 Mag 2025 IN Street     TAGS: museum, sage

Salvia

White Monday /Enrico

POSTED ON 19 Mag 2025 IN Portrait     TAGS: man, studio, kingoftherings, whitemonday

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La Villa dei Rombi

POSTED ON 18 Mag 2025 IN Reportage     TAGS: URBEX, mansion

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Chi frequenta il mondo dell’esplorazione urbana lo sa: alcuni posti non ti colpiscono subito, ma per qualche motivo restano impressi. La Villa dei Rombi è uno di questi. Una villa piuttosto semplice, con poche stanze e niente di eclatante, ma con un dettaglio che la rende inconfondibile: una porta con vetri a forma di rombo, colorati di rosso e arancione.

Quella porta – ancora sorprendentemente intatta – conduce a una sala che sembra rimasta in attesa. C’è un vaso su un tavolo, alcune poltrone disposte con un certo ordine, uno specchio inclinato che riflette frammenti sparsi della stanza. Sotto lo specchio, su un mobile, spunta la vera protagonista non dichiarata dell’arredamento post-abbandono: la madonnina con l’acqua di Lourdes. A giudicare da quante ne ho viste in giro, pare che mezza Italia abbia fatto il pellegrinaggio. Io faccio parte dell’altra metà ovviamente. Sul camino, un crocifisso (manca mai) dall’aria un po’ inquietante affiancato da un quadro. Anche qui, come spesso succede, tutto sembra sistemato apposta per raccontare qualcosa, anche se non è chiaro cosa. Più banalmente per costruire una foto che possa risultare instagrammabile.

Tre scalini in legno portano a un curioso piano rialzato, quasi una soffitta a vista. È uno spazio luminoso grazie a una grande porta-finestra, con un pavimento in legno, che potrei definire vissuto e che scricchiola al minimo passo. Al centro, quasi in posa, una vecchia valigia, di quelle di cartone, coperta di polvere: sembra dimenticata, più probabilmente lasciata lì apposta per far scena. Le camere da letto sono ormai vuote, spoglie. Ma nel bagno c’è un dettaglio che fa sorridere: un flacone di Paperino’s, il celebre dentifricio anni ’70 e ’80 al gusto di fragola, banana o chewing gum. Un prodotto così dolce che le mamme temevano che i figli lo mangiassero a cucchiaiate, più che usarlo per lavarsi i denti (anche mia mamma). Trovarlo lì, dopo decenni, è come scoprire un souvenir di un’epoca in cui anche l’igiene orale aveva un sapore più divertente.

All’esterno, la natura si sta riprendendo tutto. Le piante si arrampicano ovunque, invadono il giardino, spingono verso il cielo. La villa resiste, anche se a fatica. Non è una location particolarmente interessante, anzi: se non fosse per quella porta con i vetri a rombo, sarebbe probabilmente già finita nel dimenticatoio. Ma basta varcarla una volta per ricordarsela a lungo.

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Golden Wait

POSTED ON 17 Mag 2025 IN Street     TAGS: museum, gold

Golden Moments

Nel mondo della street photography è noto che spesso gli scatti più riusciti nascono da lunghe attese. Tanti fotografi raccontano di aver trascorso ore in un punto preciso, aspettando la combinazione perfetta di luce e soggetto. All’ingresso della mostra Typologien alla Fondazione Prada, ho notato una parete dorata che catturava la luce in modo molto particolare; moderna e fotogenica al punto giusto. All’andata (perdonatemi il termine calcistico) non sono riuscito a ottenere uno scatto soddisfacente: avevo la mia solita fretta e mancava il soggetto giusto.

All’uscita ero più concentrato, ho scelto il punto di ripresa e mi sono posizionato in modo discreto con la macchina fotografica pronta. Diversi passanti sono entrati nel mio campo di foto, anche troppi e spesso contemporaneamente, ma nessuno sembrava completare la scena come avevo in testa. Doveva essere un solo soggetto ed essere quello giusto.

Dopo circa venti minuti, quando stavo quasi per desistere, è passata una giovane donna con una carrozzina. Senza esitare, ho scattato. L’immagine risultante cattura l’armonia tra la luce dorata della parete e la figura in movimento. Quel momento fugace, impossibile da costruire a tavolino, documenta la realtà e racconta molto più di quanto potessi immaginare: c’è un equilibrio vero tra il soggetto che passeggia e la compostezza dell’ambiente. Forse è proprio questo che cerchiamo nella street photography: un frammento di mondo banale, che per un attimo diventa importante, semplicemente perché abbiamo avuto la pazienza di aspettarlo. Quasi sempre è solo per noi, qualche volta può diventare significativo anche per gli altri.

Villa Bellavista -dei Pappagalli-

POSTED ON 15 Mag 2025 IN Reportage     TAGS: URBEX, mansion

Villa Bellavista /01

Villa Bellavista si trova in Toscana, anche se oggi di bella ha poco e di vista ancora meno: tutto attorno crescono piante che sembrano decise a riprendersi ogni metro. Il nome vero è scritto sopra la porta d’ingresso, in ferro battuto, ma nel mondo urbex è nota come Villa dei Pappagalli, per via dei volatili dipinti sul soffitto della stanza principale. Un dettaglio curioso, quasi fuori posto, come se qualcuno avesse voluto dare un tocco esotico a un edificio che oggi è in grave stato di abbandono.

Siamo entrati in un pomeriggio caldo, di quelli che forse sarebbe meglio passare in spiaggia, e subito l’aria stagnante ci si è appiccicata addosso. L’ingresso è silenzioso, rotto solo dai vetri sotto le scarpe. La stanza centrale è l’unica vera protagonista di tutta la villa. Ampia, con pareti dipinte a trompe-l’oeil e un soffitto decorato da rami intrecciati, che culminano in quegli strani pappagalli sospesi tra cielo e fantasia. L’effetto è ancora sorprendente, nonostante lo stato generale: qui il tempo ha colpito duro, ma non ha cancellato.

Sul pavimento un disastro, ma anche qualche residuo di storia. Una macchina da cucire Atlas, distrutta e ormai irriconoscibile, si contrappone ad una sedia che sembra essere uscita direttamente dal Castello di Re Artù. In un altro contesto sarebbe tutto pittoresco. Qui è solo fragile, distrutto, decadente. Le stanze successive raccontano meno. Pareti scrostate, infissi che pendono, pavimenti ricoperti di polvere, quando non sono crollati, e nessun dettaglio da descrivere. Non c’è nulla di particolarmente interessante, e forse è anche meglio così. In una stanza spicca un graffito: la parola LOVE scritta in grande, in rosso ovviamente, e alzando lo sguardo non si può fare a meno di ammirare il soffitto. Non si sa se sia un messaggio ironico, un tentativo di lasciare un segno o solo un atto di un’anima ottimista. In ogni caso, non sembra appartenere alla casa, e proprio per questo risalta. Quando siamo usciti mi ha pervaso un senso di delusione e fastidio.

Villa Bellavista non ha più molto da dire, ma i suoi pappagalli, in un certo senso, parlano ancora.

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