
Villa Butterfly: un nome semplice, diretto, ma forse impreciso. Il vero nome avrebbe dovuto essere Villa Butterflies, al plurale, perché nella sala principale – quella che dà il nome alla location – le farfalle sono due. Due elementi decorativi curiosi, protagonisti assoluti in un ambiente che, nonostante l’apparenza, lascia una sensazione sospesa. Non è una villa che incanta per abbondanza di arredi o dettagli d’epoca. È moderna, essenziale, quasi priva di anima. Eppure qualcosa resta. Forse perché è uno di quei luoghi che, nonostante la sua essenzialità, ti catturano. O forse perché, tra la sobrietà dell’insieme, emergono piccoli oggetti simbolici: un ventaglio, una bambola, le due farfalle appunto. Dettagli che sembrano scelti con attenzione, ma che al contempo danno l’impressione di essere stati lasciati lì quasi per caso, come a creare un’atmosfera.
Ciò che davvero colpisce, e intriga, è il colore.
Il rosso. Forte, dominante, impossibile da ignorare. Un rosso vivo che attraversa tutta la villa: nelle farfalle, nei fiori finti, nelle tende, nella bicicletta in soffitta, in una piccola lampada in sala, nel passeggino, nella bellissima macchina giocattolo. E che in fotografia – lo sanno bene i fotografi –
è uno dei colori più complicati da rendere correttamente: per diverse ragioni legate alla fisica della luce, al funzionamento dei sensori digitali e alla gestione del colore nei software.
Il rosso è tra i primi a saturarsi, perché i sensori digitali lavorano con tre canali principali (RGB – rosso, verde, blu) e il
rosso, in condizioni di luce intensa o su superfici particolarmente sature, tende a
bruciarsi (
effetto clipping). Quando succede, perde dettaglio, diventa piatto, innaturale (e quasi impossibile da recuperare in post).
Questo accade anche perché i sensori usano un filtro a matrice Bayer, dove il 50% dei pixel è verde, il 25% blu e solo il 25% rosso: significa che il sensore raccoglie meno informazioni proprio su questa componente, rendendola meno precisa nella ricostruzione del colore. In ambienti urbex, dove la luce è spesso instabile, filtrata o molto contrastata, le difficoltà aumentano. In più, la luce rossa ha una lunghezza d’onda tra i 620 e i 750 nanometri (nm), la più lunga dello spettro visibile: questo la rende soggetta ad aberrazione cromatica, specie ai bordi dell’immagine o con obiettivi meno corretti. Anche la messa a fuoco può diventare complicata. E in post-produzione, le sfide non si esauriscono: lo spazio colore sRGB – lo standard per il web – ha una gamma cromatica (gamut) limitata, e i rossi sono molto penalizzati. Pubblicare una foto con un rosso acceso sul web può significare perderne la profondità o vederla compressa, alterata.
Ecco perché, quando ho riguardato le foto, Villa Butterfly mi ha colpito così tanto: è un luogo in cui il colore stesso diventa protagonista, sfida e firma insieme. Fotografarla è stato complicato (e non ci sono riuscito), ma è stata anche un’occasione per riflettere su quanto, nella fotografia, un colore possa raccontare – o nascondere – e diventare storia.


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