Ci sono esplorazioni che colpiscono subito, altre invece si lasciano capire e apprezzare solo con il tempo. Quella che viene soprannominata Villa dei Drappi Rossi appartiene, senza ombra di dubbio, alla seconda categoria. Avevo sentito parlare di questa casa per merito di una figura abusiva che, a quanto pare, la abita ancora – o almeno la controlla – durante il giorno. Per evitare incontri spiacevoli abbiamo scelto di arrivare all’alba. Nessuna presenza, nessun ostacolo. L’ingresso è stato persino più semplice del previsto. La vera difficoltà è iniziata dentro. Fotografare, più che entrare, è stato il vero problema. Trovare un senso, una logica, in quel caos. La luce era brutale: tagli netti, forti contrasti, ombre complicate. In certi ambienti sembrava impossibile trovare un equilibrio tra ciò che il mio occhio vedeva e ciò che la macchina era in grado di capire. Colpa mia ovviamente.
Eppure, tutto questo equilibrio visivo non riuscivo a metterlo insieme: la luce delle finestre era troppo intensa, il rosso troppo potente. Serviva un’inquadratura centrale, pulita. E serviva calma, e quella, guarda la combinazione, mi mancava. Alla fine mi sono steso a terra per allineare il lampadario con la simmetria del soffitto e trovare il mio zenit. Ho scattato con calma, senza ansia, cercando la quadratura del cerchio: quella perfetta. Quello scatto, e forse solo quello, mi piace davvero: è l’unica immagine che mi regala una certa soddisfazione. Il resto della villa non mi ha restituito lo stesso impatto. Alcuni ambienti erano spogli, altri semplicemente troppo bui e caotici. Ma a volte una sola stanza basta, certe volte anche una sola foto, per salvare un’intera esplorazione.