POSTED ON 23 Dic 2024 IN
Concert
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Ieri pomeriggio, nella splendida cornice della Chiesa della Missione, ho assistito al concerto per il Santissimo Natale: Jubilate Deo Salutari Nostro. L’orchestra Barocca dell’Academia Montis Regalis, con la magistrale direzione di Chiara Cattani, ha eseguito la terza Sinfonia di Giovanni Battista Martini, il Concerto in re maggiore per clavicembalo, archi e basso continuo di Giovanni Marco Rutini, la sinfonia in mi maggiore di Giuseppe Sarti, il divertimento in fa maggiore k 138 di Wolfgang Amadeus Mozart e il Magnificat a quattro voci e archi di Luigi Antonio Sabbatini.
Questo concerto segnerà l’avvio di un nuovo intrigante percorso di riscoperta nel repertorio vocale e strumentale dei compositori francescani, un ambito quasi del tutto inedito che l’Academia Montis Regalis andrà a esplorare nel corso del prossimo triennio. Il più famoso di questi autori è senza dubbio Giovanni Battista Martini, maestro bolognese conosciuto in tutta Europa e oggi noto soprattutto per il suo rapporto con Wolfgang Amadeus Mozart- Oltre a comporre opere di pregevole fattura, Martini si distinse anche per la sua attività didattica, che lo fece diventare maestro di molti musicisti di notevole talento, tra i quali si distinguono il faentino Giuseppe Sarti, celebrato operista che si mise in luce soprattutto alla corte di San Pietroburgo all’epoca di Caterina II e dello zar Alessandro I, e Luigi Antonio Sabbatini, dal 1786 maestro di cappella nella Basilica del Santo di Padova.
Come sempre capita in queste occasioni la luce era scarsa, le possibilità di muoversi decisamente limitate –non dare fastidio è il primo comandamento– e giocoforza mi sono limitato a poche immagini con il tele e tanto rumore (inteso come digitale). Le immagini sono praticamente SOOC, nessun ritocco in post se non qualche lieve ritaglio (crop). Uscendo ho montato il grandangolo e ho scattato qualche foto d’insieme: la chiesa della Missione era gremita, tante persone in piedi in fondo alla navata a santificare il successo dell’iniziativa (era gratuita ovviamente). Per dare un tono giornalistico al tutto ho inserito anche le foto delle autorità, in fondo, per non disturbare.
POSTED ON 18 Dic 2024 IN
Concert
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rock
Dopo oltre dieci anni sono tornato ad ammirare Gianna Nannini dal vivo; l’occasione è stata la tappa torinese del Sei nell’Anima Tour, lunedì 16 dicembre all’Inalpi Arena. È stato un concerto decisamente rock, spettacolare, intenso, con una scenografica straordinaria. L’impatto luci in un concerto è parte fondamentale, anche e soprattutto dal punto di vista fotografico, e nel caso del concerto di Gianna Nannini lo spettacolo luminoso è stato a livello di quello sonoro. Avevo un posto in ottima posizione e ho fotografato con il 70-200 muovendomi pochissimo: mi hanno impedito di andare sottopalco per qualche primo piano, ma anche grazie alla qualità dell’ottica (e alla mia altezza) sono comunque riuscito a trovare 40 foto credo interessanti.
Il live, come previsto, si è rivelato di grande impatto. La scenografia è stata curata nei minimi dettagli da Jordan Bavev per Blearred. Sul palco un meraviglioso disegno di luci oltre che decine di catene di ferro che sono scese dal soffitto incorniciando come una gabbia il muro di led che sullo sfondo accompagnava lo show, restituendo le immagini di una regia dinamica e studiata ad hoc per ogni brano in scaletta.
Nonostante la fotografia sono riuscito a godermi totalmente il concerto, Gianna ha cantato tutte le mie canzoni preferite e soprattutto Ragazzo dell’Europa (che è meglio in versione piano e violino), la preferita di mio papà (e posso dire che abbiamo vissuto una sfida per le vie di Torino). Lo show è iniziato con Ottava Vita, un pezzo non troppo conosciuto, ma che ha un incipit straordinario che conosco a memoria (come tutte le canzoni di Gianna) e che mi ha fatto iniziare subito con un brivido. Poi è stato tutto un susseguirsi di emozioni, non esiste una canzone di Gianna Nannini che non abbia un ricordo legato al passato, mi viene in mente Radio Baccano (1993), ascoltata per la prima volta con walkman e cuffiette sulle scale metalliche dell’università a Genova, Sei nell’Anima (2006), che rimarrà per sempre legata all’inizio di una storia triste e felice, oppure I Maschi (1987) che ascoltavo -all’infinito- con mio papà nella nostra mansarda informatica di Imperia. In qualche momento ho faticato a nascondere le lacrime, chissà, magari non è stata l’ultima volta.
Anche se non te l’ho detto
Con te mi sento in mare aperto
Siamo mano nella mano
Su un futuro ancora incerto
Io voglio te
O te o nessuno
E non finire mai, non finire mai
Di farmi ridere
Io voglio te
E passo e chiudo
Io voglio te, voglio te, voglio te
O te o nessuno
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POSTED ON 8 Dic 2024 IN
Concert
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EVENT
Questa sera sono andato per la prima volta, e credo ultima, all’Open Season di Prato Nevoso. L’Open Season è l’evento che apre la stagione invernale e sciistica: quest’anno l’ospite d’onore della serata era Anna Pepe. Si tratta chiaramente di un nome importante, la cantante italiana che nel 2024 ha ottenuto più ascolti, amata soprattutto dai giovanissimi. E infatti in Conca (così viene definita la zona spettacolo) sono arrivati migliaia di ragazzi, molti accompagnati dai genitori (compresi figlia e sottoscritto). Prato Nevoso è un piccolo centro e vive una mancanza cronica di parcheggi, quindi per avere qualche possibilità di trovare un buco siamo partiti alle 3 del pomeriggio: quando siamo arrivati era già delirio. Temperature sotto lo zero assicurate, ma questo non ha impedito un enorme flusso di persone; siccome erano previsti molti minorenni (questo è un fattore importante) era proibito somministrare bevande alcoliche. Purtroppo ho visto tantissimi ragazzi con zaini e bottiglie di qualsiasi tipo: Jager, Gordon, Spritz, Pampero e potrei continuare; mentre andavo in direzione palco, sul marciapiede di via Galassia (la strada principale), ho notato una decina di vuoti in fila.
L’evento è iniziato alle 20, un presentatore che vorrei definire solo noioso, un po’ di musica, intrattenimento banale, un altro presentatore. Poi sono salite sul palco le autorità (presidente di regione compreso) che hanno avuto l’intelligenza di parlare pochissimo. Quindi un momento abbastanza struggente dedicato alla lotta contro il cancro e alla
raccolta fondi per l’ospedale di Candiolo (iniziativa davvero lodevole).
Tutto questo mentre l’esercito di minorenni, in parte agitato dall’alcool, soffriva le pene dell’inferno a -2 e spingeva spingeva spingeva. Dal palco diverse volte sono arrivate richieste, prima gentili, poi sempre più pressanti, di fare passi indietro per permettere alle prime file di respirare: risultati piuttosto scarsi. Dopo un paio di artisti, che definire artisti credo sia un modo di dire, la musica (se possiamo definirla tale, e no, non sono boomer) si è interrotta: troppa gente, pericolo di incidenti, la pressione era davvero forte e ho dovuto fare non poca fatica a proteggere mia figlia (ricordo, 10 anni) dalla folla.
Ho pensato a cosa sarebbe potuto accadere in caso di incidente e successivo panico, e qualche pensiero negativo è passato nella mia testa.
Per spiegare i problemi sul palco sono saliti gli organizzatori che fortunatamente hanno avuto la scaltrezza di interrompere lo spettacolo per mettere in sicurezza il pubblico. Io non so quali siano state le mosse della security, però siamo rimasti 40 minuti al freddo, senza possibilità di muoversi (e bere, dato il sequestro dell’acqua all’entrata). E fra il pubblico ho visto tanti bambini: forse certe precauzioni andavano prese prima, non era complicato prevedere un simile afflusso di persone (e tanti giovanissimi).
Mia figlia, infreddolita e stanca, mi ha chiesto di andare via: non ho pensato molto, con tanta fatica (ma anche ragazzi gentili che ci hanno permesso di passare) siamo riusciti a guadagnare l’uscita. Abbiamo perso lo spettacolo di Anna (che mi dicono essere salita sul palco intorno alle 23), ma la nostra partenza intelligente ci ha permesso di arrivare a casa per goderci una tazza di latte caldo (con il miele) e una fetta di pandoro.
POSTED ON 9 Ago 2024 IN
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rock
Vai RRouge! è un album live del 1987, secondo Rolling Stone Italia è uno dei 100 dischi italiani più belli di sempre. Ci sono particolarmente legato perché è un disco (una musicassetta in realtà) che, a forza di ascoltare nel walkman, ho praticamente consumato (altri tempi); all’epoca avevo 14 anni, internet e la rivoluzione social erano un’ipotesi, come il futuro. Un album che posso definire eccezionale senza paura di smentita, Enrico Ruggeri era un cantante in grande ascesa (il 1987 è l’anno della vittoria al Festival di Sanremo con Morandi e Tozzi) e il meglio doveva ancora arrivare.
Dopo queste premesse è chiaro che non potevo mancare ieri sera al suo concerto al
Mov Summer Festival di Mondovì. Enrico
è salito sul palco puntuale come un orologio svizzero e ha subito iniziato a cantare i suoi più grandi successi (
Ti Avrò e Il portiere di notte sono sempre strepitose) Da tempo sono un po’ a digiuno, ma in quasi tutte le canzoni non ho faticato
a decifrare subito la melodia; non pensavo che la mia memoria funzionasse così bene: non ricordo in quale tasca ho messo il tappo dell’obbiettivo, ma riesco perfettamente a ricordare il testo di
Polvere.
Solitamente non sono mai molto soddisfatto delle mie foto musicali, ma questa volta ho un’idea diversa. Nonostante il palco fosse semplice e lineare (ma ben illuminato), già osservando lo foto sullo schermo della fotocamera mi sembravano interessanti; il computer non ha fatto altro che confermare la prima impressione e anche la messa a fuoco mi sembra indovinata (credo che in questo tipo di fotografia sia un elemento fondamentale e non discutibile). Volevo a tutti i costi fotografare Ruggeri nella sua classica posa con l’asta del microfono a 45 gradi in diagonale (tipica anni ’80, con i famosi occhiali da sole bianchi) e non mi ha deluso: posizione perfettamente interpretata e fotografata. Sono 26 foto un po’ monodirezionali (fra il pubblico non avevo possibilità di spostarmi), ma credo di essere riuscito a dare una bella interpretazione del concerto.
Aria un po’ viziata, quella finestra andrebbe spalancata
Tela rovinata, e la cornice tutta consumata
Polvere, troppi ricordi, è meglio esser sordi
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POSTED ON 5 Ago 2024 IN
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trap
Ieri sera (ma sarebbe più corretto dire notte) è andato in scena il concerto più assurdo al quale io abbia mai assistito. Certamente per l’ora, sul programma era annunciato 22.30, ma in realtà quello era solo l’inizio della serata musicale del Blast Events. Al 37esimo fra pochissimo sarei salito volentieri sul palco a malmenare i due dj di Scuola Zoo: abbiamo un concetto di poco diverso, loro per poco intendono probabilmente almeno un’ora. Dopo mezzanotte sono andato nel backstage per chiedere informazioni e la sicurezza mi ha garantito che entro 20 minuti Chadia Rodriguez sarebbe salita sul palco: insieme ai metronotte e poco prima dei fornai.
Finalmente alla mezza (si stava svegliando anche Dracula) Chadia è salita trionfalmente sul palco con un look decisamente aggressivo (non saprei definirlo in altro modo). Molta brava, grande presenza scenica e anche qualche pazzia. E qui inizia la seconda assurdità: la trapper ha pensato bene di scendere dal palco e, dopo aver chiesto un finto permesso alla sicurezza, ha iniziato a cantare in mezzo al pubblico scattando selfie e dialogando amabilmente con i suoi ammiratori. Tutto tranquillo non fosse che il povero fotografo (cioè io) si è visto costretto a scavalcare la recinzione (autorizzato dalla sicurezza) per salire sul palco. Una strana inversione di ruoli che sino ad oggi non mi era mai capitata.
Tutto è bene quel che finisce bene e dopo tre pezzi (fra i quali Sister, il mio preferito) Chadia è risalita sul palco per continuare il concerto fra il trambusto generale degli spettatori, della sicurezza e dei fotografi. Prima di riprendere a cantare si è rivolta al pubblico con una minaccia: “Ci vediamo dopo e ci beviamo una birra insieme“. Alternativa, ma brava, a quel punto io ho alzato le tende e ho cercato nel modo più veloce possibile le braccia di morfeo.
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POSTED ON 4 Ago 2024 IN
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