POSTED ON 6 Set 2024 IN
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Nello scorso mese di aprile ho partecipato a Torino all’evento I Palazzi delle Istituzioni si aprono alla città. Un itinerario culturale con partenza dal Palazzo Civico, sede del municipio, con una visita alle sale auliche, culminante nella Sala Rossa, cuore della vita amministrativa torinese, e nell’Ufficio di Presidenza del Consiglio Comunale, eccezionalmente aperto al pubblico. Qui c’è stato l’incontro con Maria Grazia Grippo, attuale presidentessa del consiglio comunale, che ci ha presentato l’evento in modo decisamente esaustivo. Abbiamo quindi raggiunto i Musei Reali per la visita nelle sale di rappresentanza di Palazzo Reale, centro di comando della dinastia sabauda e prima reggia dell’Italia unita. Quindi attraverso il collegamento dello Scalone monumentale abbiamo raggiunto la Galleria alfieriana delle Segreterie di Stato, attuale sede della Prefettura di Torino, che definire bellissima è forse riduttivo. Ultima tappa la sala storica che ospitava l’ufficio di Cavour; il percorso è terminato nell’archivio di Stato e nelle preziosa Biblioteca, i cui ambienti furono progettati da Filippo Juvarra come sede dei Regi Archivi, uno dei luoghi più segreti dello Stato sabaudo, riservato al re, ai ministri e agli archivisti della Corte.
In occasione di tre ricorrenze dal profondo valore civico, il 25 aprile (anniversario della Liberazione), il 2 giugno (festa della Repubblica italiana) e il 4 novembre (giornata dell’Unità Nazionale e delle Forze Armate), cinque istituzioni pubbliche che hanno sede in edifici storici torinesi aprono le loro porte per offrire un percorso insolito, nel cuore della città.
Non ho fotografo tutto nel dettaglio, sono immagini didascaliche che si possono trovare con una semplice ricerca. Ho preferito ascoltare la guida con attenzione perché la storia di alcune sale meritava la massima concentrazione. Ho scelto di pubblicare solo alcuni scatti, quelli che mi hanno colpito di più l’occhio. Non ci sono foto di Palazzo Reale perché ero già stato di recente e quindi non ho fotografato quasi nulla. Comunque nulla di interessante. La prossima spedizione è prevista il 4 novembre, merita ed è totalmente gratuita: se trovate ancora posto merita il viaggio.
POSTED ON 28 Ago 2024 IN
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Rainer Kriester è stato uno scultore e pittore tedesco. Nel 1982 si innamorò della collina di Castellaro a Vendone, in provincia di Savona, e decise di trasferirsi nel piccolo centro ligure. Nel 1999 gli fu conferita la cittadinanza onoraria e nel 2002, anno della sua morte, la fondazione che porta il suo nome creò il parco museale con le sue opere: sono 35 sculture in pietra posizionate in direzione mare sulla collina della frazione di Castellaro. Si tratta di creazioni monumentali, molto particolari, che spesso vengono definite (forse in modo eccessivo) la Stonehenge italiana.
Quando sono arrivato all’entrata del Parco sono rimasto deluso. Si tratta di un museo all’aperto, totalmente gratuito e fruibile da chiunque. Però sinceramente mi aspettavo un’accoglienza migliore e devo ammettere che la meriterebbe. L’ingresso è spartano, chiuso da una sbarra metallica, ci sono pochissime informazioni: due cartelli che indicano il nome dello scultore e poco altro. L’interno gode di una vista meravigliosa sul mar Ligure, ma è poco curato: sono presenti resti di lavori iniziati e mai terminati, erba incolta, cartacce e spazzatura. Senza soffermarmi sull’inciviltà delle persone credo, che il parco dedicato alle opere di Rainer Kriester meriterebbe un marketing e una cura migliori: perché è davvero molto bello, quasi spettacolare in certi momenti della giornata. Io ho avuto la fortuna di trovare un cielo cupo, ma intenso, e questo ha reso le foto quasi artistiche; mi sono visto costretto a pulire la sporcizia: ho tolto le lattine di birra e qualche bicchiere di plastica (fortunatamente avevo un sacchetto in macchina), il resto l’ho fatto con il software di fotoritocco.
Da questa pagina lancio un appello ai visitatori, alla fondazione, al comune di Vendone: il parco è bello e sarebbe importante dargli l’attenzione che merita, sia dal punto di vista pubblicitario (pochissime persone lo conoscono), sia dal punto di vista strettamente dedicato all’accoglienza e al mantenimento. Potrebbe essere utile che i lavori in corso (credo che siano in corso da molto tempo) giungessero al termine e che alle opere di Rainer Kriester venisse dedicato qualcosa di più importante che un semplice prato verde (che non è nemmeno tanto verde).
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POSTED ON 27 Lug 2024 IN
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POSTED ON 26 Lug 2024 IN
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L’orologio del Museo d’Orsay gode da sempre di un’aura importante nei confronti del sottoscritto. Non so perché, non ricordo, devo aver visto qualche foto in passato, qualcosa che ha colpito la mia immaginazione. Sono andato a Parigi con il chiaro intento di riuscire a fotografarlo: ho programmato al secondo l’ora della visita per riuscire a godere delle ore migliori della giornata (fotograficamente parlando) all’interno del museo.
Tra il 1900 e il 1936 la gare d’Orsay fu un’importante stazione ferroviaria; dopo aver operato per molti anni con successo, all’inizio della seconda guerra mondiale fu utilizzata come centro di spedizione per i prigionieri. Cessò di fungere come stazione ferroviaria a causa del progresso tecnologico, che portò i treni ad aumentare di dimensione e di velocità, rendendoli inadatti ad operare nell’antica stazione. Solo nel 1977 fu presa la decisione di convertire la gare d’Orsay in un museo. La prima idea fu quella di abbattere il palazzo, ma l’edificio fu dichiarato monumento storico. L’interno ricorda ancora chiaramente una stazione ferroviaria e fu deciso di conservare l’orologio che nel tempo è diventato un vero e proprio simbolo di arte e cultura: un’icona del mondo moderno, assolutamente riconoscibile in ogni parte del globo.
Nella mia mente malata e fantasiosa avevo programmato di mettermi davanti, scegliere le condizioni di scatto migliori e, con tutta calma, scattare dalla posizione migliore per riprendere il celebre orologio. Ma il mondo ragiona in modo diverso dal mio cervello e quando sono arrivato al quinto piano del Museo d’Orsay sono stato accolto dalla folla: mal contate ci saranno state 100 persone in coda per scattare un selfie oppure una foto ricordo con l’orologio. Mi sono visto costretto a fare di necessità virtù e sfruttare il tempo fra uno scatto e l’altro dei visitatori per riuscire a trovare un momento, pochi istanti, libero. Che poi ho pensato che la silhouette delle persone non fosse così malvagia: ho spostato di 3 stop a sinistra e ho esposto per il mondo esterno; il risultato è una serie di foto che mettono in risalto l’orologio e la vista su Parigi. Per ottenere qualcosa di diverso avrei dovuto chiedere il permesso per scattare al di fuori dell’orario di apertura, magari poco dopo l’alba: e credo sia un permesso difficile da ottenere.
POSTED ON 6 Lug 2024 IN
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POSTED ON 22 Giu 2024 IN
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Il titolo più corretto in realtà sarebbe Muses – Accademia Europea delle Essenze; accademia è una definizione più accattivante per quello che a tutti gli effetti è un museo dei profumi (e infatti Muses suona come Museo delle Essenze). Il titolo del post prende il nome dal bellissimo reportage che il fotografo Alessandro Gandolfi ha pubblicato su National Geographic e che è rimasto esposto nelle sale del museo da Settembre 2023 sino alla scorsa primavera: alcune di queste immagini erano stampate in versione gigante su tessuto ed installate nel giardino di Palazzo Taffini d’Acceglio (che ospita il museo). Il Muses si trova a Savigliano ed è diviso in due sezioni: la parte esterna, un meraviglioso giardino dei profumi con al centro la riproduzione di una tavolozza da pittore che emana essenze profumate a intervalli regolari, e la parte interna che ospita il vero e proprio museo. Non mi dilungherò, come sempre, nella descrizione delle varie stanze perché non è compito del fotografo: vorrei però far notare l’eleganza delle ampolle che contengono le varie essenze, la straordinaria bellezza delle stanze di Palazzo Taffini d’Acceglio e suggerirVi l’esperienza dell’atelier del profumiere: un laboratorio di 90 minuti che, guidati da un’esperto, permette di creare il proprio profumo personalizzato. Ho ancora la mia creazione, che ho chiamato Acqua di Samu: un’essenza forte e maschile che Luigio Guastardo della Radica avrebbe sicuramente apprezzato (Ah, la Tauromachia).
Benvenuti al MÚSES, Accademia Europea delle Essenze, un polo museale tecno-sensoriale unico nel suo genere. Nato dalla riscoperta delle erbe aromatiche piemontesi, il MÚSES vi invita a un affascinante viaggio transnazionale attraverso i saperi dell’arte profumiera, i sapori e le essenze di diverse culture. Situato all’interno di Palazzo Taffini d’Acceglio a Savigliano, un edificio storico che rappresenta in sé un’opera d’arte, il MÚSES si sviluppa su due piani, offrendo un’esperienza immersiva che coniuga sapientemente storia, arte e tecnologia.
Ho visitato il Muses in due distinte occasioni: la prima volta nel Giugno 2022 con IgersItalia, la seconda volta, per documentare l’inaugurazione della mostra di Alessandro Gandolfi, nel Settembre 2023. Sono 28 immagini scattate con 4 obbiettivi diversi (vi lascio il gusto di indovinare quali). Non ho pubblicato subito perché le foto in esterno scattate durante la prima visita, sotto il sole di mezzogiorno, non erano interessanti. Durante la seconda visita, con Lorena, c’è un aneddoto interessante che merita di essere raccontato: siamo arrivati prima dell’evento per documentare la mostra fotografica senza pubblico e mentre scattavo una foto con il grandangolo ho chiesto, con educazione, all’addetto che si occupava di sistemare le fotografie di spostarsi. Lui gentilmente si è fatto da parte e mentre posizionavo la macchina fotografica sul treppiede Lorena si è avvicinata e nell’orecchio mi ha bisbigliato: “Quello al quale hai chiesto di spostarsi come se fosse un intruso è Alessandro Gandolfi, il fotografo di National Geographic che ha scattato le foto della mostra“. Ah, ecco. Poi, come se niente fosse, ho chiesto ad Alessandro di posare anche lui in mezzo alle sue immagini. :-)
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