Ho trovato la celebre Chiesa di Sant-Sulpice quasi per caso girando nel centro di Parigi e non sono rimasto insensibile al suo fascino zenitale. L’interno è interessante, molto particolare, ma dal basso non è sorprendente come altre chiese; invece il portico, che si apre verso l’esterno con coppie di colonne scanalate, è semplicemente meraviglioso. Mi sono sistemato sotto il loggiato e ho guardato in alto: il soffitto presenta un piano cassettonato decorato a bassorilievo con greche ed elementi vegetali. Mi sono quasi sdraiato per terra e ho scattato, senza l’aiuto del treppiede, con il grandangolo cercando di rimanere il più possibile in linea con le decorazioni. Trovo davvero molto affascinante il gioco prospettico che si viene a creare attraverso le colonne del loggiato.
La chiesa settecentesca di Saint-Sulpice è una delle chiese più semplice e allo stesso tempo più famose di Parigi. La struttura maestosa e la sua fama, amplificata anche grazie al Best Seller “Codice da Vinci” di Dan Brown, la rende una meta imperdibile per tutti i turisti, che scelgono come meta la capitale francese. Inoltre, dopo la visita alla chiesa (gratuita), potrete unire uno squisito caffè nell’omonima piazza e godere della vista della chiesa e dalla sua imponente fontana.
Quando sono arrivato in cima alla collina di Montmartre ho ammirato, come tutte le persone che salgono qui, la meravigliosa Basilica del Sacro Cuore. Nella piazza antistante la Basilica era tutto un pullulare di persone, cantanti, spettacoli, improvvisazione, street-art. Sulle scale i turisti, ma credo anche i parigini, ammiravano la meraviglia del panorama, la bellezza di Parigi. In quel momento ho pensato che si trattava di immagini che avevo visto mille volte, sia dal vivo che in fotografia; eppure non ricordavo come potesse essere la Basilica all’interno.
Sono entrato, praticamente senza coda: pochissime persone camminavano nella navata centrale e la sensazione è stata straniante perché in forte contrasto con la quantità enorme di gente presente fuori. E mi sono reso conto di visitare la basilica per la prima volta: in realtà, nonostante sia un luogo di culto importante, non è bella come si potrebbe immaginare da fuori, ma non voglio essere frainteso: è comunque splendida. Il silenzio è irreale e anche questo regala un’emozione forte sapendo che a pochi metri di distanza rumore e confusione sono sovrani: quando sono uscito la differenza è stata netta, mi è sembrato di passare in un altro mondo. Ho scattato senza treppiede, alzando gli ISO al limite e cercando la classica foto zenitale della cupola. I riflessi delle vetrate creavano giochi di luce molto particolari nonostante l’ora (pieno giorno) non fosse la più adatta: mi piacerebbe, un giorno, tornare al tramonto… chissà…
Se passi da Ferrara ti suggerisco di andare a fotografare la Rotonda. E questo forse è il consiglio fotografico migliore che abbia ricevuto a memoria d’uomo, e contrariamente a quanto molti pensano mi piace ascoltare: soprattutto se il consiglio arriva da una persona che ha la mia stessa passione. E quando ho varcato l’arco che da corso della Giovecca permette di entrare all’interno della Rotonda Foschini sono rimasto senza parole: l’esperienza perfetta per chi apprezza le foto zenitali, un concentrato di arte e precisione, di curve perfette e di geometrie meravigliose.
È un luogo magico, carico di fascino, quasi nascosto alla vista del visitatore. Rappresentata da un piccolo cortile di forma ovale è parte integrante dell’architettura del Teatro Comunale di Ferrara, che, essendo situato ad angolo fra due strade di pari importanza, necessitava di un efficace espediente di ambientamento urbanistico, ed è dedicato, come suggerisce il nome, ad Antonio Foschini, uno dei due progettisti del teatro. L’aspetto curioso è che questo cortile ovale venne realizzato su disegno dell’altro ingegnere del teatro, Cosimo Morelli mentre Antonio Foschini seguì la costruzione del vestibolo anteriore con le botteghe, lo scalone d’onore e le stanze del piano nobile. Oggi la Rotonda è stata riqualificata con il rifacimento delle pareti ovali e con l’aggiunta di un’adeguata illuminazione. Non è più aperta al traffico ed è adibita a zona pedonale nella quale vengono svolte anche manifestazioni o convegni di ogni tipo. Vi si può accedere attraverso due sottopassaggi aperti sulle due strade sulle quali si ergono le pareti del teatro.
Sono arrivato alla rotonda poco dopo le 9 del mattino con il sole non ancora perpendicolare. Era un giorno quasi festivo (16 agosto) e la presenza di essere umani molto limitata. Ho scattato con il treppiede per riuscire ad essere perfettamente (o quasi) in bolla utilizzando 3 obbiettivi diversi: il Sigma 14mm, il Sigma 15mm Fish-Eye e il Canon 15-35 alla focale minima. Ho sempre con me l’occhio di pesce e in queste situazioni è un obbiettivo che si presta perfettamente, perché ha un angolo di campo molto ampio e riesce a entrare in simbiosi con le linee curve in modo perfetto. Quando è stato il momento di andare via mi sono concesso un ultimo scatto e con un velo di malinconia sono uscito attraverso l’arco di corso Martini della Libertà camminando all’indietro.