Quando sono partito per l’Islanda riuscire ad osservare da vicino (e fotografare) le foche non era nel mio personale programma di viaggio. Ma quando siamo arrivati alla laguna di Fjallsárlón ho subito intuito che le possibilità di avvistamento sarebbero state decisamente elevate. Ed infatti, con un discreto colpo di fortuna, siamo riusciti ad incontrare, a distanza molto ravvicinata (che potrei quantificare in 10-15 metri), addirittura due esemplari, entrambi sonnecchianti e spiaggiati sopra una lastra di ghiaccio.
Come nel caso dei Puffin il 70-200mm non è proprio l’ideale, servirebbe qualcosa di più dal lato tele. Fortunatamente la foca è un animale decisamente più grande e soprattutto più tranquillo rispetto ad un volatile: siamo riusciti a passare molto vicino e loro, con malcelato disinteresse, sono rimaste immobili ad osservarci: mi verrebbe quasi da dire in posa per la foto ricordo. Chiedo scusa per il titolo davvero squallido, ma non sono riuscito a resistere alla tentazione.
Uno degli obbiettivi del mio viaggio in Islanda era osservare (e fotografare) le pulcinella di mare, nome in codice Puffin (nome scientifico Fratercula Arctica, che significa Fraticello Artico, e si riferisce al suo piumaggio bianco e nero che ricorda le vesti di un frate); nella stagione estiva questa particolare e buffa specie di uccelli è solita vivere e nidificare sulle coste dell’Islanda e in special modo nella zona di Dyrhólaey. Purtroppo in viaggio mi sono accorto dei limiti naturalistici della mia attrezzatura: la EOS R è una macchina straordinaria per ritratti, panorami e interni, ma quando si tratta di inseguire soggetti volanti (e veloci) risulta estremamente lenta. Anche il 70-200, pur essendo una lente favolosa, quando si tratta di fotografia naturalistica è decisamente corta: anche se in Islanda le pulcinella di mare sono abbastanza vicine e avvicinabili la focale 200mm è davvero limitata per questo tipo di soggetti. Nel caso servirebbe almeno, e dico almeno, un 400mm. Qualcosa di statico comunque sono riuscito a fotografare, anche grazie all’aiuto dell’altissima risoluzione della mia macchina fotografica e all’efficace arma del Crop. Sono tre immagini scattate ad una distanza di circa 8-10 metri.
Hai mai seguito il volo
Di un falco o di un gabbiano
Traiettorie ardite nel vento
Dentro al cielo lontano?
– Enrico Ruggeri
Anche quest’anno il comune di Murazzano ha organizzato il concorso fotografico “Vivere Murazzano“. Il tema del 2023 era molto bucolico, ma comunque intrigante: Vita in Campagna.
Tramite alcuni amici in comune ho contattato Matteo Pelleri, titolare dell’azienda agricola Lorenzo: Matteo è giovanissimo e ha ereditato dal papà la passione per l’allevamento e la campagna. E’ stato molto gentile, mi ha ospitato per un paio d’ore nella sua azienda e io (il più trasparente possibile) ho registrato la sua attività lavorativa scegliendo di utilizzare l’obbiettivo classico del reportage, ovviamente sto parlando del 35mm. Ho scelto 3 foto per partecipare al concorso: la foto di copertina ha ottenuto il secondo premio assoluto e verrà esposta (in dimensioni importanti) nella piazza principale di Murazzano per un anno. Io in realtà preferivo la terza, ma capisco la scelta della giuria: l’allevatore che accarezza con affetto i suoi animali è sempre una foto d’impatto.
Voglio concludere la serie dedicata ai girasoli di Farigliano con tre immagini scattate, a mano libera, con il 100mm RF Macro e il flash anulare della Godox MF-R76. Ho iniziato da pochissimo a fotografare il macro con l’illuminazione artificiale, ma devo ammettere che il questo flash della Godox è un piccolo gioiello: avevo sempre e solo utilizzato la luce naturale per questo genere di fotografia, ma l’utilizzo di un flash permette di scattare con diaframma chiuso (e quindi maggiore profondità di campo) e congela il movimento permettendo di scattare con tempi decisamente rapidi. Inoltre il Godox MF-R76 ha un anello luminoso suddiviso in due parti (destra e sinistra) che sono regolabili indipendentemente l’una dall’altra e utilizza la stessa batteria del V860III: questo permette di avere una riserva praticamente inesauribile di energia. Non sono mai stato un appassionato del Macro, ma deve ammettere che in quest’ultimo periodo, e dopo l’acquisto dell’attrezzatura adatta, mi sto appassionando al genere: osservare in modo ravvicinato la natura apre una prospettiva difficilmente riscontrabile in altri generi fotografici. Osservare (ammirare) i dettagli e i minuscoli particolari che non si possono notare dal vivo è davvero qualcosa di magico e sorprendente. Adesso vorrei provare ad avvicinarmi ulteriormente.
Oggi mi è capitata una di quelle storie che vale la pena raccontare. Ero alla foce del Torrente Impero alla ricerca di qualche scatto interessante per la sera (poi l’ho trovato) quando nelle acque del torrente (ma praticamente sul mare) ho intravisto il cadavere di un uccello. Mi sono avvicinato e appena ha sentito la mia presenza ha iniziato a muoversi in modo compulsivo: non era morto, ma ho subito notato un’esca da pesca con 4 ami di acciaio (quella che viene comunemente definita Rapala); uno degli ami trapassava il becco da parte a parte e la lenza di nylon (lunga circa 2 metri) impediva all’uccello di volare. Ho iniziato ad avvicinarmi piano piano e sono riuscito a bloccarlo nel tentativo di rimuovere l’amo. Impresa impossibile, d’altronde i maledetti Rapala sono fatti proprio per questo scopo. Mi sono limitato a liberarlo dal filo di nylon; mi faceva una pena e una tenerezza incredibili. Il becco era rotto e si vedeva l’amo uscire dalla parte opposta. Non sapendo cosa fare ho chiamato la Lipu e dopo un paio di telefonate sono arrivato a Roberta, volontaria di Imperia: mi ha detto di resistere che sarebbe arrivata il prima possibile per aiutarmi. Ho cercato di calmare il mio nuovo amico in difficoltà: per impedirgli di volare l’ho bloccato grazie alla lenza. Mi fissava con una tristezza infinita negli occhi. Dopo 15 minuti è arrivata Roberta munita di tronchesino: mi ha spiegato che si trattava di un giovane esemplare di gabbiano reale e con maestria l’ha bloccato e tranquillizzato. Dopo un paio di tentativi sono riusciuto a spaccare l’acciaio dell’esca, Roberta ha allargato il becco e ha estratto l’amo. Qualche carezza di conforto e Bartolomeo (ho deciso di chiamarlo così) ci ha ringraziato correndo felice sulla spiaggia. Mi è scesa anche una lacrima di gioia. Roberta mi ha detto che capita spesso e che per questo motivo ha sempre il tronchesino in borsa. Finisco qui la storia, ognuno tragga le sue conclusioni.
Domenica scorsa, dopo qualche tentativo andato a vuoto, ho passato la mattina al centro Uomini e Lupi di Entracque.
Il Centro Uomini e Lupi comprende un recinto di circa otto ettari al cui interno sono ospitati alcuni esemplari di Canis lupus italicus. Si tratta esclusivamente di animali che non potrebbero vivere in libertà: o perché vittima di gravi incidenti, o in quanto già nati in condizioni di cattività.
Ad aspettarmi ho trovato una discreta quantità di fotografi muniti di attrezzatura di un certo rilievo. Non sono un vero appassionato di questo tipo di fotografia, ma mi sono comunque divertito. Certo, complice la poca esperienza, la scarsa attrezzatura (70/200 moltiplicato 1.4) e il poco tempo a disposizione (ok, le scuse sono finite) non sono riuscito a riprendere il lupo come avrei voluto.
Al centro dell’area si alza una torretta di tre piani da cui è possibile osservare una larga porzione dello spazio recintato. Se in natura l’avvistamento di un lupo è evento quanto mai raro e fortuito, va sottolineato che anche all’interno del centro faunistico l’osservazione del lupo non è un evento scontato.
E’ stata comunque un’esperienza interessante: non capita tutti i giorni di poter osservare il lupo così da vicino. Mi piacerebbe tornarci, magari con qualche ora in più a disposizione.
Non sono sicuro che un giorno troverò le capacità per appassionarmi alla fotografia macro. Certamente è un mondo affascinante, ma anche decisamente difficile. Ed io sono un po’ troppo scheggia impazzita, un po’ troppo agitato per questo tipo di pazienza. Ho scattato questa foto poco dopo mezzogiorno, nel parco di un ristorante; avevo con me l’obbiettivo macro quasi per caso. Fotografare una lucertola in pieno sole è un’impresa: si muovono in continuazione ed è quasi impossibile avvicinarsi senza farle scappare. Probabilmente non era abituata alla presenza dell’uomo, ha esitato un attimo e sono riuscito a scattare. Questa posso definirla la mia prima foto macro (1:1). Non credo sarà l’ultima.
E’ appena terminato il workshop di fotografia Macro (e naturalistica) con Alberto Ghizzi Panizza. Decisamente molto interessante: vedere e capire come si realizzano certe immagini sul campo è un’esperienza fondamentale per qualsiasi aspirante fotografo. Soprattutto se il maestro ha capacità e conoscenze di un certo livello come Alberto. La fotografia macro probabilmente non è nelle mie corde: troppa pazienza, troppa meticolosità. Ero convinto che fosse sufficiente utilizzare un obbiettivo adatto (1:1) ed inseguire farfalle, lucertole e lumache (?) in mezzo alla natura; purtroppo non è così. E’ necessario aspettare, costruire, conoscere e magari alzarsi all’alba (ma perché sempre all’alba??). Certo, è anche possibile limitarsi ad inseguire e sperare nel colpo di fortuna: è il caso di questa foto. La farfalla era lì, tranquilla e ferma ad attendere il tramonto. L’abbiamo anche spostata da un filo d’erba ad un fiore (senza sfiorarla) per rendere l’immagine più intrigante. Poi con l’aiuto di Alberto sono riuscito a fotografarla completamente a fuoco, in manuale. Pensavo ci fosse più post-produzione, chissà quali ottiche e tecniche fotografiche. Invece è solo questione di conoscenze, capacità tecniche, fantasia, passione e anche attrezzatura. Forse dopo il workshop di oggi ho qualche conoscenza e una minima percentuale di passione. Mi manca tutto il resto. ;-)
Benjamin, detto Benji, è un cane di San Bernardo. Non ha la fiaschetta di grappa (almeno non in quel momento) ed è l’animale più docile del mondo. E’ un molosso di quasi 90 chili. Impressionante. E mentre lo fotografavo con il 24mm (quindi a meno di un metro di distanza) è rimasto impassibile e calmo, come se il fotografo nemmeno esistesse. Per questo ritratto ho utilizzato un fotoritocco leggero: una schiarita ai toni della pelle e il timbro clone per eliminare occhiaie e rughe.