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Villa Ninja
POSTED ON 19 Ago 2024 IN Reportage     TAGS: URBEX

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Ultimamente il mondo urbex è diventato esagerato, senza freni. Non ho un termine veramente adatto, devo accontentarmi di esagerato. Perché mi capita di vedere e ascoltare situazioni senza alcun senso. Video in diretta, comitive di 10-15 persone con maschere antigas, gruppi organizzati, persone che gridano, che parlano di continuo ad alta voce. Oggi mi è capitato di vedere un video in cui una coppia, vestita di rosso sgargiante (colore ideale per non dare nell’occhio), chiamava per nome persone morte in quella location 60 anni prima: loro dicono per evocare il fantasma.

Quando vado a fotografare un luogo abbandonato cerco di entrare sempre nel silenzio più assoluto, se siamo in 2 parliamo a gesti, vestito completamente di nero, con il nerofumo sotto gli occhi per mimetizzarmi meglio (adesso sto esagerando) e guanti neri (che dimentico sempre di indossare). Zaino mimetico ovviamente. Trovo fastidioso il rumore provocato dalla cerniera dello zaino. Faccio attenzione a non fare alcuni tipo di rumore, a non calpestare vetri e mi muovo come un ninja.

Ed ecco spiegato il motivo del nome di questa meravigliosa villa disabitata. Perché per entrare è necessario essere estremamente silenziosi, muovendosi con cautela, ma in modo deciso, seguendo un percorso prestabilito e senza dare nell’occhio. Magari scegliendo il momento e l’orario giusto. Poi quando sono entrato all’interno ho subito compreso di trovarmi in qualcosa che definire meraviglioso è riduttivo. E credo che le foto riescano a raccontare perfettamente questa meraviglia, anche senza troppe parole. Nella fretta (che mi accompagna sempre e in questo caso senza un motivo reale) ho dimenticato qualcosa e ho sbagliato un paio di foto. Nello studio e nel salone ho tagliato il lampadario e esagerato con il pavimento, la foto delle scarpe dall’alto è leggermente mossa. Sono errori di gioventù, che mi porto dietro da 20 anni. Ma si può migliorare, magari lasciando perdere la fretta che è sempre cattiva consigliera.

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Nelle viscere di San Gaudenzio
POSTED ON 18 Ago 2024 IN Landmark, Reportage     TAGS: church, monument

Nelle viscere di San Gaudenzio /02

Avevo promesso a me stesso che un giorno sarei riuscito a salire sulla Cupola di San Gaudenzio, a Novara. E’ sempre interessante visitare i capolavori dell’arte italiana e mi piace l’altezza: una combinazione perfetta per scoprire il genio di Alessandro Antonelli, artefice di uno dei più alti e arditi edifici in muratura del mondo: quasi 50 anni (1841-1887) di lavori e modifiche, contestazioni, problemi, per raggiungere i 126 metri di altezza definitivi.

C’è una piccola curiosità che voglio svelare. Kalatà, l’impresa culturale che si occupa dell’organizzazione delle visite alla Cupola di San Gaudenzio, ha la sede a Mondovì e gli uffici sono proprio nella meravigliosa Piazza Maggiore (a pochi metri dal mio studio fotografico). L’idea era di andare in ginocchio a supplicare un permesso speciale per poter utilizzare la macchina fotografica durante la visita, questo anche grazie a qualche amico di amici. Tutto era pronto per la richiesta quando, leggendo le regole di ingaggio della visita, ho scoperto che l’utilizzo della macchina fotografica è consentito se legata al collo; mi sono evitato la figuraccia per un pelo.

La visita sino ai 100 metri della guglia dura quasi 2 ore ed è estremamente interessante: la storia della costruzione è un racconto intrigante (bravissimi i ragazza di Kalatà) e gli stratagemmi messi in pratica da Antonelli per riuscire a portare a termine la sua opera sono quasi fantascienza. Purtroppo la visita è meno bella dal punto di vista fotografico, mi aspettavo qualcosa di diverso e invece, per quanto mi ero immaginato, sono rimasto deluso. L’uscita in esterno sulla terrazza è da paura, ma non è un’immagine che mi interessava. E purtroppo non è possibile fotografare la Cupola dall’alto, la visuale della parte artistica è coperta da un telo di protezione. Ho trovato comunque diversi spunti fotografici, il colonnato è qualcosa di fantastico e le simmetrie create da Alessandro Antonelli sono quasi surreali, ma molto fotogeniche. E anche questo piccolo sogno sono riuscito a realizzarlo, devo aggiornare la mia personale check-list!

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Closing the door
POSTED ON 18 Ago 2024 IN Landmark, Street     TAGS: silver, church

Closing the Door

The priest and the light
POSTED ON 17 Ago 2024 IN Landmark, Street     TAGS: silver, church, light

The priest and the light

Havis de Giorgio
POSTED ON 13 Ago 2024 IN Landscape     TAGS: mountains, sky, clouds

Havis de Giorgio

Ieri mattina mi sono lanciato nella tipica escursione estiva monregalese: partenza dalla porta di Pian Marchisa con arrivo al rifugio Havis de Giorgio, meglio conosciuto come rifugio Mondovì (poi qualcuno un giorno mi spiegherà la scelta del nome che per me rimane incomprensibile). È un strada semplice, circa 40 minuti (dislivello minimo), ma molto bella e frequentata: in estate sembra quasi di essere sulla riviera romagnola. Arrivato al rifugio ho salutato il gestore, ho bevuto una birra, mi sono sono sdraiato sull’erba e, mentre Alice si riposava per la fatica (lamentarsi per tutto il tragitto stanca), ho osservato le montagne circostanti e le nuvole sopra la mia testa. Erano bellissime, una sensazione di pace e serenità rotta solamente dalle urla dei bambini alle mie spalle. Ho comunque deciso di scattare una foto per ricordare il momento e celebrare la bellezza della natura. Un’immagine banale, ma che mi ricorda un momento delicato e piacevole. Ho scoperto che la cima di sinistra si chiama proprio punta Havis de Giorgio, quella di destra non la conosce nessuno.