Non di rado mi capita di paragonare, nella mia mente malata, alcune esplorazioni urbex al gioco “Indovina Chi?”. Non è colpa mia in realtà, è un modus operandi che nell’ambiente viene definito come collezionismo di figurine: ogni location celebre esplorata è un personaggio del gioco da tavolo che cade, che viene scoperto. E quando sono uscito da questa villa, il cui nome vero è Villa La Bastia, mi è sembrato veramente di eliminare una carta dal gioco, di aver abbattuto con il dito un personaggio, di aver scoperto finalmente una figurina che mi mancava da tempo e che non riuscivo a trovare. Anche perché il mazzo è enorme e i personaggi sono tantissimi.
Riuscire a varcare il portone di ingresso per esplorare Villa la Bastia, in rigoroso silenzio e con il massimo rispetto, è stato molto complicato dal punto di vista fisico. In estate la vegetazione tende ad essere espansiva e molto rigogliosa e per arrivare al sogno (forse sto esagerando) abbiamo dovuto scalare una montagna e superare la foresta amazzonica (tipo in Fitzcarraldo) (è ufficiale, ho esagerato). Rovi e zanzare non sono fedeli compagni degli urbexer, anzi, a fine estate ho una quantità di graffi come se fossi il maggiordomo degli Aristogatti. Quando sono entrato però ho compreso che la figurina conquistata era una di quelle importanti: pur essendo spoglia e in grave decadimento strutturale Villa la Bastia è una meravigliosa e anziana signora che rivela una magia e una storia senza uguali, e quando con il dito ho eliminato quel personaggio di “Indovina Chi?” il suono è stato più armonioso del solito. Poi dopo tutta questa meraviglia, e 472 foto, era necessario tornare a ritroso verso la macchina con lo zaino, il treppiede, nel primo caldissimo pomeriggio dell’estate. Quando siamo arrivati finalmente a destinazione, dopo essermi perso -io- un paio di volte in mezzo a quella sorta di Death Valley, abbiamo preso i nostri panini e la nostra acqua, ci siamo seduti sugli scalini di un piccolo portone, ci siamo guardati e siamo scoppiati a ridere: sudati, spettinati, sporchi di polvere e terra, stanchissimi, un ragno fra i capelli, vestiti come scappati di casa, io graffiato ovunque, Lorena invece no perché fa andare avanti me. Nonostante il caldo e la fatica però è stato bello, anche questo è il fascino dell’esplorazione urbana.