Il mio racconto di Sant’Agata

POSTED ON 25 Feb 2024 IN NeverSleep

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Da ormai tanto/troppo tempo sono circondato, quasi assediato, da parole come racconto, storia, reportage, portfolio, progetto. È un martellamento continuo, come se la buona fotografia sia diventata obbligatoriamente una raccolta di immagini con un inizio, una fine e nel mezzo una serie di scatti con un filo conduttore. Non voglio dire che siano concetti sbagliati, anzi, credo che sia uno dei punti focali del fare fotografia, ma è quell’obbligo di convincere e assecondare un’idea concettuale che davvero non rientra nel mio modo di pensare.

Nel raccontare una storia ci dev’essere un’idea di base, ma l’idea di base può essere anche la confusione: poi io sono molto lineare quindi aderisco al partito del cronologico e del razionale, ma non sento questa necessità che invece respiro intorno a me di creare progetti che debbano piacere. Semplicemente perché non mi interessa e questo rientra in una sorta di atipicità che spesso mi porta ad essere definito bastian contrario. Raccontare qualcosa per immagini (ma anche parole) è un percorso intimo e personale, ci dev’essere un progetto, si deve sentire la necessità di informarsi, la voglia di provare più volte, sono concetti chiave: ma rimane sempre un racconto visto attraverso i miei sensi, le mie conoscenze, le mie esperienze.

Ci devono essere dei punti chiave molto precisi, ma non deve essere qualcosa di omologato, uguale per tutti e impersonale, non può esserci nessuno che spiega al fotografo come vedere la storia e come interpretarla. Sempre che si voglia davvero raccontare una storia. Fosse giornalismo servirebbe la regola nota come Five WS (Who, What, When, Where, Why), ma noi stiamo parlando di emozioni e sensazioni assolutamente personali che in quanto tali vanno raccontate in modo personale. Poi potrà risultare interessante oppure noioso, potrà permettere di comprendere oppure non riuscirà a spiegare nulla, ma sarà comunque la mia visione di quel momento, di quella storia, di quell’evento. E nessuno potrà spiegarmi come io voglio raccontare la mia storia.

In queste 13 immagini trovate il mio racconto, in rigoroso ordine cronologico ovviamente, della festa di Sant’Agata a Catania: mi sono informato prima, durante e dopo, ho assaporato la città, osservato le persone, camminato tantissimo, ho cercato di rimanere dentro l’evento. È il mio modo assolutamente personale di descrivere una due giorni totalmente assurda e fuori dal mondo, ma di una bellezza difficile da spiegare. Probabilmente non sarà visionario e potente, non sarà fuori dagli schemi e non sorprenderà l’osservatore: ma è il mio racconto e mi rappresenta al 100×100.

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Sant'Agata -simbolo-

Vuoti industriali -ThyssenKrupp-

POSTED ON 27 Nov 2023 IN NeverSleep

vuotiindustriali vuotiindustriali_articolo

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Lo metto nel cassetto dei ricordi: bell’articolo di Marta Borghese sulla rivista Futura, con intervista al sottoscritto, qualche immagine della Thyssen prelevata dal mio post dedicato e la storia della fabbrica torinese dopo l’incidente del 2007.

Genius Loci

POSTED ON 28 Ott 2023 IN NeverSleep

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Mia Galeazza /03Mia Galeazza /04

Questa sera verrà inaugurata la mostra collettiva dei soci di MondovìPhoto; il tema scelto, a Maggio, in assemblea (con qualche sana e costruttiva discussione) è Genius Loci. È già vedo molti dei miei innumerevoli lettori (4) storcere il naso con espressione dubitativa.

Cosa significa Genius Loci? Non è facile spiegare il significato di questa espressione latina, che arriva dal passato, in modo sintetico. Per semplificare posso dire, senza paura di smentita, che si tratta dello spirito di un luogo. È una definizione moderna e decisamente attuale. In poche parole avremmo dovuto, con 4 foto, riuscire a cogliere la vera essenza di un luogo per noi significativo. Impresa niente facile, per me che sono l’apice della razionalità praticamente impossibile.

Valutando la mia scarsa propensione al metafisico (il Genius Loci nella religione romana è un’entità naturale e soprannaturale legata a un luogo) ho deciso di scegliere un linguaggio molto semplice, quasi formale, un luogo che amo sopra ogni cosa, che mi ha visto prima bambino e poi diventare adulto: la spiaggia della Galeazza. Non sono assolutamente certo di aver colto il Genius Loci della Galeazza, ma in queste immagini sento il rumore delle onde che si infrangono sugli scogli e mi immagino seduto sulle pietre, con le gambe rinchiuse fra le braccia, ad ammirare il paesaggio e deprecare il mio passato. Insieme alle foto verrà esposto un testo che trovate qui. Vi aspetto numerosi, io non ci sarò. :-)

In genere, si può dire che i significati radunati dal luogo costituiscono il suo Genius Loci.
– Christian Norberg-Schulz

Baci sulla fronte che non dimenticherò

POSTED ON 13 Mag 2023 IN NeverSleep

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Il cielo è plumbeo, quasi come le mie lacrime. Ho passato gli ultimi anni sapendo che questo momento sarebbe arrivato prima dell’immaginabile, eppure permane una sensazione enorme di incertezza. Di solitudine, di malinconia. Di tempo che scorre inarrestabile.

Perché anche se adesso ho quasi 50 anni mi sento tanto più solo; e penso con una certa malinconia al passato, ai ricordi che rimarranno indelebili nella memoria. Arrivano come tanti flashback, piccoli pezzi di vita che risalgono lungo la spina dorsale e precipitano dal secolo scorso, veloci come potenti lampi di luce vera e intensa. Una voce, un gesto, un momento, una foto, una canzone ascoltata all’infinito in un clamoroso e assurdo soppalco di legno, io e te di fronte.

Non è il momento più brutto perché fa parte di un percorso e lo conosco quel percorso, perché mi rimangono i momenti, i baci sulla fronte di questi giorni, le mani che si stringono perché lo sai, certe piccole memorie che sono sempre presenti. Mi rimarranno tante cose di te, che sei parte di me, perché ci sono una serie di caratteri che porterò sempre come bagaglio genetico e di esperienze. Quante cose che ritornano alla memoria. Hai provato a insegnarmi tutto, tu che sapevi fare tutto, ci sei riuscito quasi niente perché quell’impronta genetica è anche tanto diversa. Ho scattato queste due foto dalla tua stanza di ospedale, senza pretese perché mi andava e voglio metterle qui. Mi hai dato tutto, ci siamo amati a modo nostro, ma in un modo bellissimo, e mi mancherai. Piango ancora un po’ … poi abbracci e silenzio. Ciao papà.

Memento, homo, quia pulvis es, et in pulverem reverteris.

Il fascino dell’urbex

POSTED ON 12 Mar 2023 IN NeverSleep     TAGS: interview

Nel novembre scorso sono stato intervistato da Marco Donatiello, caporedattore di Mole Art, una rivista realizzata -in modo meraviglioso aggiungo io- dal Gruppo Fotografico la Mole di Torino. La mia intervista, che verteva principalmente sulla fotografia urbex, è uscita con il numero di dicembre 2022 e in copertina il mio nome era affiancato a quello di Guido Harari e Alberto Ghizzi Panizzi: non so se merito tanta considerazione, ma devo ammettere che la cosa mi ha fatto decisamente piacere. Insieme all’intervista hanno trovato spazio 13 foto scelte dalla direzione fra la mia produzione artistica (lo so, fa ridere): le pubblico qui sotto con il link ai rispettivi articoli nel caso qualche lettore volesse approfondire i temi delle singole location.

Villa Camilla /03Santi in paradiso /22Chiesa Blu /04

Di Figurine e MappamondiLa Villa dell'orso bianco /17

Ex Manicomio di Voghera /52Orfanotrofio San Giuseppe /16Il cavaliere inesistente

L'atelier della Volpe /11La scuola dipinta /01

Il Barone /32Colazione da Tiffany /42Il Castello della Poetessa /39

Herem, di anatema e maledizione

POSTED ON 14 Giu 2022 IN NeverSleep

HeremRitorno a Villa Moglia /08

Sabato prossimo, 18 Giugno 2022, alle ore 17, nella splendida cornice (si dice così per fare figura) dell’antico palazzo di Città a Mondovì sveleremo i segreti di Herem. Si, perché il sottoscritto e Lorena Durante questa volta hanno davvero esagerato. Perché presenteremo un progetto (toh, un progetto fotografico) che stiamo costruendo da quasi un anno e che si è sviluppato in oltre 5 anni di ricerca e attività fotografica. Di cosa stiamo parlando? Sicuramente il focus è la mostra fotografica: sono 24 immagini stampate in alta risoluzione con una dimensione di 100×70 (si, avete capito bene: un metro). Ma non è una semplice raccolta di fotografie: c’è una prefazione, la descrizione di Piergiorgio Odifreddi, c’è una domanda di fondo, un percorso interattivo, una serie di considerazioni e una chiosa finale del teologo Don Enzo Bianchi che chiuderà il percorso museale. E sono decisamente orgoglioso di quanto siamo riusciti a creare, con fatica, in questi mesi. E infine, per non farci mancare nulla, abbiamo anche preparato un libro/catalogo (stampato splendidamente) con 48 immagini (il doppio di quelle esposte) che ci permetterà di raccontare in modo completo ed esaustivo il nostro progetto. Potrei spiegare meglio ed entrare nei dettagli, ma non vorrei rovinare la sorpresa ai nostri 25 visitatori. Al vernissage ci sarà anche da mangiare e da bere: ma non è la parte interessante, perché noi siamo amanti dell’arte e della cultura. Vi aspettiamo, e io non so ancora cosa mettermi.

Herem è un anatema.
Il luogo colpito dalla maledizione
diventa inviolabile ed è destinato a finire in rovina

Alterni interni e Alterni esterni

POSTED ON 16 Gen 2022 IN NeverSleep

Cappellania Ospedaliera San Carlo BorromeoCastello di MareneLa casa dei Marescialli

Villa CartmanL'ultimo ImperoIl triste destino di Villa SarahOspedale Marino Piemontese

Mi sono imbattuto in un’altra discussione, sul social di Mark Zuckerberg, dedicata alla fotografia urbex e come sempre si passa da un’esasperazione ad un’altra; l’argomento è uno dei grandi classici: la pubblicazione delle foto in esterno. E come al solito è una discussione totalmente inutile perché bisogna usare, come in tutte le cose, un po’ di logica e un po’ di cervello: un giusto mix.
È vero che le foto in esterno permettono facilmente di risalire alla location e alle coordinate di un luogo abbandonato, ma non esistono solo il bianco e il nero, ci sono diverse sfumature di grigio e non possiamo permetterci di fare di tutta l’erba un fascio: se io pubblico le foto dell’esterno del vecchio Ospedale di Mondovì non è un grosso problema, perché l’Ospedale di Mondovì è un luogo pubblico e lo conoscono tutti. Non c’è nulla da rubare all’interno e anche eventuali graffiti sulle pareti non sarebbero un peccato mortale perché la struttura andrà completamente ripristinata. Il discorso è diverso se parliamo di una villa privata con ancora gli arredi all’interno: è chiaro che le foto dell’esterno potrebbero portare personaggi loschi, ladri e rigattieri a rubare tutto il possibile (e forse anche qualcosa di più).

A dire il vero in questo tipo di urbex sarebbe meglio evitare la pubblicazione di qualsiasi tipo di immagine, non solo dell’esterno: innanzitutto per motivi di etica e poi perché con il passaparola prima o dopo le coordinate vengono fuori. È sempre successo e sarà sempre così.

E’ chiaro che in strutture di particolare pregio esiste il pericolo della deturpazione, dei graffiti, delle bombolette spray: ma nel caso sono quasi sempre gli abitanti del luogo (magari giovanissimi) ad essere i primi a scoprire la location; è quasi impossibile che un vandalo parta da Milano per andare a Imperia solamente per deturpare.

E anche necessario rimarcare un concetto molto semplice, ma fondamentale: il colpevole è sempre colui che si rende protagonista dell’azione negativa. Non è colpa del fotografo se nel mondo esistono le teste di cazzo.

Ma come in tutte le cose è sempre necessario riflettere e pensare: capire la situazione e valutare. Quando in un luogo abbandonato non c’è più nulla da rubare potrebbe verificarsi addirittura il caso contrario: che le foto smuovano l’opinione pubblica per salvaguardare il luogo abbandonato. È quello che il FAI propone da anni (con risultati decisamente interessanti) e che per esempio è successo con il Vecchio Teatro di Mondovì: la giunta comunale si è mossa e ha predisposto un piano per la messa in sicurezza e per garantire ai visitatori un affaccio per ammirare la meraviglia che si nasconde nel cuore del quartiere Piazza. Concludo con un brevissimo recap: usare sempre il cervello e mai generalizzare. Perché generalizzare è il male.

Beach Photography

POSTED ON 30 Mag 2021 IN NeverSleep

Strane storie sulla spiaggiaRedwalker in MondelloNoi che abbiamo il mare nel cuore

Relax on the beach (at the sunset)Walking in the sandChild. Move. Three.

In fotografia si sente spesso parlare di Street Photography, un genere molto diffuso, di impatto e relativamente semplice, che ha la sua massima espressione in Henry Cartier-Bresson. Quasi sempre, quando si parla di street, si pensa alle grandi metropoli del pianeta: Parigi, New York, Londra, Milano, Berlino, Beinette.

E da una costola della Street Photography nasce oggi un nuovo genere, un nuovo concetto di arte di strada: la Beach Photography. In realtà non c’è niente di nuovo da inventare e anche il grande Henry ha nel suo repertorio alcune meravigliose foto di strada sul mare, come la famosissima Umbrella. Però il concetto di street, pur essendo molto simile, non è assimilabile a una foto in spiaggia. Diciamo che la Beach Photography può essere considerata come una trasposizione del suo più celebre parente. Si parte, da domani: signore e signori la Beach Photography. Sempre su questi schermi.

Il rutilante mondo degli arredatori

POSTED ON 21 Mar 2021 IN NeverSleep

Come Van GoghCome Van Gogh /2

Il mondo urbex si divide in due grandi categorie (fra le tante): arredatori e non. Chi sono gli arredatori? Sono amanti dell’urbex e della pulizia, dell’ordine e del rigore. Sono coloro che amano comporre le scene, spostano gli oggetti, costruiscono una sceneggiatura. Può essere molto semplice, magari ci si può limitare a cambiare la posizione di un solo oggetto, oppure più complessa e articolata, sino ad arrivare alla costruzione di un’intera stanza.
Queste due foto sono state scattate alla Cascina dello Scoiattolo: l’immagine di sinistra prima, l’immagine di destra dopo il passaggio degli arredatori. Non ho idea di chi possa aver sistemato la stanza, ma si è preso il disturbo di alzare il comodino, spostare la sedia e sistemare i vestiti (presi in qualche armadio). Gli arredatori si dividono in altre due categorie: ci sono quelli che lasciano le stanze arredate come un segno del loro passaggio e c’è anche chi dopo ritorna all’orgine (doppio sbatti) per poter vantare una sorta di marchio di fabbrica (se dovessi arredare propenderei per questa seconda ipotesi). Poi c’è chi distrugge per avere l’esclusiva, ma è un altro mondo ancora.
Io invece sono terribilmente pigro, ho sempre fretta, e preferisco limitarmi a posizionare meglio gli oggetti, pulire e sistemare non fa parte dei mio io (immagino i cenni di conferma con il capo leggendo queste parole). In realtà non sono contrario a costruire un set fotografico in urbex, mi è capitato un paio di volte di collaborare in tal senso, anche se probabilmente esula un po’ dall’idea originale di esplorazione urbana. E’ un’altra cosa ancora. E Voi da che parte state?

Fumare è la cosa più stupida

POSTED ON 13 Dic 2020 IN NeverSleep

Fumare? No grazie!

Accendetevi una sigaretta. Com’è? Vi soddisfa? Vi sentite appagati? Sareste disposti perfino a sostenere che madre natura ha dotato l’uomo della cavità orale per dargli modo di fumare? Davvero non riuscite ad immaginare niente di meglio? Poveri voi. Voi che siete così presi dall’automatismo del fumo da rovinarvi il palato e il gusto di mangiare e di bere. Voi che fumate e non capite come mai la gente si allontana, e il vostro amore evita di baciarvi. Fumate, fumate, e vi ritrovate senza voce per parlare, o per gridare goal! allo stadio, o per cantare. Fumate, e restate senza fiato. Spegnete quella sigaretta. Dite basta. Riabituatevi al piacere di parlare, gridare, cantare, bere, baciare, respirare… scoprirete che smettere di fumare non è una rinuncia, ma una conquista. Qualcosa che dà alla vita un respiro più ampio, mille sapori nuovi.

Prospettive distorte (urbex e Feininger)

POSTED ON 25 Nov 2020 IN NeverSleep

HundertwasserhausCome un trenoSegni del tempo

Villa del Tappezziere /17Verso l'alto dei cieliCastello Normanno Svevo

Ventaglio Milanese (Reprise)I quattro cantiReflection of light gray

Da tanto, troppo tempo, sento parlare di prospettiva e foto storte, ormai è un classico, e purtroppo quasi sempre si parte da presupposti errati. Cosa è giusto e cosa è sbagliato? E’ sempre difficile da comprendere. Purtroppo la fotografia è materia complicata e l’occhio umano ancora di più. Ho quindi deciso di fare un breve recap, soprattutto per me stesso, per spiegarmi e ricordare al meglio il discorso di prospettiva e per farlo farò riferimento ad uno dei più grandi fotografi del secolo scorso: Andreas Feininger, e al suo libro più conosciuto ovvero L’occhio del fotografo (Milano, Garzanti, 1976). Feininger divide la prospettiva in 4 grandi categorie: rettilinea accademica, rettilinea reale, cilindrica e sferica. Le ultime due interessano poco il discorso storto/dritto che voglio affrontare, ma l’ultima, la sferica, è quella che si ottiene con il fish-eye e in alcuni rari casi è forse la migliore che possiamo scegliere (soggettivo). La rettilinea accademica è quella che si ottiene con gli obbiettivi decentrabili (tilt & shift), con la macchina perfettamente in linea con il terreno oppure in post-produzione ed è quella che abitualmente vediamo nelle riviste di architettura. Un esempio importante di accademica è quello fornito da Berndt e Hilla Becker nella loro mastodontica e decennale opera, culminata nel celebre: Anonyme Skulpturen: Eine Typologie technischer Bauten. Vabbeh: sculture anonime. Sono una quantità industriale (è una mezza battuta per chi la capisce) di fotografie di architettura, tutte molto simili (ma costruite di proposito con il banco ottico). La rettilinea reale (e già il nome dovrebbe dare indicazioni) è quella invece in cui le linee verticali sono lasciate inclinate. Può sembrare strano, ma è questa che ricorda maggiormente la verità (se così possiamo definirla) anche se sono tutte comunque artificiali perché il nostro occhio vede in 3 dimensioni (contrariamente alla fotografia come la conosciamo che si sviluppa in 2 dimensioni) e quindi reale è un modo di dire (come mi piace definire la realtà, anche se dopo mi sento molto Morpheus). Quando le linee invece corrono in orizzontale verso un solo punto di fuga, ed è un fenomeno molto frequente in fotografia, il nostro occhio non è infastidito perché è abituato a questo tipo di distorsione. L’esempio classico è nelle rotaie di una ferrovia che puntano verso il centro del fotogramma, ma che nessuno si è mai sognato di raddrizzare. Quindi la prospettiva accademica che troviamo nella stragrande maggioranza dei libri e delle riviste di architettura è una forzatura rispetto alla percezione che abbiamo perché mette a 90 gradi le linee verticali rispetto al terreno. Feininger definisce la prospettiva accademica (utilizzata anche dal grande Gabriele Basilico) come una menzogna positiva perché l’immagine che risulta raddrizzando le linee verticali che guardano verso un punto di fuga (classicamente la foto del palazzo scattata inclinando l’obbiettivo verso l’alto) sembra più vera al nostro occhio, anche se in realtà quelle linee diagonali sono una normale rappresentazione della prospettiva. Noi viviamo in una società che viene definita ortogonale e siamo profondamente condizionati dalle linee perpendicolari e dagli angoli retti che ci circondano: è il nostro cervello che interpreta in questo modo le informazioni che arrivano dalla retina. In fotografia la scelta della prospettiva che vogliamo utilizzare è quasi sempre soggettiva e dipende esclusivamente da cosa vuole rappresentare il fotografo. Non esiste un concetto di storto oppure dritto in questo tipo di immagini, se vogliamo essere divulgativi è lampante che la prospettiva accademica sia la migliore (e la più usata in quel contesto), ma se non abbiamo la necessità della divulgazione tecnico/scientifica qualsiasi tipo di prospettiva può essere adatta, anche quella sferica, e molto dipende dal tipo di soggetto che abbiamo di fronte. Nella fotografia, che potrei definire artistica oppure anche emozionale, come può essere la fotografia urbex, l’idea è quella di rappresentare lo spazio, la sensazione, l’idea, il romanticismo e non è detto che l’approccio analitico/razionale che ci impone il cervello sia il migliore, anzi, talvolta è troppo piatto e lineare per mostrare il fascino di certi ambienti. Il discorso è molto complicato per certi versi e non riguarda solo la fotografia e l’architettura, ma si dipana nella la mente umana e nel nostro modo in interpretare il mondo attraverso occhi e cervello. Ma è tutta un’altra storia. L’importante è comprendere che ognuno può scegliere di fotografare come preferisce, ma non deve criticare/denigrare le foto degli altri in base a visioni geometriche assolutamente personali, perché il concetto di storto, in fotografia, è sempre e solo soggettivo.

Ogni buona fotografia è una sintesi ben riuscita di tecnica e arte
– Andreas Feininger

#DollyPartonChallenge

POSTED ON 26 Gen 2020 IN NeverSleep

#dollypartonchallenge

Sul web impazza la #dollypartonchallenge, la sfida lanciata dalla 74enne attrice e cantante americana che reinventa il classico avatar: consiste in pratica in una serie di quattro fotografie accompagnate da una didascalia con il nome di un social network: Linkedin, Facebook, Instagram e Tinder. E chi sono io per sfuggire a questa nuova e fondamentale moda? E quindi ecco a Voi la mia personale interpretazione. :-)

Il senso è che le quattro fotografie ritraggono il soggetto in pose e atteggiamenti molto diversi, con qualche affinità al social network alla quale sono associati: quella di Linkedin – un social network usato per trovare lavoro – seria e formale, quella di Facebook amichevole e allegra, quella di Instagram festaiola oppure un po’ artistica, e quella di Tinder – un’app per incontri – ammiccante.

Quattro chiacchiere con Stefano Tealdi

POSTED ON 29 Dic 2019 IN NeverSleep

Giardini del Belvedere

Questa terribile foto non è nemmeno didascalica. E brutta, punto. Ha una sola caratteristica che la rende pubblicabile su queste pagine: è stata scattata con il nuovo RF 15-35 F/2.8 L IS USM durante le riprese del video dedicato alle ottiche RF girato con l’amico Stefano Tealdi. Ovviamente davanti alla fotocamera sono una catastrofe (anche dietro in realtà), ma credo di essermela cavata decentemente: almeno si capisce quello che dico (è stato un duro lavoro di concentrazione). Le foto della giornata sono penose, ma l’emozione gioca brutti scherzi (era comunque difficile riuscire a scattare qualcosa di artistico); per non farmi mancare nulla ho anche commesso un paio di errori imperdonabili e ripetuto circa 10 volte gli stessi concetti. Se proprio volete ammirarmi in video non Vi resta che cliccare sulle immagini qui sotto. Buona visione.

Obbiettivi RF4 chiacchiere con Stefano Tealdi

Tutti fotografi (e videomaker)

POSTED ON 16 Giu 2019 IN NeverSleep

Tutti fotografi (e videomaker)

Tutti Fotografi è uno storico mensile dedicato alla fotografia, forse il più noto e diffuso in Italia. Prima del digitale (e di internet) cercava di divulgare il verbo fotografico in modo che tutti potessero diventare abili fotografi. Non è merito loro, ma credo che l’obbiettivo sia, in parte, prossimo alla realizzazione; dico in parte perchè tutti fotografi si, ma abili direi proprio di no. E questa è una discriminante importante. Si, perchè ormai è diventata un’esasperazione continua che raggiunge il proprio Nirvana durante i concerti dal vivo. Nel suo ultimo tour Marco Mengoni fa spegnere le luci sul palco e chiede al pubblico di posare i cellulari per ascoltare la musica, dal vivo, in modo reale, tangibile. E’ diventato uno show infinito. Due settimane fa ho visto (finalmente) il concerto di Cristina D’Avena, a Cuneo Comics: davanti a me tutti con le braccia alzate per fotografare/registrare. Il tipo al mio fianco condivideva in tempo reale con i suoi contatti su Whattsapp, praticamente ha pagato il biglietto per potersi vantare con gli amici: io ci sono (che poi stiamo parlando sempre di Cristina D’Avena, manco fosse la reunion dei Led Zeppelin). Quello che infastidisce il sottoscritto non è la voglia di condividere, ormai è un dato di fatto, ma la qualità della condivisione: è un problema mio e probabilmente è colpa del tono di superiorità che cerco di darmi, ma a vedere certe immagini mi si inniettano di sangue gli occhi; capisco che viviamo dentro un gigantesco social network, la vita, ma diamine un minimo di estetica è necessario. La cultura del bello è ormai sparita, frantumanta dalla condivisione, esiste solo l’essere: è nella stragrande maggioranza dei casi è anche falsato e modificato. Io credo che tornare indietro non si possa, il mondo va avanti, la tecnologia è sempre più evoluta e la curva è diventata esponenziale; ma dovremmo studiare, osservare, guardare, imparare, conoscere. Abbassare il braccio e goderci il momento, come Sean Penn. Perchè è vero che il mondo progredisce, è vero che si va avanti: ma è fondamentale crescere e migliorare. Altrimenti restiamo CAPRE.

Fotografi nel web #24

POSTED ON 16 Dic 2018 IN NeverSleep     TAGS: interview

P R E S E N T E Erika #01Verso la vettaVele

Giorgio e la vignaIl fotografo della neveLouvre Sphere

Questa intervista al sottoscritto arriva dal passato: è datata 6 maggio 2008. Praticamente la preistoria. E’ tratta dal sito Dentro Al Replay dell’amico e fotografo Libero Api. Rileggendola a distanza di anni mi fa quasi ridere: cambierei buona parte delle risposte. Eppure all’epoca ero così: decisamente imbecille. Forse lo sono ancora. Le foto in alto sono quelle che furono pubblicate (non tutte) in calce all’articolo, alcune terribili, altre decenti. Sono migliorato, di tanto, e questo è il miglior complimento che il tempo mi può regalare. Le due foto che cito nell’intervista sono rispettivamente questa e questa.

Samuele Silva: chi è?
Domanda tremendamente complessa e difficile. Appeno lo scopro te lo dico.

Quando hai iniziato?
Ho iniziato a metà anni 90, provando una Zenit 22 Russa. In realtà la fotografia è sempre stata presente nella mia vita: mio nonno era fotografo dell’esercito italiano nella guerra d’Africa. Mio padre scattava tantissime foto che poi sviluppava personalmente in una piccola camera oscura casalinga. La passione doveva solo germogliare.

Quale genere ti piace maggiormente fotografare?
Fotografo un po’ di tutto, ma sicuramente il mio genere preferito è quello umano. Uomini, donne e bambini.

Hai fatto qualche corso di fotografia?
No, ho letto tanto, quasi tutto. Ho comprato libri, ho ascoltato consigli, ho lasciato le mie foto alla gogna di amici e conoscenti più esperti. Con il tempo mi sono costruito uno stile, che giorno dopo giorno cerco di migliorare.

Quali sono i fotografi del passato e del presente che più apprezzi?
Non ci sono fotografi che mi hanno ispirato particolarmente. Recentemente osservo questi che forse non sono famosi, ma che sicuramente sono molto bravi: Davide Cherubini (Italia), Sanzen (Giappone), Bruno Taddei (Italia), Tom McFarlane (Stati Uniti), Tatiana Cardeal (Brasile), Martin Gommel (Germania).

Che attrezzatura fotografica hai usato nel passato, e quale stai attualmente utilizzando?
Ho iniziato con diverse compatte, poi il salto al Reflex con la Canon 30 a pellicola e poi il passaggio al digitale, quasi immediato. Adesso utilizzo una Canon EOS 5D con 24-105.

Qual è lo scatto al quale sei particolarmente legato?
Sono tanti, questo rappresenta uno dei primi ritratti a mio nipote.

Quali sono i tuoi progetti attuali e quali quelli per il futuro?
Per il momento il mio progetto è quello di divertirmi, scattando il più possibile, soprattutto quello che mi piace. Poi un giorno vorrei fotografare sul serio.

Hai mai esposto le tue immagini in mostre fotografiche personali o collettive?
No, non ho ancora capito se la mostra fotografica mi affascina oppure mi disgusta. Forse la prima. Vedremo…

Hai mai avuto riconoscimenti in concorsi fotografici o pubblicazioni delle tue foto su libri o riviste?
Non invio mai troppe foto in giro ma qualche riconoscimento in concorsi fotografici sono riuscito ad ottenerlo. Niente di ecclatante sia chiaro. E poi un bellissimo servizio su quella che io ritengo la migliore rivista di fotografia digitale: Photografare in digitale.

Quanto tempo dedichi alla fotografia?
Tanto. Internet, Fotografia e Sport sono i miei passatempi preferiti. Tutto il mio tempo libero.

Raccontaci un episodio curioso o simpatico durante una sessione fotografica.
Abito ad Imperia, città di mare e di vento. Non mancano certo le occasioni per fotografare regate veliche. Durante le ultime vele d’epoca ho deciso di fotografare dalla barca della giuria. Conosco il capitano e gentilmente mi ha offerto un posto privilegiato. Il problema grande è che la barca della giuria rimane ancorata durante tutta la regata e quel giorno il mare era particolarmente mosso. Nonostante una certa esperienza di mare ho accusato l’onda lunga e sono rimasto in coma per quasi otto ore. Possibilità di rientrare a terra? Nessuna. Nonostante tutto sono riuscito a portare a casa qualcosa di interessante, come questa, che rimane una delle mie foto veliche preferite.

Quando rivedi i tuoi vecchi scatti cosa pensi?
Bella, bellissima, brutta, molto brutta, orrenda, carina, bel momento, che giornata! Penso tante cose… :)

Dove sono pubblicate, sul web, le tue foto?
Sul mio Blog/Photoblog e su Flickr.

Un pensiero a chi si avvicina ora al mondo della fotografia.
Voglio citare Helmut Newton: “Il desiderio di scoprire, la voglia di emozionare, il gusto di catturare, tre concetti che riassumono l’arte della fotografia”. Sono tre concetti fondamentali. Chi inizia a fotografare, anche solo per passione, deve considerare questi aspetti.

Polvere e Bellezza

POSTED ON 18 Nov 2018 IN NeverSleep

Teatro Sociale #03Palazzo dei Conti Morra #09Manicomio di Racconigi #02Di Figurine e Mappamondi

Queste 4 foto, chiaramente urbex, fanno parte di una più ampia selezione dedicata all’esplorazione urbana. Sono 22 foto (di cui alcune inedite) stampate in grandi dimensioni in fine-art su pannello, scattate a 4 mani (e 2 cavalletti) con la mia compagna di avventura Lorena Durante. Sono esposte al Berlino di Ceva sino al 2 dicembre. La mostra s’intitola Polvere e Bellezza (io sono la polvere, Lorena è la bellezza: ca va sans dire), ed è il frutto di due anni di levatacce mattutine, un progetto impegnato di denuncia di luoghi abbandonati che conta anche compresi una serie innumerevole di reati penali (esageriamo), corse, scavalchi, fango, sporco, polvere, pericoli assortiti e di fotografie fatte in condizioni di luce pessima (e, poche, di luce bellissima). E anche tanta passione e bellezza. Perchè il motore di chi si diletta in questo tipo di fotografia è sempre è solo la passione. E anche un po’ di sana adrenalina (paura anche). Credo che la mostra sia interessante e che le foto abbiamo un livello di qualità davvero notevole (e stampate, bene, hanno un altro fascino). Ed è importante sapere che la bellezza si vede, ma la polvere non si sente.

Polvere e Bellezza si incontrano nei luoghi dell’abbandono; è una miscela meravigliosa di luci e colori, di incuria e tristezza. E’ l’incredibile magia dell’esplorazione urbana.

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