Forse sono stato un po’ tragico nel titolo, ma in effetti il crollo è imminente e se la magia non è finita manca davvero poco alla fine definitiva; escludendo miracoli che credo ormai improbabili, se non impossibili. Poi, certo, mai dire mai. La situazione era talmente pericolosa che abbiamo preferito evitare di salire al secondo piano, ci siamo spinti fino in cima alla scala, ma il pavimento era così traballante che è sembrato quasi ovvio rinunciare alla foto dalla balaustra superiore; e mi dispiace davvero tantissimo, avessi visto in anticipo le foto dall’alto probabilmente avrei accettato il rischio: d’altronde il pericolo è il mestiere dell’urbexer (forse).
Quello che è incredibile è che dall’esterno questa villa sembra povera e triste, in cima a una collina, isolata, non avrei mai pensato che potesse celare tanta bellezza. Si entra da un buco nel muro e subito si riesce a comprendere perché nel titolo parlo di magia. Ogni stanza riserva una sorpresa, la scalinata è clamorosa e quella montagna di macerie (con poltrona scenografica) regala un tocco di classicismo tipico nel mondo dell’esplorazione urbana.
I grilli cantano leggiadri nei campi intorno, l’aria è leggera, attraversiamo il prato tra soffioni giganti che sembrano usciti da una favola e ritorniamo sui nostri passi pensando di essere quasi usciti da un mondo magico, colorato e irreale. – Lorena Durante
Ho scattato questa foto con il 24mm (su APS-C) dall’interno della confetteria Pietro Romanengo fu Stefano, in piazza Soziglia a Genova. Si tratta di una bottega storica del capoluogo ligure, attiva dal 1780, una bottega carica di magia e storia. E guardando fuori ho visto Lorena, molto concentrata, che fotografava la vetrina: non ho resistito alla tentazione ben sapendo che si sarebbe trattato semplicemente di una foto ricordo, un gentile omaggio. E invece per posa della modella, per taglio e composizione, e anche per colori, è una foto che mi piace tantissimo; certo la modella ha una certa importanza per elevare il livello dell’immagine al rango di pubblicazione. :-)
Il braccio destro stringe la spada, la sinistra trattiene al freno un leone. È l’allegoria della Ragione. Sembrava una facciata semplice, un lavoro di tinteggiatura banale: era una delle ultime ancora da restaurare in piazza Maggiore (parliamo di Mondovì ovviamente). Quando è emerso l’affresco al primo piano, di cui nessuno sospettava l’esistenza, però la situazione è cambiata e sono iniziati i contatti con la Sopraintendenza dei beni culturali per il recupero dell’opera.
Secondo l’architetto Mario Gandolfi, che ha seguito i lavori insieme alla restauratrice Costanza Maria Tribaldeschi della società Almavera di Torino, l’affresco (coperto da quattro centimetri di intonaco) rappresenta un’allegoria della Ragione ed è molto singolare perché è l’unico palazzo della piazza che presenta una figura di questo tipo, mentre nelle altre facciate si trovano stemmi oppure scritte. È possibile ipotizzare che sia stata realizzata nel 1600 in quanto ha uno stile manieristico molto simile a quello che si vede nelle figure della vicina Casa Jacod, in via Vico: questo fa pensare che possa trattarsi anche dello stesso autore.