Fontane Bianche è il nome da una località con le sabbie bianche in Sicilia vicino Siracusa, chiamata così per le numerose fontane naturali di acqua dolce che sgorgano nel mare.
Ricerca sulle forme archetipe tradotte in geometria pura e reinterpretate in chiave contemporanea. Metafora del rapporto tra psiche e materia, dialogo tra cerchio e quadrato.
Prosegue imperterrita, e senza soluzione di continuità, la tradizione del post natalizio. Ed è il terzo anno consecutivo che riesco a trovare la foto in anticipo e sempre in tema urbex; ma d’altronde capita con un certa frequenza di imbattermi in segni natalizi in locations abbandonate. Questa volta non è un albero addobbato e nemmeno un Babbo Natale, ma addirittura un presepe alla moda di Gip: nel televisore. C’è anche un pacchetto quasi intonso di Toscanelli. E il mio più sincero augurio per un bellissimo e felice Natale.
Questa è un’immagine forzata, niente di strepitoso. E’ un obbligo, una foto per me importante, diciamo romantica. Perché scattata con un’ottica dal sapore particolare. Era il 2010, raduno delle vele d’epoca d’Imperia. Un amico, presente con me in barca, mi prestò il mitico pompone, il Canon EF 100-400mm f/4.5-5.6, chiamato con il celebre nomignolo per via di una caratteristica particolare: per zoomare non si deve girare una ghiera, ma allungare manualmente l’ottica come un fucile a pompa, sembra quasi di caricare un’arma. Non dico che fu colpo di fulmine, ma era la prima volta che scattavo con un tele così esteso: poi per un discorso di costi e usabilità (in realtà non ho mai la necessità di scattare a 400mm) rimase un sogno nel cassetto. Dodici anni di attesa nel quale diverse volte ho accarezzato l’idea. Poi ho avuto l’occasione di fare una permuta con un usato come nuovo dal prezzo interessante e mi sono detto perchè no? Nel frattempo, da qualche anno, è uscita la versione nuova, a detta di tutti nettamente migliorata come nitidezza e qualità. Ma io mi accontento di poco, di realizzare un piccolo sogno.
Nello scorso fine settimana a Mondovì sono tornate protagoniste le vecchie signore, il grande patron Mario Garbolino ha organizzato la sedicesima edizione del raduno di auto d’epoca costruite ante 1940. Una manifestazione incredibile per il parco auto presente con oltre 50 vetture fra cui Diatto 16/20 Hp Limousine, Fiat Zero Torpedo, OM 465 Corsa, Fiat 501, Fiat 509 A Torpedo, Fiat 520 Torpedo, Lancia Lambda, Fiat 508 e molte molte altre.
Fra le auto storiche buona parte del raduno era dedicato alla celebre Fiat Bertone X1/9, questo perché Giovanni Bertone, fondatore dell’omonima carrozzeria, era un monregalese doc, nato a Mondovì nel 1884. All’evento erano presenti anche diverse Lancia Stratos (disegnate da Marcello Gandini per Bertone), ma questa è un’altra storia che sfiora il mito e del quale non voglio parlare. Durante l’esposizione a Mondovì Piazza mi sono divertito a fotografare (anche la Stratos a dire il vero); non sono un grande appassionato di motori, ma mi piace conoscere la storia e capire l’evoluzione. Quindi non apprezzo in modo particolare le foto del settore e ho preferito fare qualcosa di più dedicato ai dettagli concentrandomi sulla mitica Fiat Bertone X1/9. Ci sono alcune curiosità e chicche che costellano la storia di questa piccola barchetta che permettono di apprezzarne ancora di più linea e caratteristiche. Per esempio non conoscevo la storia della rarissima (ne furono costruite poche decine di esemplari) Dallara icsunonove (scritto proprio così) costruita dall’ingegner Gian Paolo Dallara per il settore corse e sono rimasto affascino dalle sue caratteristiche uniche, come il fantastico ed enorme alettone posteriore. Alla fine sono uscito dall’evento Bertone decisamente stanco e stremato dal caldo, ma con un bagaglio di conoscenze automobilistiche nettamente migliorato. E si, mi sono seduto dentro una Lancia Stratos (brividi).
Un gioco: animali silenti. In centro a Torino, un’ora di tempo. E devo ammettere che le corse contro il tempo fanno parte del mio essere sempre di fretta, posso dire sempre troppo di fretta. Probabilmente avrei bisogno di meditazione e calma, ma l’alta velocità l’ho sempre trovata stimolante. E qual è l’animale di Torino per eccellenza: il TORO, non esiste risposta diversa. E allora mi sono divertito alla ricerca di qualsiasi simbologia dedicata all’animale simbolo di Augusta Taurinorum. Ho scattato con la configurazione minima: Canon EOS RP e RF 35mm macro, utilizzato, quasi un obbligo, sempre a tutta apertura per staccare il più possibile lo sfondo. Le discussioni stanno a zero: Torino = TORO.
Il rosa. Questo colore non entra mai in guerra e sembra sempre sul punto di svanire nell’invisibile.– Christian Bobin
Mentre spaiate i calzini, oggi, ricordatevi di quel bimbo che è sempre solo, con cui nessuno vuole giocare e che non c’è mai alle feste di compleanno…
…mentre fate la foto dei vostri piedi vestiti da “inclusione” da mettere su Instagram, ricordatevi di quel collega che non parla con nessuno, che non viene alle cene aziendali, l’unico a cui non avete mai offerto il caffè…
mentre vi riempite le bacheche di amore per il diverso e frasi famose, togliete i calzini e invitate quel bimbo al compleanno del vostro e magari offrite il caffè a quel collega… i vostri piedi saranno un po’ più freddi, i social più vuoti, ma quello sarà il giorno in cui “diverso” diventerà davvero uguale!
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Prosegue imperterrita, e senza soluzione di continuità, la tradizione del post natalizio. È un Natale difficile in un periodo complicato: per la prima volta proverò a sdoppiarmi nel tentativo di partecipare contemporaneamente a due pranzi natalizi. Solo grandi imprese. La foto è scattata in una villa abbandonata nei pressi di Torino: un piccolo e maligno Babbo Natale, almeno questa è l’impressione che mi lascia il suo sguardo. Speriamo comunque voglia portarci un regalo di prestigio. E il mio più sincero augurio per un bellissimo e felice Natale.
Ha appena finito di piovere, fra brutto, fa freddo e nel giorno di festa sono a casa che mi diverto con la post. E davanti a me sberluccica questo piccolo Minolta MD Rokkor 50mm f/2 di fine anni ’70 che sembra fatto apposta per i dettagli. Il modello per l’occasione diventa il melograno, solo estetico, che ho piantato sette anni fa: i frutti sono prossimi alla caduta e le foglie, ormai ingiallite dall’autunno, a breve termineranno la loro vita sul terreno. I tubi di prolunga sono eccessivi e troppo dettagliati, quindi mi limito a un macro per finta scattando a mano libera con il focus peaking della EOS R. C’è ancora un percé.