Con questa foto, scattata in studio, ho partecipato alla 13ª edizione del concorso nazionale organizzato da MondovìPhoto. Il tema era Racconti Di-Vini, storie, persone e paesaggi dietro a un bicchiere di vino. La foto è liberamente ispirata ad un’immagine Ketti Vallieri (anche il titolo è identico), ma ho provato a renderla ancora più minimalista dell’originale per dare un senso ancora più importante ai pochi accenni di bianco che fanno solo immaginare bottiglia e bicchiere. Probabilmente non ci sono riuscito perché purtroppo, nonostante qualche apprezzamento (ma la mamma è sempre la mamma), la foto non è piaciuta alla giuria che ha scelto di non selezionarla; con grande giubilo dello stampatore perché riuscire a mettere su carta un’immagine del genere non dev’essere per niente semplice.
Con queste 2 foto (ma anche altre)(che vedrete un’altra volta) ho partecipato (senza qualificarmi nelle 25 migliori) al concorso ‘Le Radici del Vino‘ organizzato dal Comizio Agrario di Mondovì e MondovìPhoto. Il focus del concorso era il Dogliani (che una volta veniva chiamato beatamente Dolcetto) e il suo territorio. L’idea mi è venuta grazie a Pinterest e originariamente avrei dovuto catturare il sole al tramonto che va a morire nel terzo bicchiere (quello con il vino rosso). Un romanticismo pacchiano ed esasperato che trovava la sua sublimazione nel sole che tramonta nel vino, simbolo della vita e dell’amore per la bevanda di Bacco (anche poeta!). Ma quando serve a me (che non fotografo tramonti) la nostra stella (che sa benissimo che non fotografo tramonti) ha pensato bene di eclissarsi per tre giorni consecutivi nelle nuvole verso le quattro del pomeriggio. Grazie. E quindi mi sono dovuto limitare a qualcosa di meno cafone e più prosaico. Sicuramente con il sole nel bicchiere avrei trionfato a mani basse, ma la sfortuna ci vede benissimo (questo ultimo pensiero è ironico). Sono due foto simili, ma scattate con 2 obbiettivi e una diversa apertura di diaframma: la prima con il 24/70 a 39mm e diaframma chiuso a f/11 per esaltare la nitidezza, la seconda con il 50 a diaframma completamente aperto e fuoco sull’ultimo bicchiere per evidenziare l’effetto sfuocato. Ho pulito lo sporco sui bicchieri in post produzione (dopo ogni scatto sbagliato bevevo un bicchiere e mi è servita una bottiglia intera per trovare la composizione giusta) e esaltato leggermente il rosso delle foglie. Io personalmente preferisco la versione sfuocata, ma è un vezzo quello di amare particolarmente la bassa nulla profondità di campo. Colgo l’occasione per ringraziare l’azienda vitivinicola Bricco del Cucù che mi ha permesso di fotografare nelle loro vigne. Gentilissimi (e producono un vino sublime).
Domenica scorsa, con il gruppo vacanze di MondovìPhoto, siamo scegli nelle viscere del Monferrato, alla scoperta dei celebri Infernot, nominati patrimonio dell’Unesco nel 2014. Non voglio soffermarsi sulla bellezza e sulla storia di queste straordinarie cantine del sottosuolo, d’altronde non sono una guida turistica (seguite il link), ma preferisco spiegare le difficoltà che si incontrano quando, oltre ad ammirare l’opera dei contadini del Monferrato, si cerca di fotografare al buio quasi totale. Meglio se in dieci in uno spazio di 20 metri quadrati avendo a disposizione solo qualche minuto. Ho scelto 9 foto scattate negli Infernot di Cella Monte, e per queste 9 foto sono riuscito ad utilizzare 4 obbiettivi diversi: 50, fish-eye, 24-70 e 16-35. Non male, lascio a voi capire quali foto, con quale mezzo. Tutte ovviamente scattate con il treppiede e lunghe esposizioni: la luminosità non è elevatissima, eufemismo, e quasi sempre è necessario arrivare a 10-15 secondi, talvolta anche oltre (sempre mantenendo gli ISO nel limite della decenza tecnica). Sarebbe bello poter dedicare ad ogni singolo Infernot più tempo e studiare qualcosa di più elaborato, giocando con luce ed ombra, ma sono foto di viaggio e il tempo è quasi sempre tiranno. Colgo l’occasione per ringraziare Domenico Rota, il nostro amico casalese (si dice così?), che è riuscito ad organizzare una due giorni unica e incredibile. GRAZIE.
Col termine piemontese infernòt si indica un locale sotterraneo costruito scavando a mano una particolare roccia arenaria, la pietra da cantoni, o in tufo e solitamente adibito a cantina o dispensa. Caratteristica comune a cantine e infernòt è l’assenza di luce e di aerazione diretta. L’infernòt si distingue tuttavia dalla cantina vera e propria, rispetto alla quale occupa in genere una posizione inferiore e svolge una funzione sussidiaria, concentrata sulla conservazione del vino imbottigliato.
E probabilmente non sono nemmeno Barrique. Queste sono più grandi, sono tipiche botti piemontesi. Ma barrique è una definizione straniera, è più incisiva, più altisonante: invecchiato in barrique, riempie la bocca e migliora la qualità del vino. Semplicemente a pronunciarla. Siamo a Tenuta Carretta, a Piobesi D’alba. Ed io ero alla seconda cantina della giornata, dopo il pranzo, con la neve, il freddo, la Mora di Sassi in corpo e la stanchezza. Perdonate la scarsa qualità. Della foto, non certo del vino. :-)
Oggi pomeriggio (complice il giorno di festa) abbiamo deciso per una gita fuori porta e siamo andati a Barolo. Volevo fotografare i vigneti in autunno e bere del vino buono. Purtroppo una foschia davvero fastidiosa mi ha impedito di scattare come e quanto volevo (ma non mi ha impedito di mangiare divinamente e di bere dell’ottimo Barolo); abbiamo optato però per la visita al celebre e nuovissimo museo del vino (WiMu – Wine Museum) nel castello di Barolo. La delusione è stata formidabile: niente di quello che ho visto ha colpito la mia attenzione e penso che il museo sia una fantastica presa per i fondelli (per i turisti). Unica nota positiva questa foto ad una ‘finta‘ serie di barrique: l’effetto scenico è aumentato da una buona quantità di specchi posizionati strategicamente. La sala era praticamente buia, ho fotografato in manuale con un tempo di 5 secondi (ISO 400) a f/4: avevo con me il GorillaPod e sono riuscito ad agganciarlo alla ringhiera che delimitava la zona. Bisogna sempre avere un cavalletto. ;-)