La vibrazione sfacciata della pietra, un’epoca lontana ma ancora intatta e quel modo che hanno le torri di farsi guardare.
Sono uno da castelli, io.
– Fabrizio Caramagna
La vibrazione sfacciata della pietra, un’epoca lontana ma ancora intatta e quel modo che hanno le torri di farsi guardare.
Sono uno da castelli, io.
– Fabrizio Caramagna
Qualche giorno fa leggevo una bellissima intervista a Giacomo Doni, uno dei precursori italiani dell’urbex, ma soprattutto colui che ha contribuito, fotograficamente e non solo, alla riscoperta dei manicomi abbandonati. E sono tornato ad osservare le mie foto al manicomio di Racconigi e, se proprio devo fare una classifica del reportage urbex (anche se nessuno me lo chiede), quello negli ospedali psichiatrici è forse il più vero e importante. Sono stato diverse volte dentro il manicomio di Racconigi, ma poi in realtà ho pubblicato solo le foto della prima incursione. Queste risalgono all’anno scorso, la mia prima esperienza con la EOS R, e devo ammettere che le trovo per certi versi molto reali, molto improntate alla ricerca dell’atmosfera e un po’ meno alla spettacolarizzazione del luogo. Forse non tutte se devo essere sincero, ma in molti casi trovo che in queste immagini diano davvero l’idea del tempo passato e dell’ambiente decisamente triste e ostile. Per questa volta, in esclusiva per i miei affezionati lettori, eviterò la famigerata citazione di Alda Merini. Contenti?
Queste foto sono un po’ strane, sono una specie di anticipazione bizzarra. Le ho scattate al manicomio di Racconigi il giorno della maratona fotografica, correva l’anno 2019; è raro trovare un mio scatto urbex in bianco e nero, ritengo che il genere richieda il colore (lascio le eccezioni al ritratto), ma per una volta ho deciso di fare uno strappo alla regola. Le ho presentate in concorso (non tutte in realtà), quasi per gioco, per provocazione: anziché esaltare le bellezze ho preferito puntare il dito sulla piaga. Risultati scarsi ovviamente, ma questo anche per colpa della Canon EOS 77D che quel giorno sostituiva l’ammiraglia in riparazione post-trauma. Nelle prossime ore tornerò in modo ampio sull’argomento Fabbrica delle Idee, ergo possiamo tranquillamente definire queste immagini come una sorta di prologo.
E poi ti capita di imbatterti in qualcosa di sconcertante. Si, il termine sconcertante è sicuramente quello più adatto: nel nulla, in mezzo ai rovi, vicino alla periferia di una grande città. Una villa, apparantemente in costruzione, ma in realtà abbandonata da tempo. Muri senza intonaco, pavimenti in cemento, mattoni a vista. E poi questa stanza incredibile, completamente affrescata: un pugno nello stomaco che non ti aspetti. Difficile da fotografare, forse in questo caso un video riuscirebbe a rendere meglio l’idea: un abozzo di camino, quattro finestre, edera che invade e riconquista il suo spazio. Per riuscire nell’impresa di rendere giustizia al posto ho scattato con il 15-35 a F/8 iso 100: treppiede e bracketing di 5 scatti (dando prevalenza al sottoesposto) poi uniti in HDR. Anche con il fish-eye.
Il Night Glow è diventato appuntamento classico del raduno delle mongolfiere: quest’anno si è scelto come accompagnamento la colonna sonora di School of Rock e mai abbinamento fu più azzeccato. Ero più interessato alla musica che alla fotografia. Sono andato a rileggere le considerazioni di due anni fa (in colpevole ritardo) e sono arrivato alle stesse conclusioni sulla configurazione per scattare: questa volta ho alzato maggiormente gli ISO, perchè la macchina lo permette e perchè ho dovuto utilizzare un diaframma più chiuso, e credo che le foto siano migliori rispetto al 2017. Ho provato ad includere la Torre dei Bressani nell’inquadratura e credo che sia stata una scelta indovinata, ma anche il fish-eye ha il suo fascino. Sempre.
Quest’anno anticipo e parto a marce altissime. E per il secondo anno consecutivo prendo il via con una foto scattata con il fish-eye: è il chiostro del Santuario di Vicoforte il giorno di Natale ripreso con il Samyang 12mm f/2.8 ED AS NCS (quante sigle). Perchè questo tipo di obbiettivo, se usato con parsimonia, sa sempre regalare grandi soddisfazioni. E’ la mia prima ottica non originale Canon dopo tantissimo tempo e devo ammettere che questo Sammy (nomignolo affettuoso che viene dedicato alla casa coreana) riesce a sfornare foto di altissima nitidezza e qualità, il tutto nonostante un prezzo decisamente abbordabile. E buon anno, si parte con una foto dalle caratteristiche fortemente religiose, ma speriamo di migliorare. :)