Il progetto si chiama Cuneo Città Futura ed è organizzato dalla fondazione CRC. La realizzazione tecnica è del designer Alessandro Marrazzo, un guru del settore: regista, scenografo, show designer, lighting designer, sceneggiatore e autore televisivo. Il progetto riguarda 10 luoghi della Granda: sei a Cuneo, una a Mondovì, due ad Alba e una a Bra.
E il tema, per la Torre di Mondovì, non poteva che essere quello del tempo: la videoinstallazione sarà collocata sulle pareti della Torre con un’illusoria videoproiezione 3D per indagarne segreti e meccanismi. Un’installazione ispirata al “Long Now”, l’orologio millenario di W. Daniel Hillis (esposto allo Science Museum di Londra) che non misura il tempo in ore e minuti ma in secoli e millenni. Con videoproiettori “21k”, diffusori audio, luci architetturali, proiezioni “gobos” e luci teste mobili. Una Torre del Belvedere come non si è mai vista prima, e come probabilmente mai più si vedrà.
Ho dovuto aspettare qualche giorno, ma ieri sera mi sono appostato al Belvedere e ho fotografo l’installazione sulla Torre dei Bressani. Freddo pungente, ma non inaspettato. Ho scattato con il treppiede cercando di posizionarmi più in alto possibile, ISO decisamente fastidiosi (800-3200), tutta apertura (f/2.8) e tempi di esposizione lenti (1/15). La torre è altissima e per riuscire a dare un senso alle immagini ho dovuto ricorrere ad una trasformazione piuttosto pesante. Mi piacerebbe tornarci per trovare qualcosa di più artistico e meno giornalistico. Ho tempo sino al 21 novembre.
Il belvedere di Mondovì e la sua Torre Civica rappresentano lo scenario ideale per parlare del tempo. In un’atmosfera carica di suggestioni oniriche, l’antica torre con il suo passato, ora diventa protagonista del futuro e si veste di luce per diventare macchina del tempo dai rintocchi digitali.
Un’illusoria videoproiezione 3d scava nei segreti del tempo e dei suoi meccanismi. Suoni unici e irripetibili, luci e colori si trasformano in parole sussurrate dal futuro. Il pensiero dell’installazione è generato dalla tradizione storica della città e dalla notizia dell’orologio dei 10000 anni.
«Voglio costruire un orologio che fa tic una volta l’anno. Il braccio dei secoli avanza una volta ogni cento anni, il cucù viene fuori ogni mille anni. Voglio che il cucù venga fuori ogni millennio per 10.000 anni. Se mi sbrigo dovrei farcela a finire l’orologio in tempo per far uscire il cucù la prima volta.» (W. Daniel Hillis)
L’Orologio Long Now, traducibile in italiano con “Orologio del lungo presente” e detto anche ”Orologio dei 10.000 anni”, è un orologio meccanico progettato per segnare il tempo per i prossimi 10.000 anni. È stato realizzato dalla Long Now Foundation.
Il progetto è stato concepito da Danny Hillis nel 1986 e il prototipo ha iniziato a funzionare il 31 dicembre 1999, giusto in tempo per il capodanno del 2000. A mezzanotte l’indicatore della data è passato da 01999 a 02000, e la campana ha rintoccato due volte per annunciare il termine del secondo millennio. Il prototipo alto circa due metri è ora esposto allo Science Museum di Londra.
Per un mese, dal 23 ottobre al 21 novembre, la Torre del Belvedere di Mondovì Piazza verrà fasciata da giochi di luce. Una fantasmagorica proiezione 3D, un’illusione ottica che avvolgerà il monumento e lo “trasformerà” in un dedalo di ingranaggi fra tecnologia e leggenda, per riprodurre l’incredibile “orologio che misura i millenni”.
Le ferrovie sono qualcosa di sorprendentemente silenzioso, quando non ci passa sopra il treno.
– Haruki Murakami
Un altro giorno un’altra ora ed un momento
Dentro l’aria sporca il tuo sorriso controvento
Il cielo su Torino sembra muoversi al tuo fianco
Tu sei come me
– Subsonica
There was never a night or a problem that could defeat sunrise or hope.
– Bernard Williams
Questa mattina levataccia per fotografare l’alba che dalle avvisaglie meteo poteva essere interessante. Mi sono arrampicato sino al Sacrario di Bastia e ho fotograto le Langhe nella direzione opposta. Treppiede, tempi lunghi e polarizzatore (anche se nel caso è servito a poco), anche triple esposizione: ma ho preferito alzare le ombre (troppo) ed evitare l’utilizzo dell’HDR. Questo mi ha creato un rumore eccessivo nelle zone scure, ma nel caso non è un fattore importante (credo). Anzi, adoro l’aurea che conferisce alle foto.
Fare questa foto (ma anche quelle di ieri) è stata un’impresa decisamente faticosa. Avevo individuato un’ansa del Tanaro molto interessante, a metà fra Clavesana e i celebri Calanchi. Ma fra il dire, il programmare e il fare, ci sono di mezzo boschi e rovi. Purtroppo non ho avuto modo di organizzarmi: il cielo perfetto è arrivato quando meno me lo aspettavo in un pomeriggio di metà luglio. Ma sono preparato e ho sempre con me tutto il necessario: macchinafoto, treppiede, filtri, zaino, copertura antipioggia e fantastici copriscarpe in gomma (assolutamente consigliati, mai più senza). Sotto la pioggia e nel fango sono riuscito, con un certa dose di fatica, a raggiungere la zona prescelta. Ho fotograto in 40 centimetri d’acqua con tempi decisamente lunghi: questa è 25 secondi, ma sono arrivato anche a 2 minuti di esposizione (con ND1000 e pola) giusto per sentirmi un po’ Michael Kenna (e nel frattempo mandavo posizione GPS e foto a casa in caso potessi risultare disperso). Il problema è stato tornare: ho sbagliato strada (ottimo senso dell’orientamento) e mi sono trovato dentro una foresta di rovi, completamente bagnato, con i pantaloni corti. Ho portato i segni dell’avventura per circa 2 settimane: e poi dicono che la fotografia non è pericolosa, ma d’altronde il pericolo è il mio mestiere.
Qual è la cosa che ti farebbe più felice al mondo?
Un bacio sotto le stelle. E tu?
Che venga notte.
– Marcos Ley
Ultimamente ho questa voglia pazza di scattare con treppiede e tempi lunghi di esposizione nei luoghi di culto e visitare la chiesa del Gesù a Genova (fra Piazza de Ferrari e Via San Lorenzo) è stato un urlo liberatorio. Appena ho varcato il portone d’ingresso ho capito come avrei scattato: ho inserito la colonna corta sul treppiede, ho appoggiato la macchina.foto praticamente per terra e ho impostato f/11 in priorità di diaframmi con il fish-eye a 15mm. Dopo un paio di tentativi (manovrare la macchina da quella posizione è molto complicato) ho trovato la giusta composizione e prospettiva; la foto è quasi zenitale (se mi concedete il paragone).
La chiesa del Gesù è un’altissima espressione del barocco internazionale a Genova, con opere di Rubens, Vouet e Carlone. Nello sfarzo di ori, stucchi e marmi policromi, negli arditi scorci degli affreschi dei fratelli Giovanni e Giovan Battista Carlone l’interno della chiesa rappresenta un prestigioso esempio di barocco genovese, quando le più importanti famiglie aristocratiche della città chiedono ai più celebri artisti di decorare le cappelle di famiglia. Il luogo sacro racchiude capolavori assoluti, come la Circoncisione e il Miracolo di Sant’Ignazio di Peter Paul Rubens e l’Assunzione di Guido Reni. La basilica assume le attuali forme e il nome di Chiesa del Gesù dopo la grande ricostruzione del XVI secolo ad opera della Compagnia di Gesù, su progetto di Giuseppe Valeriano, pittore, architetto e padre gesuita. L’edificio sacro è intitolato ai Santi Ambrogio e Andrea, poiché la chiesa originaria del VI sec. era dedicata ad Ambrogio vescovo di Milano, rifugiatosi a Genova in fuga dal sacco longobardo di re Alboino. Da non perdere anche dipinti e affreschi di molti importanti pittori della scuola genovese e non solo. Tra gli altri: Domenico Piola, Domenico Fiasella, Valerio e Bernardo Castello, Giovanni Andrea e Lorenzo De Ferrari, Domenico Scorticone, Andrea Pozzo e Simon Vouet. (from
visit Genoa)