Talvolta la fotografia può diventare anche un modo per imparare qualcosa, per conoscere, per approfondire. Durante il mio viaggio a Napoli di qualche mese fa ho fotografato -udite udite con lo smartphone– un murale molto particolare che ricopriva un intero palazzo. Sul momento non ho indagato, ma quando ho ricontrollato le immagini mi sono accorto di una firma: Leticia Mandragora. Sul momento il nome non mi ha detto nulla, ignoranza cosmica, e sono andato a cercare: ho scoperto un’artista straordinaria, autrice di diversi murales nella città partenopea, fra cui sicuramente il più celebre è quello di Diego D10S Armando Maradona (ma anche Sophia Loren per citarne un altro).
Quando si parla di viaggio la mia mente torna sempre al concetto di piazza, mi piace legare le città che visito alla loro piazza più importante. E quasi sempre i ricordi si perdono in mezzo a questi spazi immensi, per esempio non riesco a dimenticare Praça do Comércio a Lisbona oppure Piazza Ducale a Vigevano (e vorrei tornarci). Se invece penso a Verona la mia memoria non è legata a Piazza Bra, dove per intenderci si trova l’Arena, ma per uno strano gioco della memoria sono affascinato da Piazza delle Erbe. Probabilmente perché nel mio primo stop a Verona ero rimasto colpito dal fermento, dai giovani, dai locali e dall’allegria che avevo riscontrato fra i palazzi di questa piccola (se paragonata alle altre), ma meravigliosa piazza. Ma in fondo è il cuore di Verona, la più storica, qui si trova l’antico palazzo del comune, Palazzo Maffei, la torre dei Lamberti, la colonna con il leone di San Marco e la celebre fontana sormontata dalla statua denominata Madonna Verona. E quando la scorsa estate sono tornato, con in mente la fotografia, la mia prima idea era proprio di fotografarla in notturna. Ho dovuto attendere, perché al mio arrivo la confusione del mercato era ancora molto presente, ma sul tardissimo (le foto sono scattate a mezzanotte) sono riuscito a fotografarla come nella mia mente avevo immaginato.
In questi giorni sono stati nominati i vincitori del Sony World Photography Awards 2024 e nella categoria Natural World & Wildlife ha trionfato il britannico Ian Ford con una incredibile immagine di un giaguaro che azzanna un caimano. La bellezza di questa foto si definisce per via di un’illuminazione praticamente perfetta (forse troppo perfetta) e per il fatto che il giaguaro rivolge lo sguardo al fotografo, come se recitasse una parte.
Quando guardiamo le foto ormai il nostro primo pensiero è subito rivolto all’elaborazione digitale e nell’ultimo periodo ho visto, anche in ambiti di basso livello, foto meravigliose, momenti irripetibili catturati con estrema facilità e il sospetto ormai è sempre presente. E questo sospetto rovina e rende poco credibile qualsiasi immagine, si è persa la certezza del legame tra fotografia e realtà. Come sostiene Dario Bonazza basterebbe avere l’onestà di dichiarare se si tratta di una foto oppure di una sintografia, ma nel nostro mondo questa onestà non è nemmeno auspicabile; serve al più presto una funzione digitale, una firma non cancellabile che permetta subito di comprendere l’origine di un’immagine, che certifichi che quella fotografia è vera, non creata dal computer. E se questo non succederà ci troveremo a navigare in un mondo di falsità e sospetto.
Nel breve e rapido passaggio a Sorrento non poteva mancare la sosta per acquistare il celebre limoncello (spoiler: attenzione a non chiamarlo limoncino). Ovviamente, senza troppe informazioni, ci siamo fermati nel negozio più commerciale dell’intera zona: il conosciutissimo Limonoro. Ammetto che la scelta è stata parzialmente condizionata dalla gente all’interno del locale, ma soprattutto per la bellissima vetrina: non è passata inosservata al mio occhio (sempre vigile) l’immagine della ragazza che con la reflex fotografa un modello sotto un sole giallo limone. Il limoncello è molto buono e la gentilezza del personale fuori scala: a furia di assaggi sono uscito dal negozio completamente ubriaco e con 4 bottiglie (ottima la crema).
Titolo completo dell’opera: La magia di un bacio, sotto la neve, a Piazza. Ho scritto opera in modo un po’ pomposo perché in questi giorni, discutendo di fotografia, sento tanto parlare di artisti e opere, ho quindi deciso di salire anche io sul carro (infatti sui social, caso eccezionale, la foto è firmata).
L’atmosfera è meravigliosa, un ragazzo suona il piano sotto i portici, la neve scende lenta e colorata, le persone guardano in aria come circondate da un’aurea di estasi. Salgo sui gradini della Chiesa della Missione per trovare un punto di vista alternativo e mi accorgo di due ragazzi che, abbracciati, camminano a una ventina di metri da me in mezzo alla neve. Non sono timido e grido ad alta voce: “Ciao, scusa, siete fidanzati? Potete darvi un bacio romantico per una foto?”. Ho dovuto dirgli di smettere altrimenti avrebbero limonato tutta la sera. Nel frattempo passano due signori più anziani e mi gridano, con malcelata ironia: “Dobbiamo baciarci anche noi?”. È un gesto d’amore, perché no?
Il primo dell’anno provo sempre a scattare una foto da pubblicare -quasi- in tempo reale. Ma oggi no, non ho nessuna intenzione di sfidare pigrizia e mal di testa, e quindi propongo uno scatto di archivio, ma molto recente: Mondovì Piazza illuminata dal mapping immersivo natalizio che quest’anno è dedicato alle mongolfiere. Mi piace utilizzare quest’immagine perché Mondovì Piazza è un po’ il presente e, soprattutto, il futuro del mondo conosciuto, da qui si dipana la strada che porta al nuovo che avanza. E buon anno a tutti Voi.