Quest’anno mi sono messo in testa di realizzare un reportage totale della Fiera del Bue Grasso di Carrù, arrivata ormai alla 112ª edizione. E vero, c’era anche una Maratona Fotografica con un montepremi importante, ma ho preferito comunque concentrarmi sul discorso completo per poi eventualmente estrapolare le 4 foto (pochissime, ho scelto queste: 1–2–3–4) che potessero raccontare almeno parzialmente la manifestazione.
Poi sono andato in paese, ho osservato una parte della colazione a base di trippe e bollito, salutato l’amico Beppe Cravero del ristorante Vascello D’oro (ho notato, con orgoglio, che conserva una mia foto dello scorso anno all’entrata del ristorante), bevuto un paio di bicchieri di Barbera a stomaco vuoto e quindi sono andato di corsa ad assistere all’arrivo, alla preparazione e alla pesa dei buoi sotto l’ala del mercato di Carrù. Terminate le operazioni di preparazione, e mentre la giuria decideva i vincitori, ho camminato lungo le vie del paese alla ricerca dei famosi suonatori: e qui c’è un mondo di persone allegre che intrattiene gli astanti con canzoni popolari tipiche della zona; non sono un esperto, ma la celebre madonnina dai riccioli d’oro l’ho ascoltata almeno un paio di volte (e da allora non riesco a smettere di cantarla)(d’altronde deve far vincere il Toro). Quindi dopo la colazione (alle 10) sotto il tendone a base di bollito e bagnèt verd con gli amici di Igers Piemonte, sono tornato in centro proprio mentre iniziava a nevicare in modo insistente: questo ha rovinato la premiazione (e il mio rientro a casa), ma un paio di immagini credo sia necessario pubblicarle per completare il reportage che si chiude, ovviamente, con l’addio degli animali e il rientro a casa dei suonatori.
La Chiesa della Confraternita di San Giovanni Battista Decollato (definita anche dei Battuti Neri) si trova nel pieno centro di Carrù. La fondazione della Confraternita risale al 1616, mentre il rifacimento della Chiesa venne eseguito nella seconda metà del ‘700 ad opera dello scenografo/quadraturista Nicolao Dallamano, figlio di Giuseppe (non è un’informazione significativa, ma ho trovato ovunque questa discendenza e credo sia giusto riportarla). La definizione Battuti Neri deriva dal colore delle cappe dei membri della confraternita (nere appunto), il termine battuti invece perché durante le processioni si autoflagellavano. A Carrù esiste anche la confraternita dei Battuti Bianchi, all’incirca stesso periodo storico. Immagino dovesse essere un momento molto buio per il paese. L’interno della chiesa di San Giovanni Battista Decollato è qualcosa di meraviglioso e piange il cuore a pensare che al momento è utilizzata come semplice magazzino dalla parrocchia. Però è un gran bel magazzino, per certi versi scomodo, ma di lusso dal punto di vista estetico.
Entrare nei Battuti Bianchi di Carrù è un’esperienza sempre interessante. Non è vero urbex in quanto la chiesa, dedicata a San Sebastiano, è in fase di recupero grazie all’associazione Amici di Carrù che sta cercando di portare avanti un progetto alternativo come sede espositiva. Certo che i segni tipici dell’abbandono ci sono tutti e l’atmosfera è proprio quella dell’esplorazione urbana: ma entrare dalla porta secondaria con la chiave toglie un po’ di fascino all’esperienza. Un’ultima informazione prima dei cenni storici: dal 17 al 25 settembre 2022, in questa meravigliosa e importante location, verrà esposta Herem. Vi aspettiamo amici carruccesi. :-)
La Chiesa della Confraternita dei Battuti Bianchi, dedicata a San Sebastiano, si affaccia sull’attuale piazza Dante all’imbocco con via Mazzini (antica via della Piazza). La fondazione della Confraternita, che si occupava di bambini poveri e orfani, assisteva malati e diseredati, è antecedente il 1528, quando documenti ne attestano l’esistenza: l’antica sede del sodalizio sorgeva a levante della parrocchiale e fu abbattuta dopo la costruzione dell’attuale edificio. Nella seconda metà del ‘700, dopo un progetto di B.A. Vittone, rifiutato perché troppo grandioso, fu chiesta a Filippo Nicolis di Robilant (1723-1783) la pianta dell’attuale edificio, ch’egli risolse con singolare ingegno e straordinario gusto scenografico, avvezzo com’era all’elaborazione di apparati per i teatri e le feste di Corte. Il cantiere di costruzione si protrasse dal 1765 al 1774 e si avvalse dell’opera dello stuccatore F. Barelli; nel 1776 il pittore Toscanelli ne decorava pareti e soffitti con una sensibilità ed un’eleganza verosimilmente suggerite ancora dal Robilant. Successivi interventi decorativi (fratelli Prinotti, primo ‘900) reinterpretarono e coprirono parte delle antiche pitture che, fortunatamente, riaffiorano per la caduta di frammenti di colore. Il coro, con stucchi di N.Soleri, fu aggiunto tra il 1846-47 su disegno dell’architetto monregalese G.B. Gorresio. L’oratorio di San Sebastiano raccoglieva le famiglie di più antica storia presenti in paese: non a caso anche i Conti Costa della Trinità, Signori di Carrù (una tra le famiglie più in vista presso la Corte Sabauda) era legatissima a questa chiesa e fu Vittorio della Trinità, Viceré di Sardegna e Priore della Confraternita, ad invitare a Carrù l’amico Robilant, pagato dai confratelli con “regali di trifole, salmate di vino bianco, robiole, pescarie e volatili”.
Giovedì 16 Dicembre ho partecipato attivamente alla 111ª edizione della Fiera del Bue Grasso di Carrù. Per attivamente, evidenziato, intendo dire che mi sono presentato in paese alle 5 del mattino, ho fatto la tipica colazione a base di minestra di trippe e gran bollito misto nello storico ristorante Vascello d’Oro (alle ore 6 antilucane), quindi assistito all’arrivo del buoi in piazza, visto la premiazione, mangiato per pranzo all’Osteria del Borgo (nuovamente trippe e bollito), visita del paese e giro Fiera/Mercato. In mezzo a tutto questo ho anche partecipato alla Maratona Fotografica interpretando tradizione, convivialità e atmosfera con un reportage di 4 fotografie. La mia idea di base era rappresentare la celebre colazione fotografando Beppe Cravero (storico titolare e cuoco del Vascello d’oro) e i suoi ospiti; ho scelto 7 foto (che ho successivamente ridotto a 4 per il concorso) che credo riescano a raccontare in modo completo l’atmosfera di questo particolare giorno e di questa storica tradizione. Il mio intestino ringrazia e continua a lamentarsi a distanza di 60 ore.
Non sono solito fare gli auguri per la Pasqua, ma il cristo è risorto e credo sia il caso di festeggiare; anche se in quarantena, chiusi in casa e con l’arrivo di quella che potrebbe essere la peggiore crisi economica del secolo. Il protagonista della foto è un simpatico coniglietto pasquale (forse), in realtà sembra più a un serial killer psicopatico da fumetti giapponesi, ma non è il caso di fare le pulci alle immagini. E’ una foto che ho scattato l’anno scorso in un capannone abbandonato vicino a Carrù: adesso è stato demolito, credo per costruire una rotonda. E colgo l’occasione per augurare una serena Pasqua e Pasquetta a tutti.
Gelo è davvero dappertutto. Ultimamente vedo i suoi lavori praticamente ovunque, forse anche per la mia propensione a passare per luoghi e muri abbandonati. E devo ammettere che rimango sempre colpito dai suoi graffiti, sicuramente di altissimo livello (anche se non sono certo un fine intenditore). E proprio ieri sono entrato in un magazzino davvero particolare: bombolette impilate, un parete in legno con scritto gelo è dappertutto e tantissimi graffiti. Quasi una composizione scenica appositamente studiata; ho fatto una piccola ricerca e ho scoperto che qui hanno registrato il video di Cobra, l’ultimo/penultimo pezzo di Vheno, tratto dal mixtape Nemesi, e realizzato proprio in collaborazione con Gelo. E l’effetto è stato davvero straniante, ho avuto l’idea che la scenografia stesse proprio aspettando il sottoscritto. Ma d’altrocanto anche io ho il veleno sotto pelle.
Sempre col veleno sotto pelle come cobra
faccio un backflip così scappo dalla moda
sono un argentone perchè non vi lascio spazi
impara il copione write alla nazione
L’ACSA è una vecchia acciaieria in stato avanzato di abbandono. Si trova sulla fondovalle, a Carrù. E’ lasciata al suo degrado da quando, verso la fine del secolo scorso, venne chiusa dalla Guardia Forestale di Brescia per il reato di “lavorazione di rifiuti speciali”. Le indagini non portarono a nulla e il fabbricato venne dissequestrato nel 2004. Recentemente la procura di Brescia ha comunicato di aver tolto i sigilli ai materiali depositati nel sito, ma la situazione è diventata ingestibile. Per fotografare ho usato una mascherina per proteggere le vie respiratorie, probabilmente non mi sarà servita a nulla ma la quantità di polvere di materiali ferrosi all’interno è incredibile, e genera un po’ di preoccupazione: respirare è difficile; ho scattato quasi 100 foto (con tre obbiettivi diversi) in tempi record. La domanda nel 2018 è: chi deve smantellare? Una storia di indagini, degrado e ingiustizie all’italiana, una delle tante.