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La maison de la star du Porno
POSTED ON 11 Set 2024 IN Reportage     TAGS: URBEX

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Lolo Ferrari, pseudonimo di Ève Geneviève Aline Vallois, è stata un’attrice, attrice pornografica, ballerina e cantante francese di origini italiane. Dopo aver lavorato come modella, all’inizio degli anni ’90 si sottopose a 22 operazioni chirurgiche per aumentare le dimensioni del seno (Lolo in francese è il vezzeggiativo di tette), portandolo a una grandezza di 180 cm: il Guinness dei primati la ricorda per questo come la donna dal décolleté più grande di tutti i tempi.

La leggenda vuole che l’ultima coppia di protesi, riempite di soluzione salina invece che di silicone per evitare il rischio di overdose in caso di rottura, sia stata realizzata da uno degli ingegneri che hanno progettato il Boeing 747. Pesavano 2,8 Kg l’una e costringevano Lolo a indossare un reggiseno taglia 36 coppa T, anche questo progettato apposta per lei.

Verso la fine del secolo scorso, grazie al suo enorme seno, divenne molto famosa e recitò in diverse produzione pornografiche. Provò anche la strada del cinema impegnato e incise due dischi che ebbero un discreto successo in Francia. Ma nel frattempo la depressione, che la perseguita sin da giovane, iniziò a prendere connotati troppo importanti. Il 5 marzo del 2000 viene trovata una mattina priva di vita nel suo letto, nella casa che divideva con il marito. Le cause del decesso furono attribuite a un’overdose di antidepressivi, ma i dubbi non furono mai realmente fugati.

Cosa abbia ucciso veramente Eva Valois, in arte Lolo Ferrari (e ci sarebbe l’imbarazzo della scelta) è uno dei misteri dello showbiz che mai si risolverà.

Sono passati 24 anni da quel giorno e la Villa di Lolo Ferrari è rimasta immobile, immutata nel tempo. Una delle esplorazioni più assurde che abbia mai fatto: il termine kitsch impregna le pareti, i mobili, qualsiasi angolo della casa. Tutto quanto è rosa, assurdo, eccessivo. Non fosse per i preservativi sul letto di una delle due stanze del piano di sopra (scaduti nel marzo 1998) potrebbe sembrare l’assurda casa di Barbie. Per qualche minuto mi è sembrato di essere fuori dal tempo, in un’epoca lustrini e pailettes colorata di rosa e senza senso alcuno.

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La Villa Addormentata
POSTED ON 3 Set 2024 IN Reportage     TAGS: URBEX

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Non di rado mi capita di paragonare, nella mia mente malata, alcune esplorazioni urbex al gioco “Indovina Chi?”. Non è colpa mia in realtà, è un modus operandi che nell’ambiente viene definito come collezionismo di figurine: ogni location celebre esplorata è un personaggio del gioco da tavolo che cade, che viene scoperto. E quando sono uscito da questa villa, il cui nome vero è Villa La Bastia, mi è sembrato veramente di eliminare una carta dal gioco, di aver abbattuto con il dito un personaggio, di aver scoperto finalmente una figurina che mi mancava da tempo e che non riuscivo a trovare. Anche perché il mazzo è enorme e i personaggi sono tantissimi.

Villa La Bastia è molto conosciuta, costruita nel 1512 su i resti di una torre di guardia del 1100 per volere della nobile famiglia di Puccio Pucci, acerrimi nemici dei Medici, venne a loro confiscata insieme a tutti gli altri possedimenti da Cosimo I de’ Medici avendo i Pucci partecipato alla congiura contro di lui (detta appunto Congiura dei Pucci) nel 1559. Cosimo trasmette in dote i possedimenti dei Pucci all’ordine dei Cavalieri di Santo Stefano di Pisa che amministreranno queste proprietà fino alla metà del Seicento. Intorno al 1650, per opera dei Conti Orladini, la Villa subirà enormi lavori di ampliamento e ristrutturazione e diventò una lussuosa abitazione ci campagna. Nel 1852 il conte Fabio Orlandini, sommerso dai debiti, vendette l’intero complesso ad un personaggio di spicco dell’economia empolese, Amedeo Del Vivo. Fu in questo periodo che la villa venne ammodernata e i suoi ambienti decorati finemente con affreschi e trompe l’oeil rendendo le stanze confortevoli e sobriamente lussuose. Nel secolo scorso venne ceduta ad una società che manifestò l’intenzione di costruire un residence di lusso. Purtroppo l’interesse non si concretizzò e da oltre 20 anni villa La Bastia giace addormentata ed impotente di fronte al suo declino mostrando ampiamente le ferite che l’abbandono le ha procurato.

Riuscire a varcare il portone di ingresso per esplorare Villa la Bastia, in rigoroso silenzio e con il massimo rispetto, è stato molto complicato dal punto di vista fisico. In estate la vegetazione tende ad essere espansiva e molto rigogliosa e per arrivare al sogno (forse sto esagerando) abbiamo dovuto scalare una montagna e superare la foresta amazzonica (tipo in Fitzcarraldo) (è ufficiale, ho esagerato). Rovi e zanzare non sono fedeli compagni degli urbexer, anzi, a fine estate ho una quantità di graffi come se fossi il maggiordomo degli Aristogatti. Quando sono entrato però ho compreso che la figurina conquistata era una di quelle importanti: pur essendo spoglia e in grave decadimento strutturale Villa la Bastia è una meravigliosa e anziana signora che rivela una magia e una storia senza uguali, e quando con il dito ho eliminato quel personaggio di “Indovina Chi?” il suono è stato più armonioso del solito. Poi dopo tutta questa meraviglia, e 472 foto, era necessario tornare a ritroso verso la macchina con lo zaino, il treppiede, nel primo caldissimo pomeriggio dell’estate. Quando siamo arrivati finalmente a destinazione, dopo essermi perso -io- un paio di volte in mezzo a quella sorta di Death Valley, abbiamo preso i nostri panini e la nostra acqua, ci siamo seduti sugli scalini di un piccolo portone, ci siamo guardati e siamo scoppiati a ridere: sudati, spettinati, sporchi di polvere e terra, stanchissimi, un ragno fra i capelli, vestiti come scappati di casa, io graffiato ovunque, Lorena invece no perché fa andare avanti me. Nonostante il caldo e la fatica però è stato bello, anche questo è il fascino dell’esplorazione urbana.

[…] alcuni pavimenti non invitano al passaggio anzi lo sconsigliano assolutamente ma nonostante tutto ciò il suo fascino è ancora irresistibile e lo spirito del viandante dell’abbandono ne può solo trarre profonde e struggenti emozioni.

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La fatiscente Villa Cenere
POSTED ON 26 Ago 2024 IN Reportage     TAGS: URBEX

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Villa Cenere è una delle dimore storiche del mondo urbex italiano. È abbandonata da tantissimi anni ed ha quella decadenza affascinante e distruttiva che la rendono ancora oggi bellissima e fatiscente. Per una serie di motivi non ero mai riuscito ad avvicinarmi: perché si parlava di crollo imminente e, soprattutto, perché la zona non era delle più raccomandabili (storie di brutte presenze). Ma finalmente è arrivata anche l’ora della cenere.

Non conosco la storia e le origini di questo abbandono, credo che il nome sia dovuto alla forte presenza di cenere che si trova nella stanza con il camino (e il pianoforte) e per via di un principio di incendio che ha interessato quello che doveva essere un ripostiglio. Le stanze sono in disordine e molto sporche, questo però non riduce la bellezza, anzi, conferisce quell’anima di decadenza distruttiva del quale parlavo all’inizio: è vero abbandono, non quello finto delle agenzie immobiliari.

C’è anche una piccola storia che voglio raccontare: questa splendida villa immersa nel verde (con tanto di piscina) è sempre stata famosa per la presenza di due pianoforti. Io ho fotografato in tutte le stanze, ma ho trovato un solo strumento musicale. Sul momento non ho riflettuto, ma ho deciso, controvoglia, di controllare il giardino: e uscendo all’esterno mi sono accorto di un’altra zona della casa, nascosta dalla vegetazione. Quando sono entrato ho capito subito che stavo per saltare la parte più bella ed emozionante: ricordavo di aver visto in qualche foto la stanza con il secondo pianoforte, ma il tempo non perdona ed oggi è completamente diversa: la stanchezza della struttura e gli eventi atmosferici hanno contribuito al crollo del tetto coprendo il pavimento di detriti, calcinacci, legno e tegole. Si sono salvati in parte il divano, un paio di sedie, il secondo pianoforte e un bicchiere! Ho fatto molta attenzione (il rischio che mi potesse cadere qualcosa in testa non era da sottovalutare), ma sono riuscito a scattare la foto più importante dell’esplorazione. Per una volta sono riuscito a vincere contro fretta e pigrizia.

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Palazzo Lucifer
POSTED ON 22 Ago 2024 IN Reportage     TAGS: URBEX

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Quando si entra nella stanza rossa si rimane semplicemente allibiti. È un effetto straniante, sembra di entrare in una finzione cinematografica, ma in realtà è tutto vero. L’effetto è creato dalle tende rosse che coprono le enormi vetrate rivolte, in modo strategico, verso sud: una sorta di veranda a giorno e non so quanto fosse voluto, ma non penso fosse possibile rimanere in quella stanza, con le tende chiuse, molto a lungo. Io ho resistito pochissimo, sono scappato, come trovarsi di colpo catapultati all’inferno: e il nome Palazzo Lucifer prende spunto da questa sensazione. Quando si guardano le foto è come se davanti all’obbiettivo fosse presente un filtro colorato, ma in realtà è tutto naturale e la percezione è quella di trovarsi all’interno di un set di un film dell’orrore: Profondo Rosso di Dario Argento è il primo titolo che mi viene in mente, quasi fisiologico.

La stanza rossa è la prima che si incontra e potrebbe già raggiungere il punteggio sufficiente. Invece siamo solo all’inizio. Il palazzo è composto da due piani e le stanze riservano una sorpresa dietro l’altra. È una definizione forse abusata, ma si tratta davvero di una capsula del tempo. Non ho un modus operandi preciso in urbex: qualche volta esploro prima tutta la location per farmi un’idea, altre volte preferisco andare in ordine sequenziale stanza dopo stanza. Qui ho scelto questa seconda opzione e la successione degli ambienti è stato quasi un crescendo rossiniano.

Quando sono arrivato all’ultima stanza, una particolarissima camera da letto, ho quasi tirato un sospiro di sollievo. Non sarei riuscito a sopportare oltre, ero stremato dalla incredibile bellezza che incontravo ogni volta che varcavo una porta. Il bello è stato quando, dopo aver esplorato il primo piano, mi sono reso conto che il piano superiore era anche meglio: per un attimo ho fatto fatica a crederci. Quello che un tempo era un meraviglioso soggiorno è ancora oggi, seppure in stato di abbandono, il tratto distintivo di una storia importante e prestigiosa: sono rimasto in silenzio diversi secondi prima di riuscire a posizionare il cavalletto, non riuscivo a staccare gli occh dal giallo delle poltrone. E poi per uscire è necessario passare nuovamente dalla stanza rossa: è come un ritorno all’inferno dopo la tracotanza del paradiso.

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Villa Ninja
POSTED ON 19 Ago 2024 IN Reportage     TAGS: URBEX

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Ultimamente il mondo urbex è diventato esagerato, senza freni. Non ho un termine veramente adatto, devo accontentarmi di esagerato. Perché mi capita di vedere e ascoltare situazioni senza alcun senso. Video in diretta, comitive di 10-15 persone con maschere antigas, gruppi organizzati, persone che gridano, che parlano di continuo ad alta voce. Oggi mi è capitato di vedere un video in cui una coppia, vestita di rosso sgargiante (colore ideale per non dare nell’occhio), chiamava per nome persone morte in quella location 60 anni prima: loro dicono per evocare il fantasma.

Quando vado a fotografare un luogo abbandonato cerco di entrare sempre nel silenzio più assoluto, se siamo in 2 parliamo a gesti, vestito completamente di nero, con il nerofumo sotto gli occhi per mimetizzarmi meglio (adesso sto esagerando) e guanti neri (che dimentico sempre di indossare). Zaino mimetico ovviamente. Trovo fastidioso il rumore provocato dalla cerniera dello zaino. Faccio attenzione a non fare alcuni tipo di rumore, a non calpestare vetri e mi muovo come un ninja.

Ed ecco spiegato il motivo del nome di questa meravigliosa villa disabitata. Perché per entrare è necessario essere estremamente silenziosi, muovendosi con cautela, ma in modo deciso, seguendo un percorso prestabilito e senza dare nell’occhio. Magari scegliendo il momento e l’orario giusto. Poi quando sono entrato all’interno ho subito compreso di trovarmi in qualcosa che definire meraviglioso è riduttivo. E credo che le foto riescano a raccontare perfettamente questa meraviglia, anche senza troppe parole. Nella fretta (che mi accompagna sempre e in questo caso senza un motivo reale) ho dimenticato qualcosa e ho sbagliato un paio di foto. Nello studio e nel salone ho tagliato il lampadario e esagerato con il pavimento, la foto delle scarpe dall’alto è leggermente mossa. Sono errori di gioventù, che mi porto dietro da 20 anni. Ma si può migliorare, magari lasciando perdere la fretta che è sempre cattiva consigliera.

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Il rifugio dell’Astronomo
POSTED ON 9 Ago 2024 IN Reportage     TAGS: URBEX

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Ci sono luoghi che hanno quella che viene definita aura, cioè una particolare atmosfera, suggestiva ed evocativa, contraria solitamente alla realtà. Quasi sempre non si capisce il perché, non si capisce come si percepisca questo alone magico. In questa casa abbandonata invece si comprende perfettamente quale sia il motivo di questa sfera emotiva, forte ma al tempo stesso delicata. È un tuffo al cuore, si gira lo sguardo e si rimane come increduli dalla bellezza di questa piccola stanza, un piccolo gioiello, un rifugio.

Due poltrone, un divano, le tende a fiori, un tavolino, la finestra e la sua luce sul pavimento, una pulizia e un’ordine fuori posto. E poi un rifrattore a lunga portata, cioè un telescopio costituito da due gruppi ottici, l’obiettivo e l’oculare, che sfrutta il principio della rifrazione della luce. Purtroppo in pessime condizioni, senza cercatore e fochegiattore, ma che permette di comprendere la passione dell’astronomia di chi viveva in questo piccolo e incantevole rifugio.

E poi una stanza circolare, meravigliosa, con due poltrone, un baule, il caminetto: il tetto distrutto, ma che grazie alla luce di mezzogiorno creava un gioco di riflessi quasi a realizzare una costellazione, un insieme delicato di stelle. Casuale certamente, ma che aggiungeva sensazioni ancora più intense a quell’aura che continuavo a percepire. Quando si esce da una location urbex si torna a respirare, una sensazione che avevo già descritto, ma qui è al contrario: sarei rimasto volentieri per continuare ad assaporare quell’atmosfera magica e al tempo stesso delicata.

Domani è la notte di San Lorenzo, alzate gli occhi al cielo, non serve un telescopio. È la notte delle stelle cadenti: chiudete gli occhi ed esprimete un desiderio. Anche più di uno.

E tu, Cielo, dall’alto dei mondi
sereni, infinito, immortale,
oh! d’un pianto di stelle lo inondi
quest’atomo opaco del Male!
– Giovanni Pascoli

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