POSTED ON 6 Nov 2022 IN
Reportage TAGS:
urbex

Forse troppi santi in paradiso. Ma è un altro argomento, molto di moda, che non mi interessa discernere. Ci sono altre storie e devo prendere atto che in questo periodo l’urbex mi trascina in amare riflessioni sul futuro e sul lascito dopo vita. In uscita silenziosa da questa casa, da troppo tempo in balia degli eventi, abbiamo incontrato una signora: le abbiamo chiesto informazioni e la risposta è stata quasi banale nella sua semplicità. E passano i giorni, forse gli anni e luoghi meravigliosi e colmi di fascino diventano quasi un pericolo per la collettività implodendo su se stessi. Confuso e troppo di corsa mi sono perso in queste stanze che racchiudono una storia di vita, ricordi legati al passato, gli anni che scorrono inesorabili, l’arrivo di una vecchiaia e un futuro certamente non da scrivere per l’impossibilità di farlo.
Chi vuol esser lieto, sia: di doman non c’è certezza.
– Lorenzo De’ Medici
Mi ritorna sempre nella mente questa bellissima frase e mi costringe a riflettere sul futuro e forse, più probabilmente, sul presente. Perché purtroppo in realtà del domani una certezza l’abbiamo, l’unica certezza che possiamo avere: questo domani non ci sarà. L’ottimismo è il sale della vita. Rimane solo da capire quanto possa durare l’oggi, ma sarà più breve di quanto si riesca ad immaginare. Adesso fate gli scongiuri più potenti che conoscete, ma puntate sulla felicità e ricordatevi di essere lieti perché domani è certo che non lo sarete: i santi non vanno in paradiso.







» CONTINUA A LEGGERE «
POSTED ON 2 Nov 2022 IN
Reportage TAGS:
urbex

Quella che viene definita Alcova degli Amanti, piccolo luogo sperduto, nascosto e abbandonato nell’appenino toscano, probabilmente rimarrà la più grande delusione urbex degli ultimi anni. Arrivarci è stato complicato, entrarci quasi impossibile, ma quando ci siamo accorti che le difficoltà non erano casuali abbiamo fermato le macchine fotografiche e siamo usciti lasciando il resto del racconto alle foto in esterno. Abbiamo subito capito che qualcuno aveva da poco bloccato quasi tutti gli accessi, il piano superiore era sbarrato e dentro una serie di sacchi neri erano stato raccolti tutti gli oggetti, le cose, i ricordi. Una sorta di abbandono e chiusura molto ben ragionati. Credo che questa specie di Bed & Breakfast (non sono sicuro della tipologia, ma non saprei come definirlo) sia stato chiamato Alcova degli Amanti perché non si trattava di un vero e proprio approdo turistico, ma forse più un luogo dove nascondersi: inoltre la disposizione delle stanze e gli arredi lasciano presagire un qualcosa di relativo al sesso e agli incontri di amorosi sensi. Abbiamo scattato poche foto in interno (le prime stanze dopo l’ingresso), qualche panoramica in esterno e abbiamo deciso, nostro malgrado, di lasciare per viaggiare verso altri lidi. Addio amanti, non è stato un grande piacere.



» CONTINUA A LEGGERE «
POSTED ON 1 Nov 2022 IN
Reportage TAGS:
urbex



Serendipity è un termine inglese coniato da Horace Walpole nel XVIII secolo e indica l’occasione di fare scoperte per puro caso e, anche, il trovare una cosa non cercata e imprevista mentre se ne stava cercando un’altra (definizione presa da wikipedia). E Casa Serena rientra proprio nel novero delle scoperte assolutamente casuali: eravamo alla ricerca di altro, di qualcosa di molto più aristocratico. Ma in cima a una collina sperduta, nel nulla, abbiamo trovato questa modesta dimora in cerca di autore. E nonostante le qualità estetiche tipiche dell’architettura povera di campagna sono riuscito a cogliere diversi spunti interessanti: devo ammettere che sono molto soddisfatto delle foto, perché da queste immagini spunta e si fa ammirare il carattere sobrio, ma allo stesso tempo dignitoso e onesto, di coloro che hanno abitato fra queste pareti. Il nome è chiaramente inventato e deriva dalla fusione di due elementi: serendipity, come spiegato all’inizio, e da un almanacco del 1995 dedicato alla vita domestica e che si chiamava Casa Serena (trovato in un cassetto della cucina). Sin troppo facile, naturale, fisiologico.


» CONTINUA A LEGGERE «
POSTED ON 26 Ott 2022 IN
Reportage TAGS:
urbex

Il palazzo dell’Alchimista è un reportage che mi lascia un velo di insoddisfazione; perché la fretta è nemica della buona fotografia e in certi momenti servirebbe poter riflettere e aspettare la scelta migliore. E invece in questo meraviglioso palazzo mi sono visto costretto ad agire sotto pressione e con l’ansia come amica di avventura: certo, la possibilità che ci fosse un enorme molosso ad aspettarci sotto la finestra era nell’aria e ampiamente prevedibile. In realtà poi gli eventi nefasti non si sono realizzati e a mente fredda (e lucida) avrei potuto dedicare un tempo maggiore all’esplorazione e alla fotografia. Nonostante tutto e tutti qualcosa di interessante sono stato in grado di fotografare e l’immagine al quale tenevo di più, il celebre soffitto a ottagoni della stanza da letto, alla fine sono riuscito a portarla a casa (con il fiato sul collo).
In questa villa l’alchimista
Cesare Mattei curava i pazienti con l’elettromeopatia. Andando oltre le teorie di Hahnemann (fondatore dell’omeopatia) elaborò una nuova teoria medica che chiamò Elettromiopatia (o
Elettromeopatia) e nel 1859, benché avversato dalla classe medica, iniziò la produzione dei rimedi elettromeopatici esportandoli anche all’estero. Nacque un deposito centrale a Bologna e altri 26 depositi autorizzati in tutto il mondo che crebbero fino a 107 nel 1884, tra i più importanti il Consorzio di Ratisbona (Regensburg), la Mattei Home (Londra) e quelli in Belgio, Stati Uniti d’America, Haiti e Cina. Negli anni 1887/1888, errate speculazioni finanziarie del nipote Luigi Mattei, predestinato erede e co-intestatario di quasi tutte le proprietà, causarono una gravissima crisi economica alla famiglia. Non riuscendo a far fronte ai debiti e agli altissimi tassi degli usurai, molti beni vennero messi all’asta. La rovina minacciò di sommergere tutto il patrimonio, compresa la Rocchetta. Cesare decise di diseredare il nipote e riuscì a sanare in parte la situazione, coadiuvato dal suo collaboratore Mario Venturoli (1858-1937), che adottò nel 1888 in segno di riconoscenza. Nel 1895, ormai anziano e reso paranoico dalle continue dispute con i medici allopatici, a causa di una incomprensione con la nuora (sospettata di aver tentato di ucciderlo servendogli un caffè avvelenato), cacciò lei e Mario dal castello e in seguito li diseredò.
All’uscita, nonostante le paure, del temibile e feroce guardiano a quattro zampe nemmeno l’odore. E nello zaino avevo un osso gigante per soddisfare le sue grinfie. Ma d’altronde l’urbex è un’attività che sarebbe opportuno svolgere all’alba, anche a Marzo: la prima foto è stata scattata alla 7.35 mentre l’ultima alle 7.56, 21 minuti praticamente al buio e sempre di corsa. L’ansia dell’esplorazione urbana.
L’antico palazzo è oggi è diviso in due parti: una di proprietà comunale, l’altra invece appartiene ad un privato. Attualmente, la parte più fatiscente del palazzo è molto trascurata perché da molto tempo non si fanno lavori di restauro. Alcune stanze sono pericolanti e parzialmente crollate, ma la cucina, il salone-camera da letto e il bagno sono ancora intatti, e mantengono, oltre ai pregevoli portali e gli stucchi sui soffitti, ancora l’antica mobilia, numerose foto, alcuni giochi d’epoca e antichi oggetti di uso quotidiano.










Per questo esiste l’Alchimia. Affinché ogni uomo cerchi il proprio tesoro e lo scopra e poi desideri essere migliore di quanto non fosse nella vita precedente. Il piombo svolgerà il proprio ruolo fino a quando il mondo non ne avrà più bisogno. Ma poi dovrà trasformarsi in oro. È quanto fanno gli Alchimisti: dimostrano che, ogniqualvolta cerchiamo di essere migliori di quello che siamo, anche tutto quanto ci circonda diventa migliore.
– Paulo Coelho, L’alchimista










POSTED ON 22 Ott 2022 IN
Reportage TAGS:
urbex,
disco

Quando sento nominare la mitica spada di Re Artù non posso fare a meno di pensare al leggendario SuperFantozzi, forse il più iconico dei film di Paolo Villaggio: Excalibur IMBECILLE! Ma torniamo sulla terra e lasciamo in pace il mito: l’Excalibur è il nome di una discoteca Toscana diventata luogo di migrazione giovanile di massa a metà degli anni 90. Fu costruita come un castello medioevale, tra le polemiche per il disboscamento selvaggio, su una superficie complessiva di 36mila metri quadrati e credo che all’epoca dovesse essere un sogno per qualsiasi giovane della zona (e non solo). Per due anni, venne inaugurata il 29 dicembre 1993, fece ballare e divertire il popolo della notte con ospiti di prestigio come Alba Parietti e Alain Delon. Purtroppo l’epopea dell’Excalibur durò il battito d’ali di una farfalla e dopo un paio d’anni arrivò il fallimento e la successiva chiusura. Il nome ritornò in auge nel 1999 quando venne acquistata da un gruppo di svizzeri facoltosi per 884 milioni di vecchie di lire.
Ma solo nel 2004, sotto la proprietà del santacrocese Mario Marianelli (suo, allora, anche il Concorde e il Don Carlos), si riparte. Tra sbandieratori e coreografie medievali, l’Excalibur torna ad accogliere dj, musicisti, letterina e più o meno vip. Anche questa seconda esperienza dura l’arco di un paio di anni, fino all’estate del 2005.
Poi un altro fallimento, le torce e fiaccole, simbolo della discoteca, si spengono nuovamente lasciando spazio all’abbandono e al degrado. Di quel sogno non rimane quasi più nulla: i simboli ci sono ancora, le sale da ballo si intravedono, ma la natura inizia a prendere il sopravvento. Oggi l’Excalibur è una delle fotografie più iconiche del mondo urbex italiano, un cartolina: una serie di poltrone sotto l’impronta di un lucernario. E per qualche secondo, di fronte alla lente di una fotocamera, ritorna il mito che non c’è più.





» CONTINUA A LEGGERE «
POSTED ON 12 Ott 2022 IN
Reportage TAGS:
urbex
POSTED ON 7 Ott 2022 IN
Reportage TAGS:
urbex
POSTED ON 4 Ott 2022 IN
Reportage TAGS:
urbex

In Italia ci sono tutta una serie di luoghi abbandonati a metà. Tipicamente si parla di strutture comprate nell’idea di un rilancio sociale ed economico e poi nuovamente lasciate al loro destino; le cause sono sempre le stesse e non è difficile indovinare: finiscono i soldi. Quasi sempre perché non si sono calcolati costi e tempi in modo adeguato. Chiaramente sono tutte ipotesi, ma la pandemia che ha colpito il nostro paese (e non solo) non ha fatto altro che aumentare il disagio e le difficoltà. Nel caso di questa storica villa adagiata sul mare il caso è ancora più complicato: fu prima clinica per malati di tubercolosi, poi centro riabilitativo ortopedico e consultorio. Venne donata oltre quarant’anni fa da una famiglia torinese ad una precisa condizione: che fosse utilizzata a fini socio-sanitari. Purtroppo però i denari non sono mai abbastanza e la regione, proprietaria della struttura, decise di venderla per fare cassa. E non è servito a nulla il ricorso al TAR presentato nel 2008 dagli eredi della famiglia torinese proprio facendo riferimento al vincolo di destinazione a fini socio-sanitari.
Nel 2012, in calce ad un articolo che spiegava la travagliata situazione, si poteva leggere questo commento: “Io ci abito affianco, stanno distruggendo tutto, scavano con gigantesche ruspe e disboscano giorno dopo giorno potando alberi sanissimi sino all’osso senza apparente senso, se non quello di farli morire. Dall’alto continuano a far scendere quintali di detriti. E’ una tristezza, nel parco la sera c’erano le lucciole e si vedevano e sentivano specie di uccelli stranissimi. Ora tutto tace. A parte il frastuono delle ruspe.
Le notizie in merito alla situazione si fermano proprio al 2012 e non c’è traccia di quanto successo negli ultimi 10 anni. Sicuramente i lavori sono fermi da tempo e non sembra ci sia nessuna intenzione di proseguire: l’immobile tornerà alla Regione? Oppure, dopo essere stato violentato e abbandonato, diventerà l’ennesimo esempio di sfacelo all’italiana?





» CONTINUA A LEGGERE «
POSTED ON 29 Set 2022 IN
Reportage TAGS:
urbex,
history

Il mausoleo di Ciano si trova a Livorno, sulle colline alle spalle della città, in località Monteburrone. Avrebbe dovuto essere la tomba del gerarca fascista Costanzo Ciano, nato appunto a Livorno e morto nel 1939. La costruzione fu affidata allo scultore Arturo Dazzi per la parte statuaria, che a sua volta chiamò Gaetano Rapisardi per la parte architettonica. I lavori iniziarono velocemente, ma furono bloccati dalla caduta del regime fascista alla fine della seconda guerra mondiale.
Secondo il progetto, il monumento avrebbe dovuto essere costituito da un grande basamento sormontato da una statua, alta 12 metri, che lo rappresentava alla guida del suo “mas” (“motoscafo armato silurante”). Inoltre era prevista la costruzione di un colossale faro, a forma di fascio littorio, alto più di 50 metri.
Attualmente il mausoleo di Ciano giace abbandonato, da oltre 70 anni. Praticamente un enorme monumento, si tratta di un massiccio torrione alto circa 17 metri, dedicato alla caduta del regime fascista. La vista dal tetto (che attualmente è senza protezioni e di facile accesso attraverso una scala esterna) è incredibile, domina tutta Livorno e si estende sino alle isole dell’arcipelago toscano (Capraia, Gorgona, Elba); nelle giornate limpide si può anche ammirare il profilo della Corsica. Recentemente il fumettista Daniele Caluri aveva proposto (a sue spese) di trasformarlo in qualcosa di simile al deposito di Paperon de’ Paperoni e sarebbe stato semplicemente fantastico. Purtroppo l’idea non è andata in porto, davvero un grande peccato: non oso immaginare le orde di turisti in visita (e la strada non è delle più agevoli) ad una delle più curiose attrazioni del mondo.
La statua di Ciano, incompleta, non fu mai posta in opera, ma giace ancora sull’isola Santo Stefano nell’arcipelago di La Maddalena, in Sardegna, presso la cava nella quale era in lavorazione al momento della sospensione del cantiere (in particolare restano la grande testa e parti del corpo). Altre tre statue minori, che avrebbero dovuto ornare l’opera, si trovano invece a Forte dei Marmi: due marinai sul lungomare ed un balilla in un piccolo parco all’incrocio fra via Piave e via Mascagni.








POSTED ON 26 Set 2022 IN
Reportage TAGS:
urbex
POSTED ON 25 Set 2022 IN
Reportage TAGS:
urbex

Aspettavo da tempo l’occasione di salire a Narbona: per gli appassionati di urbex e montagna è una specie di Santo Graal delle avventure. Si arriva a Narbona dopo circa un’ora di cammino sul sentiero definito Posa dei morti perché su questa strada gli abitanti del paese portavano i proprio cari defunti a valle (immagino non senza fatica). La storia di questo piccolo borgo fantasma è molto conosciuta e triste ma, per certi versi, affascinante.
Narbona (o più correttamente l’Arbona o l’Arbouna) costituisce un tipico esempio di insediamento montano, situato vicino ai limiti massimi di altitudine per un insediamento permanente. Sebbene le sue origini si facciano risalire al XII secolo, è all’inizio del XX secolo che Narbona ha visto il suo massimo sviluppo economico, arrivando a contare 120 abitanti e disponendo, negli anni compresi tra il 1926 e il 1957, perfino di una scuola.
Sinceramente sono rimasto molto deluso dalla situazione in cui versano i ruderi di Narbona: non rimane praticamente niente in piedi, le ortiche hanno conquistato le strada (e mi hanno devastato le gambe) e avventurarsi fra le macerie è davvero rischioso. Ho girato quasi due ore fra le case sorvolando le pietre e cercando di non suicidarmi, ma ho trovato molto poco di quello che la storia racconta e tramanda. Peccato, ma il tempo e la natura vincono su tutto. All’inizio del paese però si può ancora ammirare un piccolo gioiello: la chiesa della Madonna della Neve, restaurata da qualche volontario di recente. Ma ci devo (e voglio) dedicare un capitolo a parte del mio libro. Stay tuned dicono gli inglesi.




















POSTED ON 6 Ago 2022 IN
Reportage TAGS:
urbex,
industrial

Entrare in una fabbrica abbandonata è sempre decisamente affascinante. Quando poi il nome è uno dei più conosciuti in Italia e nel mondo la situazione diventa anche storicamente importante. Nel 2012 è venuto a mancare Sergio Pininfarina e, nonostante non fosse più parte integrante dell’azienda da diverso tempo, la data è comunque uno spartiacque decisivo e simbolico. Infatti, complice la crisi del settore automobilistico di inizio secolo, la Pininfarina decise nel 2011 la dismissione dell’attività produttiva e lo stabilimento di San Giorgio Canavese venne definitivamente abbandonato. Questo sito produttivo fu aperto solo nel 1987 per produrre la Cadillac Allanté e dedicato solo a tale auto sino al 1993. Successivamente qui furono prodotte, tra le altre, le carrozzerie di grossi successi commerciali come la Fiat Coupé, la Peugeot 406 Coupé e la Lancia K SW. Dopo la chiusura del 2011 è da oltre 10 anni è in stato di completo abbandono.





» CONTINUA A LEGGERE «
POSTED ON 23 Lug 2022 IN
Reportage TAGS:
urbex,
church

Per arrivare a questa piccola cappella (purtroppo non sono riuscito a reperire nessuna informazione) è necessario percorrere (a piedi) quasi 2000 metri. Si trova ai confini di un piccolo paesino del Piemonte, nascosta nella boscaglia, in stato di grande rovina e abbandono. Un vero peccato. Sull’altare sono appoggiati tre quadri, quasi delle icone, un po’ particolari. Un’arte diversa dal solito, con tratti molto spigolosi. Osservando con attenzione ho trovato, nascosti dietro l’altare e protetti con il cellophane, altri due quadri leggermente più grandi: sulla parte posteriore di tutti si trova una piccola etichetta adesiva, con un numero di protocollo e la dicitura Muzeul Etnografic al Transilvaniei, un museo che si trova a Cluji-Napoca in Romania, 100 anni di storia (quest’anno), uno dei più grandi e importanti del paese. Questo mi ha lasciato decisamente perplesso e non sono riuscito a darmi una spiegazione plausibile. Come sono arrivati questi quadri dalla Romania? Perché si trovano in una piccola cappella abbandonata? Cosa rappresentano? Ai posteri l’ardua sentenza.





POSTED ON 10 Lug 2022 IN
Reportage TAGS:
urbex,
church

La splendida chiesa di Santa Chiara si trova a Mondovì Piazza, in via della scuole. Fu progettata da Francesco Gallo e costruita fra il 1712 e il 1724; fece parte del convento delle monache clarisse fino al 1803, anno di soppressione degli ordini religiosi voluta da Napoleone I. Passò alla confraternita delle monache Benedettine Cassinesi fino al 1867, dal 1928 al 1980 fu la chiesa delle scuole e del Convitto Civico, guidato dai Salesiani, nel 1981 fu sconsacrata e divenne proprietà del comune di Mondovì. È chiusa e lasciata al suo destino da circa 20 anni. Non ho certezza assoluta delle date, ma nei primi anni 2000 venne fatto costruire nell’edificio a fianco (nel frattempo diventato scuola di musica) un ascensore. Purtroppo la chiesa di Santa Chiara era già in condizioni precarie e in poco tempo l’umidità che saliva dalla tromba dell’ascensore (che si trova a stretto contatto con la parete sinistra della chiesa) porto al formarsi di una grossa crepa lungo la parete: non ci fu altra soluzione che decretare l’inagibilità e la chiusura a tempo indeterminato.





» CONTINUA A LEGGERE «
POSTED ON 9 Lug 2022 IN
Reportage TAGS:
urbex



Un centro sportivo abbandonato è un brutto segno, davvero un brutto segno. I motivi dell’abbandono possono essere sicuramente molteplici, ma in testa rimbalza l’idea della poco propensione all’attività fisica delle persone: e questo non è mai un dato positivo. Sono entrato poco prima del tramonto (con qualche difficoltà) e dopo aver visitato il padiglione principale con palestra e piscina, bellissima, ho notato in lontananza quella che a prima vista mi è sembrata una serra. Il sole stava scendendo dietro la linea dell’orizzonte, e sono rimasto assolutamente meravigliato dalla bellezza e dai colori che si sono mostrati davanti ai miei occhi. Un bellissimo campo da tennis al coperto, in terra battuta, praticamente perfetto. A distanza di tempo inserisco sempre queste immagini fra le mie preferite: forse per l’atmosfera, forse per il tipo di luce, più probabilmente per la magia che mi ha colpito appena varcata la soglia d’ingresso. Mi è quasi tornata la voglia di giocare a tennis. Non conosco i motivi dell’abbandono di questa meravigliosa struttura sportiva e non ho interesse a indagare, giace nel nulla dimenticata da tutti ed è sicuramente un vero peccato per la zona: ma nonostante tutto viva lo sport!









» CONTINUA A LEGGERE «
POSTED ON 15 Giu 2022 IN
Reportage TAGS:
urbex,
church