POSTED ON 23 Lug 2023 IN
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Nel 1600, per proteggere i limoni dalle temperature gelide del Nord Italia, vennero costruite le Limonaie. All’epoca i limoni erano molto richiesti, soprattutto dalla Russia e dal Nord Europa, per due motivi: la loro grande ricchezza di vitamina C, utile per combattere lo scorbuto, malattia largamente diffusa in Europa a quell’epoca e per l’acido citrico, che veniva estratto unicamente dai limoni e usato come conservante per il cibo e disinfettante. Nella zona del Garda, tipicamente più mite, vennero costruite a forma di serra (celebri quelle di Limone sul Garda), mentre nella pianura padana erano costruzioni in muratura, con alte e larghe finestre nella parete esposta a Sud e con il tetto ricoperto da tegole o altro materiale non trasparente.
Per secoli il commercio del limone fu fiorente e vitale, ma nel corso dell’ottocento le cose cambiarono progressivamente e ci furono i primi segnali di crisi. Dapprima a causa della malattia della gommosi (1855), poi per la concorrenza dei limoni delle regioni meridionali a seguito dell’unificazione d’Italia (1861) e dello sviluppo dei trasporti, infine per la scoperta dell’acido citrico sintetico. Tutti questi fattori resero la coltivazione sempre meno richiesta e remunerativa; la Prima Guerra Mondiale, con la requisizione dei materiali di copertura dei giardini, e il freddo eccezionale dell’inverno 1928-29 inflissero a tale coltivazione il colpo definitivo.
Nelle campagne della pianura Lombarda è possibile imbattersi in una bellissima Limonaia abbandonata: uno straordinario esempio di architettura agricola costruita in stile eclettico con torri e merli da sembrare quasi un castello. Giace dimenticata tra i rovi ed è in stato di abbandono da tantissimi anni, il rischio di crollo è davvero altissimo: sembra sia vincolata dalla sovrintendenza e dalle belle arti, ma purtroppo non è più stato fatto nessun tipo di intervento per riportarla agli antichi splendori.
Ma questa struttura è addirittura avvolta dalla leggenda, quella di un fantasma. In paese, infatti, si racconta di uno spirito che appare nelle notti di luna piena: quello della figlia dei vecchi proprietari, scomparsa secoli fa in età prematura, che si manifesterebbe in sella ad un cavallo bianco, avvolta da lunghe vesti.






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POSTED ON 4 Lug 2023 IN
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URBEX

Ci sono delle situazioni in cui è bello aggiungere il proprio marcatore, anche se già sappiamo che non sarà niente di eccezionale. Perché ci sei vicino, è segnato nella tua personalissima mappa, perché si tratta di una preda facile da conquistare.
La Villa del Dottore fa proprio parte di questa categoria di mete urbex di secondo piano. Ma al contrario delle nefaste aspettative sono rimasto sorpreso, perché il Diavolo non è mai così brutto come lo si dipinge e il viaggio merita la conclusione interessante. Nonostante la totale decadenza, la Villa del Dottore è un un luogo interessante, che riserva sorprese e regala un fascino e un messaggio di aristocrazia che dall’esterno non ci si aspetta.
Non so da dove arrivi il nome, probabilmente era la villa di un medico: purtroppo dal dentro non si riesce a carpire nulla. Il crollo è imminente, camminare nella sala da pranzo è pericolosissimo senza un caschetto protettivo. I mobili sono coperti di calcinacci e la struttura è ormai prossima al collasso. Ma la magia dell’abbandono non delude mai.





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POSTED ON 28 Giu 2023 IN
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La Villa del Lupo di Mare è una di quelle location urbex che permette di entrare, senza permesso, nella vita di una persona. Perché fra queste mura, abbandonate da tantissimi anni, è possibile leggere e osservare la storia di chi l’ha abitata: ci sono i ricordi, le onorificenze e gli oggetti che hanno contraddistinto un’intera vita e una carriera militare di alto prestigio.
Siamo nella Liguria di Levante a poca distanza dalla costa. Per arrivare alla Villa del Lupo di Mare è necessario addentrarsi nella boscaglia: è passato talmente tanto tempo che la natura ha preso il sopravvento e ha inghiottito mattoni e cemento. Si entra da una finestra sul retro e appena dentro si intuisce subito il convergere silenzioso nel passato: qui non abita nessuno da molti anni (credo dal secolo scorso, ma è una mia personalissima stima).
L’interno è una capsula del tempo: tutto è rimasto immutato, ma la muffa, la polvere e l’intonaco sbriciolato hanno ricoperto quasi tutto. Si comprende la semplicità del luogo, ma allo stesso tempo si percepisce la compostezza. Tutto è molto spartano, rigoroso, semplice, ma per certi versi elegante. Un pianoforte, un salotto prestigioso con una vecchia macchina da scrivere, la radio, la televisione, anche l’onnipresente Singer, un rosario sul letto. Ci sono documenti ovunque che ricordano la brillante carriera militare del proprietario: una vita passata a solcare le onde del mare (anche durante la seconda guerra mondiale). Il nome del Capitano è inciso sulla targhetta della porta. Era un Cavaliere della Repubblica Italiana, non dimentichiamolo.







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POSTED ON 21 Giu 2023 IN
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Era un sabato pomeriggio di primavera, le prime giornate in cui la luce permette di rimanere in giro -per foto- sino a tardi. Un piccolo giro, un’ispezione veloce in una zona che ormai inizio a conoscere come le mie tasche. Ed è una zona davvero vuota e desolata, proprio come le mie tasche. Uno strano edificio, chiaramente abbandonato, ma poco interessante: è stato mappato, ma da fuori non presenta nulla che possa attirare la nostra attenzione.
Facciamo un giro intorno e non troviamo nessun accesso. Dall’esterno sembra proprio confermare le nostre impressioni: è quello che viene comunemente definito un marcione. Sul davanti troviamo una finestra chiusa, ma che in realtà, alzando leggermente la tapparella, permette di entrare: pochi secondi e siamo dentro (nonostante un problema alla spalla che mi perseguita da tempo).
È un cinema, devastato, umido, marcio, inguardabile: ma osservando bene presenta tanti spunti fotografici, di quelli che piacciono a me. Meglio di come si potesse pensare a prima vista dall’esterno: scattiamo nell’entrata, nel salone principale, c’è solo un divano pieno di scritte, le pareti hanno graffiti, il soffitto crolla e la struttura, nonostante sia moderna, implode su se stessa. Il piano superiore è ancora più interessante: c’è un bagno e la sala proiezione. Molto bella. Pensavamo fosse un giro a vuoto e invece, come spesso accade, le apparenze ingannano: specialmente se filtrate da un obbiettivo fotografico.










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POSTED ON 14 Giu 2023 IN
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Eurosia è un nome dall’etimologia incerta. Si è diffuso, soprattutto in Lombardia, grazie al culto di santa Eurosia: secondo alcune leggende il nome deriva dal boemo Dobroslava (che vuol dire buona gloria o gloria gentile), di cui Eurosia sarebbe l’equivalente greco (la radice eu in greco significa bene). La festa cade il 25 giugno giorno in ricordo di Sant’Eurosia di Jaca.
[…] è invocata contro le tempeste, i fulmini, le grandinate e anche per i frutti della terra. Il suo culto si diffuse in tutta la Spagna e grazie ai soldati spagnoli anche nel Nord Italia, soprattutto nelle zone collinari vinicole, da qui la spiegazione del culto di questa santa nel nostro paese.
Questa chiesa, dedicata a Sant’Eurosia, si trova in una zona collinare della Lombardia. Venne costruita a fianco di Villa Valbissera, una tenuta agricola circondata dai vigneti. E forse proprio per la tradizione contadina e cattolica della zona venne dedicata alla santa protettrice invocata contro le tempeste e le grandinate. Attualmente è in grande stato di degrado, privata di tutti gli arredi e alcuni -brutti- graffiti hanno deturpato l’altare in modo vergognoso.
Villa Valbissera è stata acquistata negli anni ’90 da Enrico Morini, patron dell’azienda vinicola Poderi San Pietro. Nel 2000 sono stati appaltati i lavori di ristrutturazione finalizzati alla realizzazione di una struttura ricettiva a cinque stelle. Le attività del gruppo Morini nel frattempo, hanno cominciato a registrare importanti perdite economiche causando il successivo commissariamento e liquidazione della Poderi San Pietro che ha comportato l’inevitabile fermo dei lavori. Dopo varie vicissitudini l’azienda è stata rilevata all’asta da una nuova cordata di imprenditori. Dal bando però sono stati esclusi alcuni immobili tra i quali proprio la Villa Valbissera. Nel 2015 la tenuta è stata acquistata dall’imprenditore veneto, ma originario di Bergamo, Gian Franco Ferro. Sono ormai passati diversi anni, ma sembra siano finalmente iniziati i lavori di ristrutturazione.








POSTED ON 11 Giu 2023 IN
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POSTED ON 8 Giu 2023 IN
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Hanno definito meraviglioso il lampadario che domina la sala principale di questa enorme villa di campagna; io sinceramente devo fare molta fatica per trovarlo appena accettabile. Si, certo, è grande, enorme, sproporzionato: e dalle foto non si riesce a comprendere le dimensioni reali di questo lampadario. Però bellissimo proprio no, sono più verso una definizione tipo bruttezza inverosimile. Ho trovato anche il termine di Octopus, perché in effetti ricorda vagamente una piovra: ma i bracci non sono 8, sono 12, e quindi anche in questo caso non mi sembra un nome corretto. Io ho preferito chiamarla del lampadario Gigante perché bisogna essere onesti: è davvero enorme e domina l’entrata di questa Villa padronale in modo sontuoso.
Ho provato a trovare una fotografia perfetta, che potesse rendere l’idea, e anche giustizia, ma non sono niente soddisfatto. Come sempre ho compiuto prima un giro quasi completo per capire come e cosa, poi dover aver fotografo le stanze intorno al mostro mi sono dedicato al salone. L’ho guardato, ancora guardato, e lui mi ha sfidato con l’aria di chi sa di essere un vincente anche se ridotto allo stremo delle forze. Ho provato dall’alto, dal basso, di lato. Mi sono nascosto nella stanza di fianco, dietro alla ringhiera in legno delle scale: ho cambiato 3 diversi obbiettivi, ma non sono riuscito a vincere la sfida. Poi quando la partita volgeva verso la fine, quella che nel calcio viene definita zona Cesarini, ecco il colpo di fortuna/genio: ho giocato di rimbalzo rubando l’anima del gigante riflessa nello specchio. E ho trovato l’immagine che posso definire decisiva: ma è stata davvero una battaglia.











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POSTED ON 5 Giu 2023 IN
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Una strada sterrata, laterale, ci porta nei pressi di questa strana costruzione. Da fuori non si riesce a capire, ma appena varcata la soglia d’ingresso, un enorme e vecchio portone in legno, si comprende: siamo all’interno di un edificio religioso, una piccola chiesetta, un tempio. La forma è ottagonale, ma si riesce solo a percepirlo perché l’edificio è in grave difficoltà strutturale: una parte del tetto è crollata e sulle pareti si vedono delle crepe ingombranti. Alzando lo sguardo si vede la cupola: ci sono otto vetrate rotonde di colore diverso, ognuna in corrispondenza di un arco; sono archi a sesto acuto, tipici dell’architettura gotica che è presente in tutto il tempio. Il numero 8, che caratterizza fortemente l’edificio, potrebbe indicare una fonte battesimale perché dopo i sei giorni della creazione e il settimo di riposo, l’ottavo simboleggia la resurrezione del Cristo e dell’uomo stesso annunciando quindi l’eternità dopo la vita terrena: per questo era spesso utilizzato come forma per i battisteri.
Non ho altre informazioni di questo piccolo edificio religioso, non ci sono indicazioni, non ci sono cartelli, in rete non si trova nulla; la sua storia si perde nel tempo, senza memoria: è il triste destino dei luoghi abbandonati.








POSTED ON 29 Mag 2023 IN
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Ho sempre sentito parlare di questa Villa, abbandonata da ormai troppo tempo, con il nome di Villa dei Tre Laghi: forse per gli affreschi, che non sono riuscito a decifrare, più probabilmente per la vicinanza con tre piccoli laghi: lago Sirio, lago Pistono e Lago San Michele. Il vero nome, da quanto sono riuscito a scoprire sul web, dovrebbe essere Villa Dora. La struttura è talmente fatiscente che quasi non permette di datare l’abbandono: sicuramente nel secolo scorso, ma è davvero complicato capire da quanto tempo sia lasciata al suo destino.
La parte più interessante di Villa Dora è sicuramente il secondo piano, quello che può essere definito nobile: il salone principale è meravigliosamente affrescato con 4 dipinti, uno per ogni parete. Tutte le altre stanze del secondo piano sono comunque di ottimo livello: si intuisce, anche se il tempo non perdona, la qualità e l’eleganza in quasi tutti gli ambienti nonostante l’elevato livello di degrado. All’interno non è rimasto più nulla: quel poco che si intuisce dei camini, le decorazioni alle pareti, un lavello. Uscendo dalla proprietà di può visitare anche la piccola cappella, anche lei destinata a collassare su se stessa in breve tempo.





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POSTED ON 18 Mag 2023 IN
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Non ho idea dei numeri, ma credo che la quantità di chiese abbandonate in Italia sia elevatissima. Basta alzare lo sguardo e possiamo trovare un edificio religioso distrutto; le piccole cappelle sono la maggioranza, ma ci sono anche chiese di grandi dimensioni nell’elenco dell’abbandono ecclesiastico italiano. È chiaro che si tratta di un fenomeno dovuto soprattutto all’età: con il tempo crolli e cedimenti strutturali possono segnare un patrimonio artistico, perché di patrimonio si tratta, che ha una storia importante alle spalle, secolare, in alcuni casi anche millenaria. La chiesa di San Giacomo di Laccio, frazione di Torriglia in provincia di Genova, ha oltre 500 anni (fu fatta costruire dal Principe Doria per venire incontro alle esigenze delle frazioni) e i segni dell’invecchiamento si vedono tutti. Nel secolo scorso, dal 1930 circa, ha subito un progressivo decadimento e la posizione, poco felice, non ha certo aiutato. Negli ultimi dieci anni si è cercato un recupero con la ricostruzione parziale del tetto, il rifacimento delle coperture e il consolidamento del terreno di fondazione della chiesa: purtroppo questi lavori non sono mai stati terminati. Come riportato sul catalogo generale dei beni culturali l’edificio e il campanile sono oggi in completo abbandono e in gravissimo degrado.
La chiesa di San Giacomo in Laccio risale alla metà del ‘500, quando il Principe Doria la fece costruire per andare incontro alle esigenze delle diverse frazioni che, per la distanza, specie in inverno, non potevano recarsi alla chiesa di Torriglia. Per la costruzione della chiesa furono utilizzati materiali locali, come ancora visibile in facciata a nella parte esterna delle navate laterali. La facciata, a salienti, è suddivisa da lesene in tre parti e sormontata da un frontone triangolare. Rimane leggibile tutt’oggi l’aggiunta in tempi successivi delle navate laterali. La pianta è a tre navate con presbiterio, rialzato rispetto al livello della chiesa, a terminazione semicircolare. Lo stato di conservazione attuale della chiesa non ne consente un’ulteriore descrizione, si sono avviati i lavori di restauro che porteranno alla ricollocazione degli antichi marmi, degli altari e degli apparati decorativi.







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POSTED ON 12 Mag 2023 IN
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L’albergo Superga si trova vicino a Torino, alle pendici del Colle del quale porta il nome: è abbandonato ormai da oltre vent’anni, ma racconta una storia bellissima di solidarietà e aiuto. Perché prima di diventare Albergo Residenziale è stato un istituto che ospitava giovani in situazione di difficoltà famigliare.
In Italia, dopo la seconda guerra mondiale, migliaia di bambini avevano perso entrambi i genitori, anche l’Arma dei carabinieri si trovò ad affrontare il problema dell’assistenza alle famiglie e soprattutto ai figli dei militari scomparsi. Un gruppo di ufficiali dello Stato Maggiore del Comando Generale, coordinati dal Generale di Divisione Alfredo Ferrari e dal Colonnello Romano dalla Chiesa, all’epoca Capo di Stato Maggiore dell’Arma, decisero di creare un Ente che provvedesse alla realizzazione di istituti per raccogliere subito i giovani in situazioni di particolare difficoltà e, nel contempo, di assicurare a tutti, con assegni di studio da corrispondere alle famiglie, l’opportunità di poter completare l’iter scolastico prescelto. Il Governo, impegnato nella ricostruzione nazionale, non poteva aiutare questa iniziativa così il Comandante Generale dell’epoca, Gen. Fedele de Giorgis, lanciò un appello a tutti i Carabinieri d’Italia perché donassero una giornata della tredicesima mensilità e un piccolo contributo mensile per gli anni futuri. Fu raccolta così in tempi brevissimi la rilevante somma di oltre quaranta milioni di lire, che servì per acquistare un complesso residenziale vicino a Torino, sulle pendici del colle Superga. Il 19 luglio 1949, dopo appena sette mesi dalla nascita dell’ente, fu inaugurato il primo Collegio, affidato ai Padri Salesiani di San Giovanni Bosco, e vi entrarono i primi cento piccoli convittori.
Nel 1965 il complesso venne ristrutturato e la sua gestione passò in mano ai Padri Somaschi. Alla fine dell’anno scolastico 1977/78, anche a causa dell’esiguo numero di ospiti, l’istituto venne riconvertito in Albergo Residenziale per poi chiudere definitivamente nel 2002. Negli anni si sono perse le tracce e la memoria di questo complesso, che nasce nella seconda metà dell’800 come convento dei piccoli Fratelli di Maria: le continue e molteplici trasformazioni hanno cambiato radicalmente la struttura e dell’aspetto originale non rimane più nulla. Un peccato che di una storia così bella e importante rimangano solo una brutta insegna e i muri scrostati di un vecchio albergo abbandonato.





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POSTED ON 7 Mag 2023 IN
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La storia delle foto di Garage Marconi è decisamente bizzarra; dopo un primo tentativo a vuoto (troppa gente, non ci siamo fidati) Lorena è tornata ed è riuscita a fotografare la celebre Lancia Fulvia GT (ha anche trovato e messo al suo posto la I mancante). Ho quindi deciso di tentare nuovamente e, giunto sul posto, mi sono imbattuto in due ragazzi molto giovani: abitano proprio di fronte al garage. Ho chiesto informazioni e mi hanno detto che la zona era disabitata da tempo, in vendita, e che loro non mi avrebbero detto nulla. Sono entrato, ho scattato le foto e in pochi minuti sono tornato in strada. I due ragazzi erano ancora lì, ad aspettarmi: “Ma è solo una vecchia Lancia distrutta, perché venite tutti i fotografarla?“. Mi hanno strappato una risata e ho pensato ad una risposta lunga e dettagliata. Ma sono riuscito a dire solo “perché è bellissima“.


POSTED ON 4 Mag 2023 IN
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POSTED ON 30 Apr 2023 IN
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L’esperienza al teatro Rosso è stata molto sgradevole. E forse è un peccato perché riguardando le foto non è nemmeno così male, anzi, gli spunti fotografici sono decisamente interessanti. Purtroppo come tanti luoghi abbandonati è diventato preda di occupatori abusivi, animali che mangiano oro e cagano piombo come avrebbe detto mio padre; e camminare con i piedi nel guano di piccione non è una bella esperienza.
Questo piccolo teatro si trova ai margini di una città di provincia del Nord Italia, da fuori ha un aspetto moderno, quasi razionale, ma appena entrati si percepisce la differenza fra interno ed esterno. È un unico ambiente, non mi sono addentrato alla ricerca delle quinte, con una scala in cemento (orrenda) che collega platea e galleria. Gli arredi sono completamente in legno, sarebbe meglio dire erano, molto retrò, l’umidità ha preso il sopravvento (la zona non è una delle migliori da quel punto di vista) e dal soffitto iniziano a staccarsi pezzi di intonaco e mattoni: praticamente un disastro. Come diciamo noi appassionati del genere: non vale la pena, giusto 2 foto, ma se passi in zona…



POSTED ON 27 Apr 2023 IN
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Quando si visita una villa abbandonata, oppure un’abitazione privata, si capiscono e percepiscono le persone che l’hanno vissuta. Il loro stile di vita, le loro passioni, come si vestivano. È un gioco di ricerca a ritroso nel tempo, è una specie di causa/effetto per molti versi anche intrigante e affascinante. Nell’urbex industriale la partita è completamente diversa, perché sono luoghi meno intimi, il rovescio della medaglia consiste in una ricostruzione più semplice della storia: gli elementi sono pochi e generalmente più basici.
Nel caso di questa piccola azienda per la produzione di riso (non vi nascondo ovviamente che siamo nella zona del Vercellese) ho trovato però un paio di elementi decisamente destabilizzanti e fuori luogo. Perchè in mezzo agli uffici, ai magazzini per lo stoccaggio, i bagni, i macchinari e le solite immagini religiose, abbiamo trovato un motoscafo e un calciobalilla. Quest’ultimo decisamente affascinante: immaginare i dipendenti, che finito l’orario di lavoro, oppure in pausa, si sfidavano a partite di biliardino fa pensare ad un’atmosfera molto famigliare e serena.
Ma il motoscafo? Cioè, capisco le risaie allagate, ma il motoscafo? Devo ammettere che quando l’ho visto sono rimasto decisamente perplesso; mi sono immaginato l’utilizzo del motoscafo come mezzo per muoversi nelle risaie al fine controllare le piantagioni; ovviamente sto scherzando (meglio dirlo prima che qualcuno mi prenda sul serio), certo una passione per il mare e la motonautica del titolare potrebbe essere. L’unica soluzione plausibile all’indovinello. E niente, ci sto ancora pensando adesso.







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POSTED ON 25 Apr 2023 IN
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Mi ero segnato 4 pin (puntaspilli da mappa) da verificare, perché ero convinto che in quella zona ci fosse una location poco conosciuta, ma molto intrigante. I primi tre sono un buco nell’acqua e perdo un po’ di quella fiducia che mi aveva accompagnato dalla sera prima. Per riposarmi qualche minuto entro in un caffè (splash!), ma mentre sono al bancone guardo fuori e noto un portone, antico e malandato, leggermente aperto. Proprio di fronte al bar, davanti al mio muso. Ho pensato che un tentativo avrei potuto farlo. Come darmi torto?
Esco dal caffè, mi asciugo al sole di febbraio, attraverso rapido la strada, guardo intorno
con indifferenza e spingo piano il portone. Si apre lentamente, con un rumore sinistro, e davanti ai miei occhi si presenta la visione di un giardino in pessimo stato, una scala e un porticato. Chiedo sommessamente
il permesso di entrare, richiudo il portone e salgo le scale. È un labirinto nel quale è facile perdersi: giro un paio di stanze vuote, il luogo è chiaramente disabitato e in stato di abbandono da tempo. Ci sono calcinacci, pareti scrostate, polvere. Ad un certo punto giro un angolo e, pensate a una qualsiasi esclamazione di sorpresa blasfema, mi ritrovo in una stanza con un
meraviglioso soffitto affrescato, un letto, un materasso altissimo e un mobile: non è la location che cercavo, ma è comunque qualcosa di meraviglioso e
mai visto prima. Sento crescere l’ansia perché non capisco esattamente
dove mi trovo, prendo il treppiedi e scatto con il grandangolo. Entro nella stanza successiva ed eccomi in una cucina, antica, con il soffitto completamente dipinto con immagini di volatili, al centro una di quelle stufe che da queste parti viene chiamata
putagè, un lavello in marmo, una credenza, una scopa di saggina e diversi oggetti impolverati. Prendo il 50mm, ovviamente alla massima apertura disponibile e inizio a
perdermi nei dettagli.
Continuo il mio giro, ma non c’è molto altro: una camera da letto semidistrutta, diverse stanze vuote, pareti colorate di un rosso vermiglio che fulmina, un caminetto, un corridoio esterno (che guarda sul giardino). Scatto tutto il possibile con un certa fretta, ritorno, non senza essermi perso un paio di volte, alle scale, attraverso il giardino ed esco. Sono fuori, l’adrenalina cala drasticamente, controllo il display della macchina fotografica e sono decisamente soddisfatto: non è stato un viaggio a vuoto (ed è sempre una bella sensazione). Torno alla macchina e inserisco sul navigatore le coordinate della quarta location da verificare. Vi svelo un segreto, ma non ditelo a nessuno: l’avevo lasciata per ultima perché tanto fuori mano, un po’ nascosta fra le campagne, ma inaspettatamente si rivelerà quella giusta. Ma è un’altra storia che al momento preferisco non raccontare.
Perché Villa Anastasia? Non lo so in realtà, ma è stato un colpo di fulmine: volevo un nome aristocratico e la
dinastia Romanov mi è sembrata perfetta.





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