Seljalandsfoss è sicuramente una delle cascate più belle e conosciute d’Islanda. Oltre ad un effetto scenico decisamente importante, rispetto alle altre cascate regala la possibilità di un giro panoramico alle sue spalle. Quindi si forma una colonna di turisti che vuole godersi il passaggio e la vista da dietro. Purtroppo, e questo lo dico soprattutto per i fotografi, il rovescio della medaglia sono l’umidità e l’acqua che rimbalza: si perché per riuscire a passare dietro Seljalandsfoss è necessario bagnarsi. E per il fotografo sprovveduto che si avventura con la macchina fotografica la situazione può, in alcuni punti, diventare davvero pericolosa: anche perché si rischia di rimanere bloccati in coda a lungo senza possibilità di ripararsi, magari proprio in un punto umido. Anche quando si tenta di fotografare diventa tutto molto complicato: proibito cambiare obbiettivo e personalmente ho ringraziato la tropicalizzazione della mia Canon EOS R (e la copertura antipioggia dello zaino). Ho scelto di pubblicare anche 3 foto verticali: davvero una rarità.
Si è formato solo 6500 anni fa, ma Kerið è uno dei crateri più spettacolari di tutta l’Islanda. Con i suoi 55 metri di profondità, i suoi 270 metri di lunghezza e i suoi 170 metri di larghezza, è caratterizzato da un’insolita forma ovale.
Dal punto di vista paesaggistico è sicuramente qualcosa di meraviglioso: purtroppo non siamo arrivati nel giorno migliore dell’anno e l’atmosfera uggiosa, le nuvole poco interessanti e la pioggia rada, ma fastidiosa, mi ha impedito di fotografare come avrei voluto e ho dovuto un po’ inventare per trovare qualche scatto almeno decente. Ma qualcosa sono riuscito a salvare.
La zona di Geysir è uno dei pochissimi posti sulla terra dove si possono osservare da vicino i geyser attivi. Arrivando qui ho scoperto, beata ignoranza, che i geyser devono il loro nome proprio a questa località. In realtà il fenomeno geotermale è ormai quasi ridotto a zero per via di alcuni cedimenti strutturali, il geyser più conosciuto è visitato è quello di Strokkur (in foto) che regala ai propri visitatori eruzioni di oltre 30 metri di altezza e si trova a circa 400 metri da Geysir. Strokkur è un geyser capace di generare getti d’acqua e vapore a 90 gradi ogni 6/10 minuti circa: uno spettacolo a cronometro. Purtroppo è difficile comprendere la potenza del getto e il tempo di intervallo: per fotografare bisogna armarsi di tempo, pazienza e orologio. Tutta la zona è comunque interessante per via della vivida colorazione delle sue colline, grazie alle prese d’aria di vapore e alle bellissime pozze di fango sulfureo, ma ascoltare il rumore dell’esplosione da lontano è una sensazione bizzarra che non dimenticherò. L’Islanda è una terra decisamente particolare e il Geyser è senza dubbio il fenomeno naturale che la contraddistingue maggiormente.
Gullfoss è stata la prima cascata che ho visitato durante il viaggio in Islanda. Si trova all’estremo est del Cerchio d’Oro ed è la più famosa (dicono) del paese: è composta da due cascate della portata di 109 metri cubi di acqua al secondo. La prima delle due, situata nella parte alta delle cascate, raggiunge gli 11 metri circa. Una volta superata la prima cascata, l’acqua si trova ad affrontare una seconda cascata di 20 metri. Di qui il totale di 31 metri di altezza.
Appena sono arrivato in vista di Gullfoss sono rimasto impressionato dal rumore di fondo e dallo spettacolare colpo d’occhio (che probabilmente non sono riuscito a mostrare in foto). Ma il fattore più sorprendente è la quantità di pioggia che si forma nelle immediate vicinanze e che praticamente impedisce di fotografare senza una protezione adeguata, sia personale che della fotocamera. La stragrande maggioranza delle persone è dotata di impermeabile (colorato). Io no ovviamente. Per una volta ho ringraziato la tropicalizzazione del mio grandangolo.
Il Parco Nazionale del þingvellir (detto anche Thingvellir) è un luogo unico al mondo. Si trova nel Golden Circle e qui si arriva davvero alle origini della terra; perché in questo parco si incontrano le placche tettoniche del Nord America e dell’Eurasia. Queste placche tettoniche simboleggiano la deriva dei continenti e sono, dal punto di vista geologico, uno spettacolo unico.
Non sono riuscito a fotografare come avrei voluto il canyon che rappresenta la fossa tettonica, l’ideale sarebbe stato scegliere un punto sopraelevato, però questa immagine presa da dentro mi piace e credo riesca a far immaginare come la crosta terrestre possa letteralmente spaccarsi.
Ammetto che quando ho visto per la prima volta la Hallgrímskirkja, il più importante luogo di culto luterano di Reykjavík, sono rimasto decisamente affascinato: perché da lontano è davvero molto imponente e importante. In realtà l’unica nota interessante di questa chiesa è la rigorosa geometria e la pulizia estrema delle sue linee e del suo cemento. La sua costruzione è durata 38 anni ed è terminata nel 1983: è considerata il capolavoro dello stile nazionale basaltico islandese. Anche gli interni sono piuttosto vuoti e molto nordici (in questo caso il termine è usato con accezione negativa) e l’unica cosa interessante è l’enorme organo che con le sue 5.275 canne raggruppate in 72 registri, è il più grande organo a canne islandese. Ci sono passato davanti all’alba, prima che la città prendesse vita, e poi nel primo pomeriggio, ma non sono riuscito a trovare qualcosa che accendesse la mia immaginazione. Deludente.
Raccontare e descrivere una settimana fotografica (non oso definirla vacanza) in Islanda è un’impresa: perché è nata in modo quasi inaspettato, alternativo e per certi versi anche bizzarro. E quindi come iniziare? In senso cronologico, con un nome assurdo (ma lo saranno tutti) e con una foto lineare: siamo alle pendici del vulcano Fagradalsfjall a Grindavíkurbær. Semplice, no? Si tratta ovviamente di un vulcano in attività, anche recentissima, ma quando siamo arrivati noi niente lapilli e niente fiamme. Solo magma, lava spenta che sino a qualche giorno prima scendeva con le sue lingue lungo la valle verso il mare. Somma di 5 scatti in lunga esposizione e filtro neutral density: il filtro ND sarà un filo ricorrente, ma non conduttore, di questo racconto.
All’interno del cimitero monumentale di Staglieno si trovano due tombe molto celebri, utilizzate dai Joy Division (gruppo musicale post-punk britannico) come copertine dei loro dischi. Ovviamente da appassionato di musica sono andato alla ricerca di questi luoghi di culto laico e, non senza fatica fatica, sono riuscito a trovarli. La Tomba Appiani, opera dello scultore Demetrio Paernio (1910) che rappresenta il compianto delle pie donne e utilizzata per l’album CLOSER (pubblicato postumo nel 1980 dopo il suicidio di Ian Curtis), si trova nel porticato sud. Mentre il bellissimo Angelo della Tomba Ribaudo, opera dello scultore Onorato Toso (1910) e cover del singolo LOVE WILL TEAR US APART (pubblicato nel 1980), si trova nel Portico Trasversale (porticato semicircolare). Assolutamente da non perdere.
Quando si varca la soglia del cimitero Monumentale di Staglieno si entra in mondo completamente avulso dal sistema; è un luogo che nasconde un fascino e una magia che sono impossibili da descrivere. E ammetto che anche la fotografia non riesce a spiegare l’atmosfera e l’arte che si svelano dietro ogni arco, lungo i corridoi, nei porticati, nei sotterranei. Esistono molteplici anime a Staglieno e raccontarle tutte in poche parole non è possibile: ci sarebbe da scrivere un libro (e infatti ne hanno scritti diversi). È un luogo immenso nel quale perdersi: ho girato quasi un giorno intero e non sono riuscito a visitarlo tutto. Si cammina, senza sosta, con la mappa e dietro ogni angolo c’è qualcosa da fotografare che sorprende e lascia stupefatti.
Ho scattato un’infinità di fotografie, perché la resistenza è futile. Alcune di queste immagini sono decisamente conosciute: la Tomba Oneto, di Giulio Monteverde (1882), la statua di Caterina Campodonico, la venditrice di noccioline (1881), opera dello scultore Lorenzo Orengo, capolavoro del realismo borghese, ma anche dramma eterno (1893), altra opera meravigliosa di Giulio Monteverde, che rappresenta il drammatico contrasto tra la sensuale giovane figura femminile e l’impassibile personificazione della morte che sta per ghermirla. Potrei anche parlare di musica, magari un’altra volta: ho pubblicato 70 foto e adesso osservatele e provate ad immergervi con me nella magia meravigliosa del Cimitero di Staglieno.
Vi sono monumenti, tombe, figure scolpite squisitamente lavorate, tutte grazia e bellezza. Sono nuove, nivee; ogni lineamento è perfetto, ogni tratto esente da mutilazioni, imperfezioni o difetti.
– Mark Twain