Il lago Jökulsárlón è il più grande e conosciuto lago di origine glaciale dell’Islanda. È una delle più importanti attrazioni turistiche dell’isola e ogni anno attira migliaia di visitatori. La sua caratteristica principale è la presenza di numerosi iceberg che si staccano dalla lingua del ghiacciaio del Breiðamerkurjökull (sempre più difficile). Il colore di questi blocchi di ghiaccio che si muovono nel lago varia dal turchese al blu profondo, ma anche giallo a causa del solfuro di origine vulcanica, nero per colpa delle cenere, e ovviamente bianco, in diverse tonalità.
Quando sono arrivato al lago sono rimasto sorpreso dal colore turchese acceso degli iceberg: all’inizio pensavo fosse un fenomeno visivo dovuto all’enorme quantità di bianco che mi circondava, ma in realtà ho scoperto che si tratta del colore reale del ghiaccio. Questo perché scendendo verso il lago il ghiacciaio trascina e distrugge portando con se quantità di materiale diverso: queste particelle sono molto fini e rimangono sospese all’interno dell’iceberg. Quando la luce solare colpisce l’acqua queste particelle assorbono le lunghezze d’onda più corte: il viola e l’indaco. L’acqua assorbe i rossi, arancioni e gialli di lunghezza d’onda più lunga. Rimangono il blu e il verde che miscelandosi formano il turchese che si presenta ai nostri occhi.
Ok, adesso devo utilizzare tre nomi davvero molto complicati: Fjallsárlón, Vatnajökull, Öræfajökull e sinceramente non conosco la pronuncia; con le lingue straniere sono un disastro. Fjallsárlón è un piccolo lago che si trova non lontano dal più conosciuto Jökulsárlón, qui il ghiacciaio Vatnajökull arriva con la sua lingua più meridionale (Fjallsjökull) e si spezza in iceberg. Öræfajökull invece è il nome del vulcano che sovrasta il lago. Abbiamo compiuto una meravigliosa escursione in gommone alla ricerca di foto e foche (ma è un’altra storia): i colori ed il freddo di Agosto sono indelebili nella mia mente.
Ho impiegato diverso tempo per riuscire a trovare la quadratura del cerchio e ottenere un bilanciamento del bianco corretto: in questo tipo di fotografia che comprende ghiaccio, neve, cielo e acqua la macchina fotografica tende ad impazzire e non comprende l’esatta esposizione del bianco. Ho lavorato di memoria, fantasia e vena artistica. Sono 12 foto, ovviamente molto simili fra di loro, ma ho preferito esagerare per dare un’interpretazione completa del lago e del ghiaccio.
Si è formato solo 6500 anni fa, ma Kerið è uno dei crateri più spettacolari di tutta l’Islanda. Con i suoi 55 metri di profondità, i suoi 270 metri di lunghezza e i suoi 170 metri di larghezza, è caratterizzato da un’insolita forma ovale.
Dal punto di vista paesaggistico è sicuramente qualcosa di meraviglioso: purtroppo non siamo arrivati nel giorno migliore dell’anno e l’atmosfera uggiosa, le nuvole poco interessanti e la pioggia rada, ma fastidiosa, mi ha impedito di fotografare come avrei voluto e ho dovuto un po’ inventare per trovare qualche scatto almeno decente. Ma qualcosa sono riuscito a salvare.
Il 17 novembre pubblico la 17ª foto dedicata al Lago di Pianfei. Sempre affascinante. Qui il tempo di merda non sembra darci tregua e quindi è necessario sfruttare i nuvoloni carichi di pioggia che solcano i nostri cieli; visita veloce del lago, toccata e fuga. Pioggia leggera, che non senti addosso, ma che percepisci qualche istante dopo quando ti ritrovi completamente bagnato. Tempo di merda.
Provo a riprendere in mano le redini del photoblog dopo la pausa estiva. Ho perso lo smalto e la voglia, spero che l’autunno mi porti nuovi stimoli fotografici e soprattutto il tempo per post-produrre e pubblicare. Riprendo con un immagine particolare: è il lago del bioparco Zoom a Torino al tramonto. È una foto scattata per caso con lo smartphone dopo una giornata trascorsa con mia figlia tra divertimento, animali, spettacoli e tuffi. Ricominciamo?
Il lago di Misurina è un luogo straordinario, una bellezza che mi lascia sempre senza parole. Non è la prima volta che passo da queste parti, sono tornato a distanza di 13 anni e come allora ho circumnavigato il lago alla ricerca di fotografie. E mi piace scattare le stesse foto per capire se nel tempo si vedono i miglioramenti, anche nella scelta del momento. Rispetto al 2007 sono cambiate tante cose nel mio approccio alla fotografia: sicuramente all’epoca non avevo con me il treppiede che invece adesso non dimentico mai (con la testa micrometrica) e nelle foto di landscape la differenza di vede. E poi oggi ho la possibilità e la voglia di cercare la fotografia come parte integrante del viaggio, mentre all’epoca era semplicemente un’aggiunta importante, un ricordo da condividere con il me stesso del futuro.
Per la realizzazione di questa foto (scattata poco dopo l’alba a Pallanza, sul lago Maggiore) mi sono ispirato in post-produzione alla color grading di una celebre scena del film Rocky (1976), quando il protagonista esulta in cima alla scalinata del Philadelphia Museum of Art (prima o poi ci devo andare). La fotografia di quel film è di James Crabe. Ovviamente questo trasforma nettamente la Lookup Table della foto originale (non me ne vogliano i puristi della fotografia), ma trovo comunque che riesca a rendere interessante l’anima di questa immagine che è anche tanto dubleface (come direbbe Cecco, il nipote del fornaio).
Entrare nel parco di Villa Poss è stata un’esperienza straniante. Raramente mi è capitato di ammirare qualcosa del genere, un senso di pace e serenità ineguagliabili: lo spettacolo del lago Maggiore in tutta la sua bellezza, nel silenzio e nel freddo dell’alba di dicembre, mi ha lasciato senza fiato. Avrei voluto avere vicino tantissime persone per condividere il momento eppure, per una volta, mi sono trovato solo. E mi sono goduto davvero l’estasi, fra lunghe esposizioni, l’aria fredda, freddissima, e quel senso di bellezza che riesco a misurare sempre più spesso. Forse sarà l’età che avanza che mi permette di comprendere meglio certi concetti di armonia mentale. E rimango allibito da come possa essere abbandonato al suo destino un luogo del genere, di una bellezza quasi indefinibile. Sembra che si voglia trasformarla in albergo di lusso (non potrebbe essere altrimenti vista la posizione), ma forse sarebbe meglio lasciarla aperta al pubblico, alle persone: su prenotazione, per pochi, perché il rumore di fondo potrebbe uccidere questo parco meraviglioso e questa vista impagabile per l’occhio e la mente.
Dentro non è rimasto quasi più nulla, la celebre Torre (che un tempo dava il nome alla villa) è crollata. Le pareti stanno cadendo a pezzi. L’edificio è pericolante e pericoloso: ho fotografato solo la scalinata, ultime vestigia della grande bellezza che fu. Non credo che possa rimanere in piedi ancora per molto e il mio consiglio è di fare molta ma molta attenzione. Io mi sono trattenuto solo pochi minuti e poi sono uscito a godermi l’aria pulita all’esterno.
Villa Poss era una delle residenze più celebri del lago Maggiore. Si trova tra Intra e Ghiffa, acquistata alla fine del Settecento dal marchese Luigi Caccia-Piatti di Novara. Venne costruita in varie fasi nel corso dell’Ottocento, mantenendo però sempre una caratteristica torre in stile medievale che la valse l’appellativo di villa La Torre. Fu abitata da un ministro napoleonico (Giuseppe Prina), un conte vercellese (Casanova), due industriali intresi (Giuseppe Frova, Carlo Franzosini), un principe polacco (Josef Poniatowsky) e, nel Novecento, dall’imprenditore trentino Alessandro Poss. Dotata di un panorama suggestivo sul lago, assunse le forme attuali con gli interventi operati negli anni 1860-64 e 1868-70 dagli architetti Pietro Bottini e Francesco Galli. Imponenti anche i giardini, la cui attuale estensione è di quasi sei ettari. Il meraviglioso parco si componeva di serre, grotte, vallette, ponticelli, gazebo, scuderie e numerosi esemplari arborei e arbustivi
Questo è il 13° post dedicato al Lago di Pianfei. Discreto numero. In questi giorni però le temperature sono quasi sempre sotto lo zero e volevo controllare la situazione dell’acqua; diciamo la situazione del ghiaccio che di acqua non ne ho visto molta. La temperatura era davvero rigida, ma sinceramente pensavo peggio. Sono sceso con qualche difficoltà verso le sponde del lago e ho fotografo con treppiede e lunga esposizione: purtroppo il crepuscolo sarebbe arrivato solo da lì a qualche minuto e mi sono dovuto accontentare dell’ora blu.
Con l’arrivo del freddo e con l’accorciarsi delle giornate sto riscoprendo il piacere di fotografare all’alba. E devo ammettere che il fatto che il crepuscolo arrivi in orari umani aiuta non poco questa attività; le gioie sono però limitate in quanto le temperature sono davvero al limite del sopportabile. Quindi è necessario armarsi di guanti, cappello, sciarpa e abbigliamento pesante, che il congelamento è dietro l’angolo. Queste tre foto sono scattate sul lago Maggiore, al Terminal Traghetti di Pallanza, pochi minuti dopo le 7 di mattina. Treppiede, tempi lunghi di scatto, livella, pazienza e una sana voglia di sopportare il freddo.