Quando si varca la soglia del cimitero Monumentale di Staglieno si entra in mondo completamente avulso dal sistema; è un luogo che nasconde un fascino e una magia che sono impossibili da descrivere. E ammetto che anche la fotografia non riesce a spiegare l’atmosfera e l’arte che si svelano dietro ogni arco, lungo i corridoi, nei porticati, nei sotterranei. Esistono molteplici anime a Staglieno e raccontarle tutte in poche parole non è possibile: ci sarebbe da scrivere un libro (e infatti ne hanno scritti diversi). È un luogo immenso nel quale perdersi: ho girato quasi un giorno intero e non sono riuscito a visitarlo tutto. Si cammina, senza sosta, con la mappa e dietro ogni angolo c’è qualcosa da fotografare che sorprende e lascia stupefatti.
Ho scattato un’infinità di fotografie, perché la resistenza è futile. Alcune di queste immagini sono decisamente conosciute: la Tomba Oneto, di Giulio Monteverde (1882), la statua di Caterina Campodonico, la venditrice di noccioline (1881), opera dello scultore Lorenzo Orengo, capolavoro del realismo borghese, ma anche dramma eterno (1893), altra opera meravigliosa di Giulio Monteverde, che rappresenta il drammatico contrasto tra la sensuale giovane figura femminile e l’impassibile personificazione della morte che sta per ghermirla. Potrei anche parlare di musica, magari un’altra volta: ho pubblicato 70 foto e adesso osservatele e provate ad immergervi con me nella magia meravigliosa del Cimitero di Staglieno.
Vi sono monumenti, tombe, figure scolpite squisitamente lavorate, tutte grazia e bellezza. Sono nuove, nivee; ogni lineamento è perfetto, ogni tratto esente da mutilazioni, imperfezioni o difetti.
– Mark Twain