POSTED ON 1 Dic 2023 IN
Performing Arts
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EVENT,
theater
Quando ero bambino mio padre era un grande appassionato di elettronica (e deve avermi trasmesso questa passione). All’epoca lavorava nel più conosciuto negozio del settore di Imperia (per chi si ricorda: Il Punto di Garibaldi, sotto i portici di via della Repubblica), non esistevano ancora le grandi catene, siamo nella prima metà degli anni ’80. Mi ricordo le partite al calcio dell’intellevision in vetrina, altri tempi. In casa passava, ovviamente, qualsiasi novità (come dimenticare il BetaMax) e non poteva mancare lo stereo, alta fedeltà si definiva allora (forse anche adesso): mi ricordo la musica ad alto volume, il suono perfetto, le cuffie giganti (a me bambino sembravano fantascienza). Se non sbaglio l’amplificatore era un Technics (color oro) con tantissime lancette e una manopola del volume enorme: due lettori a cassette -per duplicare- e un piatto per i dischi. E qualche vinile in casa c’era e fra questi uno particolare, da maneggiare con cura, con un nome strano che mi incuriosiva particolarmente: Lo schiaccianoci di Čajkovskij. Ricordo molto bene la copertina: era beige con il nome Ciaikovski in grande, poi il titolo, e un’immagine di ballerine in tutù. A me non piaceva, solo un pezzo trovavo interessante (ho scoperto adesso trattarsi del Walzer dei fiori). Venerdì scorso mi hanno invitato ad assistere/fotografare a quello che posso definire il mio primo balletto a teatro: e quando ho letto il titolo, lo schiaccianoci di Čajkovskij interpretato dal Balletto di Milano, la scoperta mi ha lasciato un senso di bellezza, di sorpresa, un sorriso, come se, a distanza di oltre 40 anni, si chiudesse un cerchio. E quando, al secondo atto, è arrivato il momento del Walzer dei fiori ho pensato: eccola, ciao papà.
Adesso una nota tecnica, di fotografia, una sorta di promemoria. Non volevo disturbare il pubblico e ho deciso di scattare in modalità silenziosa: per evitare il rumore dell’otturatore si attiva -in automatico- lo scatto elettronico. Purtroppo con la combinazione
tempi veloci e luci artificiali (neon/led) si genera un fenomeno definito
Flickering. Il Flickering, che in italiano potremmo definire
sfarfallio, produce nelle foto delle orrende bande nere/colorate dovute principalmente agli effetti che provoca la variazione della tensione elettrica nei sistemi di illuminazione. E quindi,
morale della favola, mi sono ritrovato la stragrande maggioranza delle
immagini (qui esempio) con queste fastidiose strisce e ho dovuto cestinare quasi tutto il lavoro. Anche in queste 23 selezionate, con un po’ di attenzione, è possibile notare il fenomeno. Da domani mai più scatto elettronico, sopporterò il rumore.
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POSTED ON 26 Nov 2023 IN
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POSTED ON 10 Mag 2023 IN
Landscape
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POSTED ON 7 Mag 2023 IN
Reportage
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URBEX,
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La storia delle foto di Garage Marconi è decisamente bizzarra; dopo un primo tentativo a vuoto (troppa gente, non ci siamo fidati) Lorena è tornata ed è riuscita a fotografare la celebre Lancia Fulvia GT (ha anche trovato e messo al suo posto la I mancante). Ho quindi deciso di tentare nuovamente e, giunto sul posto, mi sono imbattuto in due ragazzi molto giovani: abitano proprio di fronte al garage. Ho chiesto informazioni e mi hanno detto che la zona era disabitata da tempo, in vendita, e che loro non mi avrebbero detto nulla. Sono entrato, ho scattato le foto e in pochi minuti sono tornato in strada. I due ragazzi erano ancora lì, ad aspettarmi: “Ma è solo una vecchia Lancia distrutta, perché venite tutti i fotografarla?“. Mi hanno strappato una risata e ho pensato ad una risposta lunga e dettagliata. Ma sono riuscito a dire solo “perché è bellissima“.
POSTED ON 13 Apr 2023 IN
Reportage
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URBEX
Quando si esplora una location abbandonata può capitare, e capita non di rado, di scoprire tesori inaspettati e di rimanere positivamente sorpresi contro ogni aspettativa: ci sono luoghi poco considerati dal grande pubblico dell’urbex, ma che possono trasformarsi in piccole perle per gli amanti della fotografia.
Quella che viene denominata, con una certa dose di fantasia e malcelata ironia, casa dello Scozzese fa parte proprio di questa categoria; dalle frasi sentite e dalle poche foto pensavo di trovare un’ambientazione poco attraente, senza grandi spunti fotografici e con una sola stanza di prestigio. E invece…
Oltre alla stanza che dà il nome alla location, per via della tappezzeria che dovrebbe essere tipica di una certa zona della Gran Bretagna, ci sono almeno altri tre locali di notevole valore fotografico, un pianoforte, un prestigioso soffitto, un paio di biciclette e una vasca da bagno che posso definire, senza paura di smentita, intrigante. E soprattutto poca confusione, che nella mia fotografia amo il rigore asettico di certe ambientazioni minimaliste che quasi mai vengono apprezzate come dovrebbero. Sono entrato, dalla porta principale ovviamente, senza grosse aspettative e sono uscito con 16 foto che reputo davvero molto interessanti. Ah, la meravigliosa Scozia, le cornamuse, il whisky, Gordon Strachan, Edimburgo…
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POSTED ON 9 Apr 2023 IN
Reportage
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urbex
Questa villa viene definita Tre Cime per via di un quadro/poster delle celebri Tre Cime di Lavaredo nella camera da letto principale. Qualcuno l’ha definita anche Turista per sempre in omaggio ad un noto fotografo urbex, ma è un’altra storia che probabilmente nemmeno ci interessa.
Per la foto di copertina ho scelto però un’immagine diversa: lo studio dell’abitazione che si trova al primo piano. Quando sono entrato nella stanza, con le finestre e le persiane chiuse, la luce era inesistente, un solo grande bagliore arrivava dalla porta aperta sul corridoio. Ho sistemato il treppiede e la macchina fotografica completamente al buio utilizzando solo una torcia: per riuscire ad ottenere una foto visibile all’occhio umano ho dovuto impostare 800 ISO e f/2.8 (apertura massima del 15-35). Tempo di scatto di 20 secondi, ma nonostante tutto ho dovuto alzare la luminosità al limite del consentito in post. È un po’ forzata, ma per le condizioni di luce non posso che dirmi soddisfatto.
C’è anche un aneddoto divertente relativo a Villa Tre Cime. Recentemente ho accompagnato un gruppo di urbexer francesi in visita nel bel paese e il passaggio da queste parti è stato quasi obbligatorio. Al momento di entrare, anziché passare dal buco nella recinzione, ho deciso di scavalcare, ma non troppo agevolmente. Ho calcolato male la coppia forza necessaria/dinamica del salto e mi sono procurato una profonda abrasione sul palmo della mano (sono quasi guarito); per non farmi mancare niente sono anche rimasto agganciato con i pantaloni che si sono strappati lasciandomi in vista parte del fondoschiena. Ovviamente fra l’ilarità dei presenti.
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POSTED ON 2 Apr 2023 IN
Landmark
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church,
zenit
POSTED ON 28 Mar 2023 IN
Portrait
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model,
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50ne
Oro, oro, oro
Un diamante per un sì
Oro, oro, oro
Per averti così
Distesa, pura, ma tu ci stai
Perché accetti e ci stai?
– Mango
POSTED ON 27 Mar 2023 IN
Portrait
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urbex,
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50ne
POSTED ON 27 Mar 2023 IN
Portrait
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50ne
POSTED ON 20 Mar 2023 IN
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50ne
POSTED ON 28 Feb 2023 IN
Reportage
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urbex,
superwideangle
Al sottoscritto dell’esplorazione urbana -urbex- importa il giusto, non troppo, il giusto. È importante, ma non è il punto focale, non è quello che mi muove. Quello che mi muove è la fotografia e quando non sono soddisfatto di uno scatto devo rifarlo, è un tarlo che mi bussa nel cervello senza soluzione di continuità. E l’immagine di questa stanza mi ha lasciato decisamente insoddisfatto: troppa gente, confusione, tempi veloci, non sono riuscito a ragionare sulla foto come avrei voluto. Giocoforza mi sono sentito costretto a tornare, a fotografare solo quella stanza: probabilsicuramente ho dei problemi psicologici, ma adesso posso completare l’album Santi in Paradiso. Ho scattato da diverse angolazioni, con diversi obbiettivi, e sono immagini che mi limiterò ad aggiungere all’articolo originale. Per ricordare la mia malattia ho deciso di inserire in questo post, come promemoria, una sola foto, ma particolare: è scattata con un grandangolo estremo che ho aggiunto all’ultimo secondo nello zaino, con aria di sufficienza, quasi per sfizio: è l’Irix 11mm f/4 Firefly. Con tutta la calma del mondo.
POSTED ON 3 Feb 2023 IN
Reportage
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urbex
Il passaggio nel giardino di Villa Hornet (non conosco l’esegesi del nome) è semplice: si entra da un cancello aperto sul retro, è una piccola via laterale, in strada non c’è nessuno. E’ mezzogiorno, fa caldo, nonostante l’autunno sia già iniziato da tempo. L’erba è gialla, incolta, ha sofferto il grande caldo dell’estate, in casa si entra attraverso una porta/finestra spalancata: sono già passati i ladri, ma siamo sicuri che all’interno non incontreremo nessuno perché il silenzio è ingombrante. Le stanze del piano di sopra sono totalmente a soqquadro, come se fosse passato uno tsunami; il primo piano invece è stranamente in ordine, un ordine anacronistico: statuine di ceramica, pupazzi, fiori finti, bottiglie, ventagli aperti in bella mostra, piatti, tazzine, un vestito da geisha di pizzo rosa appoggiato sulla poltrona, l’album delle fotografie abbandonato sul tavolo come se fosse l’ultimo ricordo da memorizzare prima di andare via. È una situazione strana, confusa, precaria, che mi lascia interdetto e non mi piace.
Perché Chincaglieria Cinese? Per via dell’enorme quantità di oggetti dozzinali e perché devo essere molto sincero: mal sopporto i luoghi confusi, il caos, il disordine incontrollato e fra queste mura non ho trovato l’ispirazione necessaria per trovare scatti interessanti. E trovo fisiologico associare questa sensazione alla poca qualità orientale. Un insieme di pessimo gusto e scelte discutibili che mi hanno lasciato perplesso, che mi hanno condizionato, e osservando le foto le ho trovate poco soddisfacenti da subito, non complete, quasi casuali nel raccontare e descrivere. Se dovessi dare un voto sceglierei la singola stella: il minimo.
POSTED ON 6 Nov 2022 IN
Reportage
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urbex
Forse troppi santi in paradiso. Ma è un altro argomento, molto di moda, che non mi interessa discernere. Ci sono altre storie e devo prendere atto che in questo periodo l’urbex mi trascina in amare riflessioni sul futuro e sul lascito dopo vita. In uscita silenziosa da questa casa, da troppo tempo in balia degli eventi, abbiamo incontrato una signora: le abbiamo chiesto informazioni e la risposta è stata quasi banale nella sua semplicità. E passano i giorni, forse gli anni e luoghi meravigliosi e colmi di fascino diventano quasi un pericolo per la collettività implodendo su se stessi. Confuso e troppo di corsa mi sono perso in queste stanze che racchiudono una storia di vita, ricordi legati al passato, gli anni che scorrono inesorabili, l’arrivo di una vecchiaia e un futuro certamente non da scrivere per l’impossibilità di farlo.
Chi vuol esser lieto, sia: di doman non c’è certezza.
– Lorenzo De’ Medici
Mi ritorna sempre nella mente questa bellissima frase e mi costringe a riflettere sul futuro e forse, più probabilmente, sul presente. Perché purtroppo in realtà del domani una certezza l’abbiamo, l’unica certezza che possiamo avere: questo domani non ci sarà. L’ottimismo è il sale della vita. Rimane solo da capire quanto possa durare l’oggi, ma sarà più breve di quanto si riesca ad immaginare. Adesso fate gli scongiuri più potenti che conoscete, ma puntate sulla felicità e ricordatevi di essere lieti perché domani è certo che non lo sarete: i santi non vanno in paradiso.
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POSTED ON 18 Apr 2022 IN
Reportage
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urbex