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L’orologio del Museo d’Orsay
POSTED ON 26 Lug 2024 IN Landmark     TAGS: travel, monument, museum

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L’orologio del Museo d’Orsay gode da sempre di un’aura importante nei confronti del sottoscritto. Non so perché, non ricordo, devo aver visto qualche foto in passato, qualcosa che ha colpito la mia immaginazione. Sono andato a Parigi con il chiaro intento di riuscire a fotografarlo: ho programmato al secondo l’ora della visita per riuscire a godere delle ore migliori della giornata (fotograficamente parlando) all’interno del museo.

Tra il 1900 e il 1936 la gare d’Orsay fu un’importante stazione ferroviaria; dopo aver operato per molti anni con successo, all’inizio della seconda guerra mondiale fu utilizzata come centro di spedizione per i prigionieri. Cessò di fungere come stazione ferroviaria a causa del progresso tecnologico, che portò i treni ad aumentare di dimensione e di velocità, rendendoli inadatti ad operare nell’antica stazione. Solo nel 1977 fu presa la decisione di convertire la gare d’Orsay in un museo. La prima idea fu quella di abbattere il palazzo, ma l’edificio fu dichiarato monumento storico. L’interno ricorda ancora chiaramente una stazione ferroviaria e fu deciso di conservare l’orologio che nel tempo è diventato un vero e proprio simbolo di arte e cultura: un’icona del mondo moderno, assolutamente riconoscibile in ogni parte del globo.

Nella mia mente malata e fantasiosa avevo programmato di mettermi davanti, scegliere le condizioni di scatto migliori e, con tutta calma, scattare dalla posizione migliore per riprendere il celebre orologio. Ma il mondo ragiona in modo diverso dal mio cervello e quando sono arrivato al quinto piano del Museo d’Orsay sono stato accolto dalla folla: mal contate ci saranno state 100 persone in coda per scattare un selfie oppure una foto ricordo con l’orologio. Mi sono visto costretto a fare di necessità virtù e sfruttare il tempo fra uno scatto e l’altro dei visitatori per riuscire a trovare un momento, pochi istanti, libero. Che poi ho pensato che la silhouette delle persone non fosse così malvagia: ho spostato di 3 stop a sinistra e ho esposto per il mondo esterno; il risultato è una serie di foto che mettono in risalto l’orologio e la vista su Parigi. Per ottenere qualcosa di diverso avrei dovuto chiedere il permesso per scattare al di fuori dell’orario di apertura, magari poco dopo l’alba: e credo sia un permesso difficile da ottenere.

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Villa del BMW
POSTED ON 7 Lug 2024 IN Reportage     TAGS: URBEX

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Quella che viene definita Villa del BMW è una delle esplorazioni urbex peggiori che abbia mai fatto. Per il come, per il quando e per il risultato finale. Il come preferisco non spiegarlo, per evidenti motivi, ma basti sapere che per riuscire ad entrare abbiamo dovuto aspettare un tempo infinito. E faceva caldo, tanto caldo, un caldo allucinante per la stagione (e per il nostro abbigliamento) e ricordo la sofferenza: temperatura non prevista e attesa sono due motivi di odio profondo e insofferenza.

Poi quando siamo entrati una delusione dietro l’altra. La villa è sporchissima, ma proprio quello sporco da abbandono, brutto, puzzolente, che si attacca alle suole delle scarpe. Il disordine è cattivo, perché si miscela insieme alla sporcizia diventando fastidioso e inutile. Non sono riuscito a fotografare, in alcune stanze non sono nemmeno entrato. Le finestre sono chiuse, il buio è totale. L’odore di muffa è persistente, anche uscendo in giardino non si riesce a togliersi di dosso quella sensazione dannosa: fuori è ancora più confuso con oggetti lasciati alla rinfusa senza nessuna logica. E poi c’è la macchina, che da il nome alla villa: devastata, distrutta, buttata in mezzo al cemento come uno straccio vecchio. Brutta da vedere, anche peggio da fotografare.

Quando sono uscito mi sono tolto la maglia, lavato le mani e sono tornato a respirare. Ci sono esplorazioni urbex che lasciano ansia per la paura, per l’adrenalina. Nella Villa del BMW ho sentito un’ansia diversa, come se qualcosa mi si appiccicasse alla pelle, come ragnatele, come una melassa sotto le scarpe e contemporaneamente polvere nel cervello. Sensazioni che vorrei non provare mai più.

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Salone delle Guardie Svizzere
POSTED ON 6 Lug 2024 IN Landmark     TAGS: museum, zenit, history

Salone della Guardia Svizzera

Santuario della Madonna di San Marco
POSTED ON 3 Lug 2024 IN Landmark     TAGS: zenit, church

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Trionfo Marmoreo
POSTED ON 28 Giu 2024 IN Reportage     TAGS: URBEX, chuch

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In realtà si chiama Chiesa di Sant’Antonio, un classico della zona. Ma nel titolo era interessante rendere omaggio al tripudio di marmo che caratterizza questa piccola chiesa spoglia e abbandonata. L’abbiamo trovata per caso, lungo una strada di grande comunicazione: recava i classici segni dell’abbandono, abbiamo parcheggiato poco più avanti e con grande sorpresa (capita, di rado, ma capita) la porta era semplicemente appoggiata, come se la preghiera e il rispetto fossero consentiti. Quello che colpisce di questa chiesa sono le targhe che segnano la storia di una singola famiglia, come se il luogo di culto fosse una sorta di proprietà privata: il nipote che rende omaggio al nonno che l’ha adottato, il nonno che rende omaggio alla nuora, Rachele, morta a soli 38 anni: quasi 200 anni di ringraziamenti e devozione. L’ultima targa segna come data 1938, sono trascorsi quasi 100 anni.

Il lato tremendo di questa esplorazione, quasi casuale, sono le foto che non riescono a soddisfare quello che spero essere diventato un palato fino. Sono tutte incredibilmente storte e ho pubblicato solo le migliori. Sarà la fretta, sarà l’aria, sarà il caffè, ma per un certo tipo di fotografia è necessario riflettere ed agire con calma; senza urgenza, senza ansia, con interesse e voglia. È un utile promemoria per le prossime occasioni.

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Training
POSTED ON 28 Giu 2024 IN Sport, Portrait     TAGS: MODEL

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