Mi piace la Torre Eiffel perché sembra di acciaio e pizzo.
– Natalie Lloyd
Da tempo avevamo promesso ad Alice che saremmo andati a EuroDisney. E sinceramente ero molto curioso anche io, ma mi sembra normale. Quando siamo partiti qualche giorno per Parigi, il parco è stata ovviamente tappa obbligatoria. Non mi aspettavo di trovare una roba così incredibile: ho fatto un breve calcolo dei soldi che girano giornalmente intorno a EuroDisney e mi è venuto il mal di testa: tutto è enorme, gigantesco, colorato, bellissimo, emozionante. Lo spettacolo notturno con fuochi d’artificio e droni che si muovono nel cielo è una roba che non si può descrivere; è stata una giornata faticosa, ma bellissima.
Sono stato 4 volte a Parigi -se non ho perso il conto- e non ero mai riuscito a fotografare la Tour Eiffel di notte dalla spianata del Trocadero. Non è quella che si può definire una foto eccezionale, è la classica cartolina, ma sinceramente è una di quelle immagini iconiche che volevo conservare nella mia personalissima collezione; mi garbava anche l’idea di pubblicarla su queste pagine. E l’ultima volta che sono tornato nella capitale Francese non ho resistito alla tentazione, anche se sinceramente non mi aspettavo di trovare così tanta concorrenza. Mi sono armato di pazienza e treppiede, e finalmente anche io ho la mia foto ricordo della Tour Eiffel.
Ci sono passato tante volte davanti percorrendo l’autostrada e tutte le volte iniziava il canto di guerra: “Calatrava Calatrava Calatrava”. Un ricordo di gioventù quando a Valencia ci fermammo ad ammirare il famoso Pont de l’Exposició opera del genio dell’architetto spagnolo. Eppure non ero mai riuscito a fermarmi per fotografare l’opera di uno dei grandi maestri dell’architettura mondiale. La zona è celebre proprio per essere interamente progettata da Santiago Calatrava e quando si entra a Reggio Emilia sembra di essere in un mondo decisamente futuristico.
Quando sono arrivato ho subito percepito che qualcosa non funzionava: nessuna macchina nel parcheggio, niente treni, niente persone. Ho iniziato a fotografare nel silenzio più assoluto, quasi irreale, il caldo era tremendo. Sono salito nella zona dei treni (ma di treni manco l’ombra), ho fotografato il vuoto della stazione, ero sorpreso, mi guardavo intorno e non capivo: come in un film distopico di fantascienza. Mentre tranquillamente camminavo lungo la banchina spunta dal nulla un funzionario/operaio, mi ferma in modo perentorio e mi chiede il motivo della mia presenza. Io rispondo in modo semplice e lineare: “Scatto qualche foto”. Mi viene fatto gentilmente notare (non troppo gentilmente a dire il vero) che la stazione è chiusa per lavori di ripristino e che l’accesso è vietato: rispondo che sono entrato dalla porta principale spalancata e che non c’è nessun divieto di accesso, ma comunque mi allontano chiedendo scusa per la mia presenza. In effetti davanti all’entrata era presente un piccolo cartello che indicava il fermo della stazione nella settimana di ferragosto per manutenzione. In urbex ho ricevuto meno rimproveri. Comunque ringrazio perché, grazie a un colpo di fortuna insperato e insolito, ho fotografato la stazione deserta e non credo potrà succedere un’altra volta. Meglio così.
Quando ho prenotato il biglietto sapevo che la visita alla Sainte-Chapelle di Parigi sarebbe stata emozionante. Mai però avrei pensato di poter essere colto dalla Sindrome di Stendhal; l’entrata nella cappella superiore è stato un tuffo al cuore, non è possibile nemmeno immaginare di poter assistere a una bellezza di questo tipo: mi guardavo intorno e non capivo, sono rimasto come sotto shock, le pulsazioni sono salite di colpo e per qualche istante sono rimasto immobile e senza parole. Avevo visto le foto, ma niente può permettere di comprendere il livello di arte e spettacolare bellezza che si incontrano varcando la soglia di ingresso della chiesa che all’epoca conservava le importanti reliquie della corona di spine di Gesù.
Ho impiegato qualche minuto a riprendermi e ho cercato di capire come fotografare la Sainte-Chapelle. Come si può facilmente immaginare è molto buia e non è possibile utilizzare il treppiede; ho quindi alzato gli iso a 800 e aperto il diaframma: sono riuscito a contenere a f/3,5 senza andare alla massima apertura del grandangolo. L’idea era quella di esaltare le incredibili vetrate (prima di visitarla Vi consiglio di leggere cosa rappresentano e come sono state realizzate alla fine del 1200) e quindi creare un contrasto forte con il resto della chiesa. Avrei potuto illuminare maggiormente in post-produzione, ma quando si è dentro la seconda cappella la luminosità è bassa proprio per creare un effetto straniante per il visitatore. Ho scelto 21 foto, alcune molto simili fra loro: forse sarebbe stato meglio semplificare e ridurre il numero di immagini, ma ho preferito pubblicarle tutte proprio per tentare di mostrare la sensazione di meraviglia che ho provato quando nel centro della navata mi sono guardato intorno senza capire come potesse essere possibile quello mi circondava. E a distanza di oltre 12 mesi non sono ancora riuscito a capirlo.