
Una delle meraviglie del viaggio è provare la cucina locale; è possibile scoprire nuovi sapori e assaporare cibi conosciuti preparati all’origine. E quando ho visto la strana brace con i carciofi mi sono fatto raccontare la tradizione catanese dei cacocciuli arrustuti. Non ho resistito alla tentazione e (dopo aver fotografato) ho deciso di assaggiare il famoso carciofo: mi sono seduto sugli scalini del mercato del pesce di Catania e, accompagnato da una birra, ho provato il cacocciulo arrustuto: assolutamente da non perdere durante una visita a Catania.


Il sentiero dei Limoni è un semplice percorso di trekking che si snoda fra le città di Maiori e Minori. Non è lungo, anzi, si può espletare senza fretta in circa due ore ed è alla portata di chiunque nonostante la prima parte in salita e l’abbondante presenza di scalini. Quello che mi ha colpito è la totale assenza di limoni. Incredibile, ma vero. Ho scoperto che i limoneti sono privati e nascosti, ma basta aguzzare la vista ed è possibile scorgere qualche pianta dietro le recinzioni che fiancheggiano la strada. Il punto forte del sentiero dei Limoni è chiaramente il panorama: ad ogni curva, dietro ogni angolo, il mare spunta imperioso e lascia senza fiato.
A metà percorso si arriva nella frazione di Torre (il nome è dovuto probabilmente all’esistenza di un’antica fortificazione oggi scomparsa, forse la Torre Fronsuti) e qui si può conoscere la storia delle portatrici di limoni: perché prima dell’arrivo della modernità i limoni venivano trasportati lungo questo sentiero dalle donne del paese. Si trattava di un lavoro pesante che consisteva nel caricare grossi sportoni costruiti con legno di castagno rivestiti di stoffa all’interno, che potevano contenere tra i 50 e 70 kg. Oggi vengono ricordate con una via dedicata ed una targa.
Come dicevo all’inizio il sentiero non è faticoso, però all’arrivo a Minori, magari sudati e accaldati, consiglio di fare una piccola sosta in un locale del lungomare (poco lontano dalla Basilica di Santa Trofimena) che definire storico è forse semplicistico: la Pasticceria Sal de Riso, dove è tradizione quasi obbligatoria degustare la celebre Delizia al Limone. Vi posso garantire che non ve ne pentirete.











Nel breve e rapido passaggio a Sorrento non poteva mancare la sosta per acquistare il celebre limoncello (spoiler: attenzione a non chiamarlo limoncino). Ovviamente, senza troppe informazioni, ci siamo fermati nel negozio più commerciale dell’intera zona: il conosciutissimo Limonoro. Ammetto che la scelta è stata parzialmente condizionata dalla gente all’interno del locale, ma soprattutto per la bellissima vetrina: non è passata inosservata al mio occhio (sempre vigile) l’immagine della ragazza che con la reflex fotografa un modello sotto un sole giallo limone. Il limoncello è molto buono e la gentilezza del personale fuori scala: a furia di assaggi sono uscito dal negozio completamente ubriaco e con 4 bottiglie (ottima la crema).

E finisce così, con la strada che si presenta ai miei occhi. Una strada ancora lunga, da percorrere -come sempre- a tutta velocità. In questi due mesi ho provato a raccontare il mio viaggio in Islanda: 49 articoli per 160 immagini. Un viaggio meraviglioso e faticoso, che mi ha migliorato (credo) come persona e come fotografo. E forse la prima volta che riesco a pubblicare un reportage di viaggio senza soluzione di continuità, ma dovessi scegliere una foto simbolo del viaggio davvero non saprei davvero da che parte iniziare. Da domani si riparte. Goodbye Iceland.

La storia di questa foto alla cascata di Gljúfrafoss è un po’ bizzarra. E complicata, come complicato è riuscire a fotografare questa piccola perla nascosta. Gljúfrafoss si trova a poca distanza da Seljalandfoss, ci si arriva a piedi percorrendo un piccolo tratto di strada. Purtroppo al primo passaggio non sono riuscito a vederla, anche perché ho ricevuto indicazioni sbagliate. All’ultimo giorno, durante il rientro, siamo tornati sulle nostre tracce e non ho esitato un secondo quando mi si è presentata la possibilità di fermarmi nuovamente in questa zona.
Purtroppo fotografare la cascata di Gljúfrafoss è un’impresa che potrei definire avventurosa: per arrivarci è necessario guadare un piccolo fiume ed entrare in una gola decisamente stretta. Non esiste una vera e propria strada, si salta di pietra in pietra per evitare di bagnarsi. Si forma una piccola coda in un solo senso di marcia, quindi si deve aspettare che si esaurisca il flusso di persone per riuscire ad entrare. Una volta arrivati sotto la cascata ci si trova in un piccolo antro di qualche metro con l’acqua che arriva da tutte le parti e con una luminosità ai minimi termini. Usare il treppiede è impossibile (non ci sono punti facili di appoggio), si è circondati da altre persone e il contrasto tra il cielo e l’interno della cascata è fortissimo.
Ho scattato con il fish-eye, esponendo sul cielo al centro del fotogramma a 400 ISO, 1/125, f/5.6. Giocoforza ho dovuto alzare le ombre e la luminosità in modo importante (e si nota) per ottenere una foto almeno comprensibile. Ho anche dovuto cambiare obbiettivo e siccome dentro la cascata è impossibile sono dovuto uscire e rientrare fra gli insulti di chi aspettava in coda (maledetti italiani). Gljúfrafoss è forse la cascata più complicata e particolare di tutta l’Islanda, ma merita davvero la doccia. :-)