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Ex Istituto Gianotti
POSTED ON 23 Giu 2024 IN Reportage     TAGS: URBEX, school

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Nel mondo urbex ci sono storie che sembrano essere interessanti, storie di recupero, storie che qualche volta portano, aggiungo forse, anche ad un lieto fine. L’istituto Gianotti nacque come casa per la gioventù orfana nel 1854 su proposito di don Giovanni Battista Gorla; in data 10 luglio 1854, con regio decreto, Vittorio Emanuele II ne approvò lo statuto organico. Fra i sostenitori e fondatori dell’istituto il più importante fu il Vescovo di Saluzzo, Mons.Antonio Gianotti, che contribuì generosamente a quest’opera benefica ed educativa e con atto testamentario donò la sua eredità (20000 lire, una cifra molto importante all’epoca) alla struttura che poi prese, in suo onore, il nome di Istituto Gianotti.

Negli anni si perdono le tracce dell’istituto, la storia diventa frammentaria, ma nel dopoguerra, cambiate le esigenze della città, diventa la sede delle scuole artigiane. Parliamo di arte del legno e del restauro dell’Istituto Bertoni, che nel 1990 abbandonò per trasferirsi nella ex caserma Musso e diventare Soleri-Bertoni. In questa scuola si sono formate generazioni di artigiani e falegnami saluzzesi, molti dei quali andati a bottega proprio da Amleto Bertoni, nella sua azienda che allora si trovava di fronte all’istituto.

Nell’ultimo decennio si è parlato molto di recupero, la struttura del Gianotti si trova nel centro storico di Saluzzo e potrebbe diventare un luogo importante di aggregazione. Nel 2021 è stato firmato un accordo fra la fondazione che gestisce lo stabile e la “REAM” di Torino, la società che raggruppa le Fondazioni delle casse di risparmio del Piemonte. Il progetto prevede la riqualificazione della storica sede dell’istituto che verrà trasformato in alloggi riservati a persone che vivono particolari situazioni di fragilità. Dalla firma del contratto alla conclusione dell’iter burocratico, e quindi dei lavori, sicuramente passerà del tempo e al momento in via Griselda tutto tace e nulla si muove. Sono passati quasi tre anni. E questa è la spiegazione del mio forse iniziale.

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Smelling the World
POSTED ON 22 Giu 2024 IN Reportage     TAGS: museum

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Il titolo più corretto in realtà sarebbe Muses – Accademia Europea delle Essenze; accademia è una definizione più accattivante per quello che a tutti gli effetti è un museo dei profumi (e infatti Muses suona come Museo delle Essenze). Il titolo del post prende il nome dal bellissimo reportage che il fotografo Alessandro Gandolfi ha pubblicato su National Geographic e che è rimasto esposto nelle sale del museo da Settembre 2023 sino alla scorsa primavera: alcune di queste immagini erano stampate in versione gigante su tessuto ed installate nel giardino di Palazzo Taffini d’Acceglio (che ospita il museo). Il Muses si trova a Savigliano ed è diviso in due sezioni: la parte esterna, un meraviglioso giardino dei profumi con al centro la riproduzione di una tavolozza da pittore che emana essenze profumate a intervalli regolari, e la parte interna che ospita il vero e proprio museo. Non mi dilungherò, come sempre, nella descrizione delle varie stanze perché non è compito del fotografo: vorrei però far notare l’eleganza delle ampolle che contengono le varie essenze, la straordinaria bellezza delle stanze di Palazzo Taffini d’Acceglio e suggerirVi l’esperienza dell’atelier del profumiere: un laboratorio di 90 minuti che, guidati da un’esperto, permette di creare il proprio profumo personalizzato. Ho ancora la mia creazione, che ho chiamato Acqua di Samu: un’essenza forte e maschile che Luigio Guastardo della Radica avrebbe sicuramente apprezzato (Ah, la Tauromachia).

Benvenuti al MÚSES, Accademia Europea delle Essenze, un polo museale tecno-sensoriale unico nel suo genere. Nato dalla riscoperta delle erbe aromatiche piemontesi, il MÚSES vi invita a un affascinante viaggio transnazionale attraverso i saperi dell’arte profumiera, i sapori e le essenze di diverse culture. Situato all’interno di Palazzo Taffini d’Acceglio a Savigliano, un edificio storico che rappresenta in sé un’opera d’arte, il MÚSES si sviluppa su due piani, offrendo un’esperienza immersiva che coniuga sapientemente storia, arte e tecnologia.

Ho visitato il Muses in due distinte occasioni: la prima volta nel Giugno 2022 con IgersItalia, la seconda volta, per documentare l’inaugurazione della mostra di Alessandro Gandolfi, nel Settembre 2023. Sono 28 immagini scattate con 4 obbiettivi diversi (vi lascio il gusto di indovinare quali). Non ho pubblicato subito perché le foto in esterno scattate durante la prima visita, sotto il sole di mezzogiorno, non erano interessanti. Durante la seconda visita, con Lorena, c’è un aneddoto interessante che merita di essere raccontato: siamo arrivati prima dell’evento per documentare la mostra fotografica senza pubblico e mentre scattavo una foto con il grandangolo ho chiesto, con educazione, all’addetto che si occupava di sistemare le fotografie di spostarsi. Lui gentilmente si è fatto da parte e mentre posizionavo la macchina fotografica sul treppiede Lorena si è avvicinata e nell’orecchio mi ha bisbigliato: “Quello al quale hai chiesto di spostarsi come se fosse un intruso è Alessandro Gandolfi, il fotografo di National Geographic che ha scattato le foto della mostra“. Ah, ecco. Poi, come se niente fosse, ho chiesto ad Alessandro di posare anche lui in mezzo alle sue immagini. :-)

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Villa Missale
POSTED ON 20 Giu 2024 IN Reportage     TAGS: URBEX

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L’ho sempre sentita definire Villa Missale, immagino in riferimento al libro liturgico; in realtà mi sembra molto forzato. Il nome più adatto sarebbe probabilmente Villa del Religioso, per l’enorme quantità di simboli cattolici presenti: un quadro di padre Pio, diverse foto di pontefici, due crocifissi, la madonna, un rosario e dimentico sicuramente qualcosa. La presenza inoltre di una chiesa all’interno fa pensare che questa Villa fosse abitata da persone molto credenti e devote.

Ma se devo raccontare qualcosa di Villa Missale posso dire, senza smentita, che fra queste pareti ho dimostrato un certo sangue freddo e una certa incoscienza: ero con Lorena e sapevamo dal principio che non si trattava di una location tranquilla, le voci in merito non erano rassicuranti. Quasi alla fine del nostro giro di foto ho sentito gridare in lontananza. Parole ed insulti pesanti. Ero al piano superiore e quando ho capito che non avrebbe smesso sono sceso: ho trovato Lorena alla prese con il pianoforte. Le ho chiesto, non senza un briciolo di ironia, se quelle grida disumane fossero indirizzate a noi, lei mi ha risposto affermativamente (come se fosse normale) e mi ha chiesto di poter scattare le ultime foto. Non c’è fretta. Ho aspettato, quindi abbiamo smontato con calma l’attrezzatura e siamo usciti; il tutto mentre il nostro amico, che probabilmente era il vicino di casa, continuava a intimarci di andare in un certo specifico posto. Non ci siamo agitati più di tanto, ho salutato gentilmente e poi siamo usciti.

Purtroppo non sono niente soddisfatto delle foto. Sono passati oltre due anni (correva l’anno 2022), ma riguardando a mente fredda il mio lavoro proprio non riesco a trovarlo nemmeno decente. Qualcosa di interessante c’è, ma data la qualità della location avrei potuto fare sicuramente di meglio: meglio nei dettagli, meglio nelle alte luci, meglio nella composizione. Sono immagini che si perdono nel tempo e che non possono tornare, ed è un peccato: come sempre.

La religione è per le persone che hanno paura di andare all’inferno.
La spiritualità è per coloro che ci sono già stati.
– Neil Gaiman

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I Graffiti del Collegio
POSTED ON 17 Giu 2024 IN Reportage     TAGS: URBEX, school, graffiti

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Il collegio dei Salesiani di Peveragno nasconde, ma non troppo, un fascino inconfondibile. Per la posizione, per la storia, per i racconti che ho letto in calce al mio primo articolo dedicato. È una storia che si costruisce e cambia punto di vista, di continuo. Sono tornato recentemente per portare un amico e ho scoperto un mondo totalmente diverso: il collegio ha vita propria, si evolve e diventa nuovo ogni volta. I graffiti sono in evoluzione, sempre più belli, sempre più moderni. E niente, ogni volta diventa un’esperienza, ogni volta è diverso.

È più facile immaginare la fine del mondo che la fine del capitalismo.
– Frederic Jameson

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Villa Sultana
POSTED ON 14 Giu 2024 IN Reportage     TAGS: URBEX

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Villa La Sultana è immersa in un lussureggiante parco di circa 14.000 metri quadri e ricco di piante d’alto fusto, palmizi e di essenze di grande pregio botanico. Si trova nella zona centrale di Ospedaletti, in provincia di Imperia, proprio sopra la spiaggia con accesso da Corso Regina Margherita a poche centinaia di metri dal mare. Fu costruita alla fine del 1800 per opera dell’architetto francese Sébastien-Marcel Biasini (1841-1913).

Villa Sultana fu concepita come luogo ricreativo, nel quale l’aristocrazia di tutta Europa ed in particolare quella orientale, potevano ritrovarsi per giocare e divertirsi attorno ai tavoli verdi o per conversare sugli argomenti più diversi al circolo. Villa Sultana, su licenza rilasciata dal Sotto Prefetto di Sanremo, ospitò così il primo Casinò d’Italia dal 1884, anno della sua inaugurazione, sino al 1905, quando la Società che lo gestiva cedette la licenza alla città di Sanremo. Da allora continuò solo come circolo privato, frequentata da un turismo di eccellenza sino a quando i venti di guerra nell’agosto del 1914 posero fine alla Belle Epoque. All’inizio della II guerra mondiale, già chiusa da anni, la Villa ospitò reparti militari sino alla conclusione del conflitto. Successivamente subì alcune trasformazioni e venne adibita a residenza privata sino alla fine degli anni ’50. Rimasta vuota e disabitata è stata lasciata al suo destino fatto di incuria e decadenza.

L’abbandono di Villa Sultana esiste da prima del sottoscritto e quando, da ragazzo, passavo da Ospedaletti era come se non esistesse: abbandonata da talmente tanto tempo che diventava parte del paesaggio. Purtroppo il passare del tempo e l’incuria hanno reso questa meraviglia irrecuperabile: non riesco a immaginare il passato, ma credo che dovesse essere di una bellezza da mozzare il fiato. Attualmente questa straordinaria bellezza si riesce solo a percepire: la posizione, il parco e la parte esterna della struttura sono un indizio importante per provare a capire e comprendere la storia. Devo ammettere che riuscire a fotografarla dopo averla vista tante volte senza un vero interesse specifico mi ha lasciato una strana sensazione di vuoto. È uno dei lati interessanti dell’urbex.

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La dimora del prete
POSTED ON 2 Giu 2024 IN Reportage     TAGS: URBEX

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Una piccola frazione, una paese quasi abbandonato. Quattro case, una cascina, poche vie strette, una chiesa abbarbicata in alto: bellissima, che osserva e controlla il paese dall’alto. E poi c’è Italo, in pensione da tempo, ultimo abitante del paese; vive da solo, gli acciacchi non lo lasciano in pace, ma ad abbandonare la sua casa non ci pensa nemmeno: è nato qui e vuole rimanerci.

Il resto del paese è totalmente in stato di abbandono: la casa di Italo è l’ultima in fondo alla via principale, il resto è deserto e silenzio. Ma in centro una casa è particolare: sono tre stanze non collegate internamente da loro, ma unite da un terrazzo. Siamo al secondo piano, non si può passare da una stanza all’altra, ma bisogna uscire per muoversi. Il bagno è nascosto e si trova all’esterno. Qui viveva il prete, colui che controllava la chiesa del Santo Sudario, lassù in alto.

Purtroppo questa borgata è destinata a scomparire, a morire: è rimasto solo Italo a difendere il fortino e quando lui avrà finito la voglia di continuare nessuno avrà la forza e l’interesse di tornare qui. È il destino di tanti piccoli paesi, minuscoli avamposti nascosti tra le montagne che nel secolo scorso hanno fatto la storia del nostro paese, ma che nel prossimo futuro saranno destinati inevitabilmente all’oblio. Non esiste una soluzione, è il mondo che va avanti nella direzione sbagliata.

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