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Alterni interni e Alterni esterni
POSTED ON 16 Gen 2022 IN NeverSleep

Cappellania Ospedaliera San Carlo BorromeoCastello di MareneLa casa dei Marescialli

Villa CartmanL'ultimo ImperoIl triste destino di Villa SarahOspedale Marino Piemontese

Mi sono imbattuto in un’altra discussione, sul social di Mark Zuckerberg, dedicata alla fotografia urbex e come sempre si passa da un’esasperazione ad un’altra; l’argomento è uno dei grandi classici: la pubblicazione delle foto in esterno. E come al solito è una discussione totalmente inutile perché bisogna usare, come in tutte le cose, un po’ di logica e un po’ di cervello: un giusto mix.
È vero che le foto in esterno permettono facilmente di risalire alla location e alle coordinate di un luogo abbandonato, ma non esistono solo il bianco e il nero, ci sono diverse sfumature di grigio e non possiamo permetterci di fare di tutta l’erba un fascio: se io pubblico le foto dell’esterno del vecchio Ospedale di Mondovì non è un grosso problema, perché l’Ospedale di Mondovì è un luogo pubblico e lo conoscono tutti. Non c’è nulla da rubare all’interno e anche eventuali graffiti sulle pareti non sarebbero un peccato mortale perché la struttura andrà completamente ripristinata. Il discorso è diverso se parliamo di una villa privata con ancora gli arredi all’interno: è chiaro che le foto dell’esterno potrebbero portare personaggi loschi, ladri e rigattieri a rubare tutto il possibile (e forse anche qualcosa di più).

A dire il vero in questo tipo di urbex sarebbe meglio evitare la pubblicazione di qualsiasi tipo di immagine, non solo dell’esterno: innanzitutto per motivi di etica e poi perché con il passaparola prima o dopo le coordinate vengono fuori. È sempre successo e sarà sempre così.

E’ chiaro che in strutture di particolare pregio esiste il pericolo della deturpazione, dei graffiti, delle bombolette spray: ma nel caso sono quasi sempre gli abitanti del luogo (magari giovanissimi) ad essere i primi a scoprire la location; è quasi impossibile che un vandalo parta da Milano per andare a Imperia solamente per deturpare.

E anche necessario rimarcare un concetto molto semplice, ma fondamentale: il colpevole è sempre colui che si rende protagonista dell’azione negativa. Non è colpa del fotografo se nel mondo esistono le teste di cazzo.

Ma come in tutte le cose è sempre necessario riflettere e pensare: capire la situazione e valutare. Quando in un luogo abbandonato non c’è più nulla da rubare potrebbe verificarsi addirittura il caso contrario: che le foto smuovano l’opinione pubblica per salvaguardare il luogo abbandonato. È quello che il FAI propone da anni (con risultati decisamente interessanti) e che per esempio è successo con il Vecchio Teatro di Mondovì: la giunta comunale si è mossa e ha predisposto un piano per la messa in sicurezza e per garantire ai visitatori un affaccio per ammirare la meraviglia che si nasconde nel cuore del quartiere Piazza. Concludo con un brevissimo recap: usare sempre il cervello e mai generalizzare. Perché generalizzare è il male.

Beach Photography
POSTED ON 30 Mag 2021 IN NeverSleep

Strane storie sulla spiaggiaRedwalker in MondelloNoi che abbiamo il mare nel cuore

Relax on the beach (at the sunset)Walking in the sandChild. Move. Three.

In fotografia si sente spesso parlare di Street Photography, un genere molto diffuso, di impatto e relativamente semplice, che ha la sua massima espressione in Henry Cartier-Bresson. Quasi sempre, quando si parla di street, si pensa alle grandi metropoli del pianeta: Parigi, New York, Londra, Milano, Berlino, Beinette.

E da una costola della Street Photography nasce oggi un nuovo genere, un nuovo concetto di arte di strada: la Beach Photography. In realtà non c’è niente di nuovo da inventare e anche il grande Henry ha nel suo repertorio alcune meravigliose foto di strada sul mare, come la famosissima Umbrella. Però il concetto di street, pur essendo molto simile, non è assimilabile a una foto in spiaggia. Diciamo che la Beach Photography può essere considerata come una trasposizione del suo più celebre parente. Si parte, da domani: signore e signori la Beach Photography. Sempre su questi schermi.

Il rutilante mondo degli arredatori
POSTED ON 21 Mar 2021 IN NeverSleep

Come Van GoghCome Van Gogh /2

Il mondo urbex si divide in due grandi categorie (fra le tante): arredatori e non. Chi sono gli arredatori? Sono amanti dell’urbex e della pulizia, dell’ordine e del rigore. Sono coloro che amano comporre le scene, spostano gli oggetti, costruiscono una sceneggiatura. Può essere molto semplice, magari ci si può limitare a cambiare la posizione di un solo oggetto, oppure più complessa e articolata, sino ad arrivare alla costruzione di un’intera stanza.
Queste due foto sono state scattate alla Cascina dello Scoiattolo: l’immagine di sinistra prima, l’immagine di destra dopo il passaggio degli arredatori. Non ho idea di chi possa aver sistemato la stanza, ma si è preso il disturbo di alzare il comodino, spostare la sedia e sistemare i vestiti (presi in qualche armadio). Gli arredatori si dividono in altre due categorie: ci sono quelli che lasciano le stanze arredate come un segno del loro passaggio e c’è anche chi dopo ritorna all’orgine (doppio sbatti) per poter vantare una sorta di marchio di fabbrica (se dovessi arredare propenderei per questa seconda ipotesi). Poi c’è chi distrugge per avere l’esclusiva, ma è un altro mondo ancora.
Io invece sono terribilmente pigro, ho sempre fretta, e preferisco limitarmi a posizionare meglio gli oggetti, pulire e sistemare non fa parte dei mio io (immagino i cenni di conferma con il capo leggendo queste parole). In realtà non sono contrario a costruire un set fotografico in urbex, mi è capitato un paio di volte di collaborare in tal senso, anche se probabilmente esula un po’ dall’idea originale di esplorazione urbana. E’ un’altra cosa ancora. E Voi da che parte state?

Fumare è la cosa più stupida
POSTED ON 13 Dic 2020 IN NeverSleep

Fumare? No grazie!

Accendetevi una sigaretta. Com’è? Vi soddisfa? Vi sentite appagati? Sareste disposti perfino a sostenere che madre natura ha dotato l’uomo della cavità orale per dargli modo di fumare? Davvero non riuscite ad immaginare niente di meglio? Poveri voi. Voi che siete così presi dall’automatismo del fumo da rovinarvi il palato e il gusto di mangiare e di bere. Voi che fumate e non capite come mai la gente si allontana, e il vostro amore evita di baciarvi. Fumate, fumate, e vi ritrovate senza voce per parlare, o per gridare goal! allo stadio, o per cantare. Fumate, e restate senza fiato. Spegnete quella sigaretta. Dite basta. Riabituatevi al piacere di parlare, gridare, cantare, bere, baciare, respirare… scoprirete che smettere di fumare non è una rinuncia, ma una conquista. Qualcosa che dà alla vita un respiro più ampio, mille sapori nuovi.

Prospettive distorte (urbex e Feininger)
POSTED ON 25 Nov 2020 IN NeverSleep

HundertwasserhausCome un trenoSegni del tempo

Villa del Tappezziere /17Verso l'alto dei cieliCastello Normanno Svevo

Ventaglio Milanese (Reprise)I quattro cantiReflection of light gray

Da tanto, troppo tempo, sento parlare di prospettiva e foto storte, ormai è un classico, e purtroppo quasi sempre si parte da presupposti errati. Cosa è giusto e cosa è sbagliato? E’ sempre difficile da comprendere. Purtroppo la fotografia è materia complicata e l’occhio umano ancora di più. Ho quindi deciso di fare un breve recap, soprattutto per me stesso, per spiegarmi e ricordare al meglio il discorso di prospettiva e per farlo farò riferimento ad uno dei più grandi fotografi del secolo scorso: Andreas Feininger, e al suo libro più conosciuto ovvero L’occhio del fotografo (Milano, Garzanti, 1976). Feininger divide la prospettiva in 4 grandi categorie: rettilinea accademica, rettilinea reale, cilindrica e sferica. Le ultime due interessano poco il discorso storto/dritto che voglio affrontare, ma l’ultima, la sferica, è quella che si ottiene con il fish-eye e in alcuni rari casi è forse la migliore che possiamo scegliere (soggettivo). La rettilinea accademica è quella che si ottiene con gli obbiettivi decentrabili (tilt & shift), con la macchina perfettamente in linea con il terreno oppure in post-produzione ed è quella che abitualmente vediamo nelle riviste di architettura. Un esempio importante di accademica è quello fornito da Berndt e Hilla Becker nella loro mastodontica e decennale opera, culminata nel celebre: Anonyme Skulpturen: Eine Typologie technischer Bauten. Vabbeh: sculture anonime. Sono una quantità industriale (è una mezza battuta per chi la capisce) di fotografie di architettura, tutte molto simili (ma costruite di proposito con il banco ottico). La rettilinea reale (e già il nome dovrebbe dare indicazioni) è quella invece in cui le linee verticali sono lasciate inclinate. Può sembrare strano, ma è questa che ricorda maggiormente la verità (se così possiamo definirla) anche se sono tutte comunque artificiali perché il nostro occhio vede in 3 dimensioni (contrariamente alla fotografia come la conosciamo che si sviluppa in 2 dimensioni) e quindi reale è un modo di dire (come mi piace definire la realtà, anche se dopo mi sento molto Morpheus). Quando le linee invece corrono in orizzontale verso un solo punto di fuga, ed è un fenomeno molto frequente in fotografia, il nostro occhio non è infastidito perché è abituato a questo tipo di distorsione. L’esempio classico è nelle rotaie di una ferrovia che puntano verso il centro del fotogramma, ma che nessuno si è mai sognato di raddrizzare. Quindi la prospettiva accademica che troviamo nella stragrande maggioranza dei libri e delle riviste di architettura è una forzatura rispetto alla percezione che abbiamo perché mette a 90 gradi le linee verticali rispetto al terreno. Feininger definisce la prospettiva accademica (utilizzata anche dal grande Gabriele Basilico) come una menzogna positiva perché l’immagine che risulta raddrizzando le linee verticali che guardano verso un punto di fuga (classicamente la foto del palazzo scattata inclinando l’obbiettivo verso l’alto) sembra più vera al nostro occhio, anche se in realtà quelle linee diagonali sono una normale rappresentazione della prospettiva. Noi viviamo in una società che viene definita ortogonale e siamo profondamente condizionati dalle linee perpendicolari e dagli angoli retti che ci circondano: è il nostro cervello che interpreta in questo modo le informazioni che arrivano dalla retina. In fotografia la scelta della prospettiva che vogliamo utilizzare è quasi sempre soggettiva e dipende esclusivamente da cosa vuole rappresentare il fotografo. Non esiste un concetto di storto oppure dritto in questo tipo di immagini, se vogliamo essere divulgativi è lampante che la prospettiva accademica sia la migliore (e la più usata in quel contesto), ma se non abbiamo la necessità della divulgazione tecnico/scientifica qualsiasi tipo di prospettiva può essere adatta, anche quella sferica, e molto dipende dal tipo di soggetto che abbiamo di fronte. Nella fotografia, che potrei definire artistica oppure anche emozionale, come può essere la fotografia urbex, l’idea è quella di rappresentare lo spazio, la sensazione, l’idea, il romanticismo e non è detto che l’approccio analitico/razionale che ci impone il cervello sia il migliore, anzi, talvolta è troppo piatto e lineare per mostrare il fascino di certi ambienti. Il discorso è molto complicato per certi versi e non riguarda solo la fotografia e l’architettura, ma si dipana nella la mente umana e nel nostro modo in interpretare il mondo attraverso occhi e cervello. Ma è tutta un’altra storia. L’importante è comprendere che ognuno può scegliere di fotografare come preferisce, ma non deve criticare/denigrare le foto degli altri in base a visioni geometriche assolutamente personali, perché il concetto di storto, in fotografia, è sempre e solo soggettivo.

Ogni buona fotografia è una sintesi ben riuscita di tecnica e arte
– Andreas Feininger

#DollyPartonChallenge
POSTED ON 26 Gen 2020 IN NeverSleep

#dollypartonchallenge

Sul web impazza la #dollypartonchallenge, la sfida lanciata dalla 74enne attrice e cantante americana che reinventa il classico avatar: consiste in pratica in una serie di quattro fotografie accompagnate da una didascalia con il nome di un social network: Linkedin, Facebook, Instagram e Tinder. E chi sono io per sfuggire a questa nuova e fondamentale moda? E quindi ecco a Voi la mia personale interpretazione. :-)

Il senso è che le quattro fotografie ritraggono il soggetto in pose e atteggiamenti molto diversi, con qualche affinità al social network alla quale sono associati: quella di Linkedin – un social network usato per trovare lavoro – seria e formale, quella di Facebook amichevole e allegra, quella di Instagram festaiola oppure un po’ artistica, e quella di Tinder – un’app per incontri – ammiccante.