Se passi da Ferrara ti suggerisco di andare a fotografare la Rotonda. E questo forse è il consiglio fotografico migliore che abbia ricevuto a memoria d’uomo, e contrariamente a quanto molti pensano mi piace ascoltare: soprattutto se il consiglio arriva da una persona che ha la mia stessa passione. E quando ho varcato l’arco che da corso della Giovecca permette di entrare all’interno della Rotonda Foschini sono rimasto senza parole: l’esperienza perfetta per chi apprezza le foto zenitali, un concentrato di arte e precisione, di curve perfette e di geometrie meravigliose.
È un luogo magico, carico di fascino, quasi nascosto alla vista del visitatore. Rappresentata da un piccolo cortile di forma ovale è parte integrante dell’architettura del Teatro Comunale di Ferrara, che, essendo situato ad angolo fra due strade di pari importanza, necessitava di un efficace espediente di ambientamento urbanistico, ed è dedicato, come suggerisce il nome, ad Antonio Foschini, uno dei due progettisti del teatro. L’aspetto curioso è che questo cortile ovale venne realizzato su disegno dell’altro ingegnere del teatro, Cosimo Morelli mentre Antonio Foschini seguì la costruzione del vestibolo anteriore con le botteghe, lo scalone d’onore e le stanze del piano nobile. Oggi la Rotonda è stata riqualificata con il rifacimento delle pareti ovali e con l’aggiunta di un’adeguata illuminazione. Non è più aperta al traffico ed è adibita a zona pedonale nella quale vengono svolte anche manifestazioni o convegni di ogni tipo. Vi si può accedere attraverso due sottopassaggi aperti sulle due strade sulle quali si ergono le pareti del teatro.
Sono arrivato alla rotonda poco dopo le 9 del mattino con il sole non ancora perpendicolare. Era un giorno quasi festivo (16 agosto) e la presenza di essere umani molto limitata. Ho scattato con il treppiede per riuscire ad essere perfettamente (o quasi) in bolla utilizzando 3 obbiettivi diversi: il Sigma 14mm, il Sigma 15mm Fish-Eye e il Canon 15-35 alla focale minima. Ho sempre con me l’occhio di pesce e in queste situazioni è un obbiettivo che si presta perfettamente, perché ha un angolo di campo molto ampio e riesce a entrare in simbiosi con le linee curve in modo perfetto. Quando è stato il momento di andare via mi sono concesso un ultimo scatto e con un velo di malinconia sono uscito attraverso l’arco di corso Martini della Libertà camminando all’indietro.
Rainer Kriester è stato uno scultore e pittore tedesco. Nel 1982 si innamorò della collina di Castellaro a Vendone, in provincia di Savona, e decise di trasferirsi nel piccolo centro ligure. Nel 1999 gli fu conferita la cittadinanza onoraria e nel 2002, anno della sua morte, la fondazione che porta il suo nome creò il parco museale con le sue opere: sono 35 sculture in pietra posizionate in direzione mare sulla collina della frazione di Castellaro. Si tratta di creazioni monumentali, molto particolari, che spesso vengono definite (forse in modo eccessivo) la Stonehenge italiana.
Quando sono arrivato all’entrata del Parco sono rimasto deluso. Si tratta di un museo all’aperto, totalmente gratuito e fruibile da chiunque. Però sinceramente mi aspettavo un’accoglienza migliore e devo ammettere che la meriterebbe. L’ingresso è spartano, chiuso da una sbarra metallica, ci sono pochissime informazioni: due cartelli che indicano il nome dello scultore e poco altro. L’interno gode di una vista meravigliosa sul mar Ligure, ma è poco curato: sono presenti resti di lavori iniziati e mai terminati, erba incolta, cartacce e spazzatura. Senza soffermarmi sull’inciviltà delle persone credo, che il parco dedicato alle opere di Rainer Kriester meriterebbe un marketing e una cura migliori: perché è davvero molto bello, quasi spettacolare in certi momenti della giornata. Io ho avuto la fortuna di trovare un cielo cupo, ma intenso, e questo ha reso le foto quasi artistiche; mi sono visto costretto a pulire la sporcizia: ho tolto le lattine di birra e qualche bicchiere di plastica (fortunatamente avevo un sacchetto in macchina), il resto l’ho fatto con il software di fotoritocco.
Da questa pagina lancio un appello ai visitatori, alla fondazione, al comune di Vendone: il parco è bello e sarebbe importante dargli l’attenzione che merita, sia dal punto di vista pubblicitario (pochissime persone lo conoscono), sia dal punto di vista strettamente dedicato all’accoglienza e al mantenimento. Potrebbe essere utile che i lavori in corso (credo che siano in corso da molto tempo) giungessero al termine e che alle opere di Rainer Kriester venisse dedicato qualcosa di più importante che un semplice prato verde (che non è nemmeno tanto verde).
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Fotografare un luogo di culto molto conosciuto come il Duomo di Amalfi non è per niente facile. La mia idea era tentare la solita foto zenitale dell’interno, ma non sono riuscito per una serie di motivi (fretta, buio, persone). Anche le altre immagini che ho scattato non rientrano nelle mie preferite, ma mi dispiaceva non pubblicare nulla e quindi ho deciso di optare per la classica foto cartolina. Ho eliminato un paio di persone dalla scalinata e sfruttato un cielo interessante: sono due foto banali, da turista, semplicemente un ricordo della mia visita ad Amalfi. Nulla di più.
La vista di Napoli da Posillipo è un grande classico, non tradisce mai. Avrò visto questa immagine centinaia di volte: Via Antonio Gramsci, il porto di Napoli e sullo sfondo il Vesuvio. Per riuscire ad arrivare sul Belvedere di Sant’Antonio, dove si può scattare la celebre foto con la skyline di Napoli, mi sono fatto portare in taxi sino a piazza Sannazaro e poi ho voluto percorrere a piedi le 13 discese. In realtà sono salite (molti ripide), si chiamano discese perché con i mezzi si può solo scendere.
Tanto è vero che queste 13 rampe nascono sotto il desiderio del vicerè Ramiro de Guzman duca di Medina. Proprio perché alla sommità delle rampe trovate il famoso Santuario di Sant’Antonio. E sono state realizzate proprio per i pellegrini che volevano raggiungerlo.
Arrivato in cima, stanchissimo, ho preferito aspettare un orario più consono e ho ucciso il tempo prendendo un aperitivo al bar che si trova al culmine delle 13 discese (dopo una veloce visita al Santuario). Al momento opportuno, mi hanno consigliato di non fare troppo tardi, mi sono piazzato con il cavalletto sulla terrazza del belvedere e ho scattato l’immagine che cercavo (e bramavo). Fa parte di quelle immagini cartolina che nonostante tutto mi piace sempre cercare. È più forte di me.
Iamm ngop ‘e 13 scese.
Avevo promesso a me stesso che un giorno sarei riuscito a salire sulla Cupola di San Gaudenzio, a Novara. E’ sempre interessante visitare i capolavori dell’arte italiana e mi piace l’altezza: una combinazione perfetta per scoprire il genio di Alessandro Antonelli, artefice di uno dei più alti e arditi edifici in muratura del mondo: quasi 50 anni (1841-1887) di lavori e modifiche, contestazioni, problemi, per raggiungere i 126 metri di altezza definitivi.
C’è una piccola curiosità che voglio svelare.
Kalatà, l’impresa culturale che si occupa dell’organizzazione delle visite alla Cupola di San Gaudenzio, ha la sede a Mondovì e gli uffici sono proprio nella meravigliosa Piazza Maggiore (a pochi metri dal mio studio fotografico). L’idea era
di andare in ginocchio a supplicare un permesso speciale per poter utilizzare la macchina fotografica durante la visita, questo anche grazie a qualche amico di amici. Tutto era pronto per la richiesta quando, leggendo le regole di ingaggio della visita, ho scoperto che
l’utilizzo della macchina fotografica è consentito se legata al collo; mi sono evitato la figuraccia per un pelo.
La visita sino ai 100 metri della guglia dura quasi 2 ore ed è estremamente interessante: la storia della costruzione è un racconto intrigante (bravissimi i ragazza di Kalatà) e gli stratagemmi messi in pratica da Antonelli per riuscire a portare a termine la sua opera sono quasi fantascienza. Purtroppo la visita è meno bella dal punto di vista fotografico, mi aspettavo qualcosa di diverso e invece, per quanto mi ero immaginato, sono rimasto deluso. L’uscita in esterno sulla terrazza è da paura, ma non è un’immagine che mi interessava. E purtroppo non è possibile fotografare la Cupola dall’alto, la visuale della parte artistica è coperta da un telo di protezione. Ho trovato comunque diversi spunti fotografici, il colonnato è qualcosa di fantastico e le simmetrie create da Alessandro Antonelli sono quasi surreali, ma molto fotogeniche. E anche questo piccolo sogno sono riuscito a realizzarlo, devo aggiornare la mia personale check-list!