Si sa, le nonne non buttano mai niente. Tra cianfrusaglie e vecchi ricordi questa volta dal baule è saltato fuori un cappotto. Rosso. Caldo, di lana calda. Intatto nonostante sia datato 1983. Era il mio e lo portavo quando avevo poco più di un anno. Lo abbiamo fatto indossare ad Alice e lei, vuoi perché, dice, il rosso (insieme al giallo, al verde, al blu e ad altri) è il suo colore preferito, vuoi perché “era di mamma da piccola” lo ha subito apprezzato! Qui lo sfoggia tra i filari del monregalese, intenta a giocare tra foglie e grappoli d’uva. (Michela)
Queste due foto non sono recentissime, le ho scattate nell’agosto dello scorso anno. Poi complice la poca voglia, le ferie che sarebbero arrivate da lì a poco e soprattutto il tempo tiranno, le ho lasciate nel cassetto di lightroom. Mi piacciono davvero tanto, mi emozionano e ho deciso di pubblicarle a distanza di 9 mesi. Molte volte mi capita di trovare la parola emozione collegata alla fotografia. Spesso e volentieri si legge che una foto deve emozionare; non sempre è vero, ma è un semplice discorso di logica. Quello che mi domando io è CHI deve emozionare una foto. Perché le immagini devono emozionare chi le guarda ma in realtà quasi sempre emozionano solo chi le ha scattate e, in rari casi, il soggetto fotografato. E solitamente è per il ricordo del momento e mai per la bellezza oppure per il significato della foto stessa. Mi emoziona. Ma chi emoziona? Io credo sia un termine abusato e, troppe volte, usato a sproposito. Io, invece, posso affermare con certezza che questa foto mi emoziona. Me e soltanto me, e non pretendo che possa emozionare anche Voi, osservatori quasi casuali. Perché al sottoscritto ricorda un momento di crescita, di gioco, di divertimento. E sono momenti belli, ma solo miei. E il ricordo mi emoziona.
Quando durante un pomeriggio dedicato agli strumenti musicali (in un asilo nido, con tantissimi bambini e la musica in sottofondo) consegni ad una bambina di 19 mesi un tamburo e lei, incurante di tutto quanto le succede intorno, si concentra ed utilizza il battente come una penna e la pelle del tamburo come un foglio di carta (e la felicità dipinta sul viso) capisci che il suo futuro è già scritto: la musica non interessa. Papà, Io voglio scrivere!!
In questo periodo Alice si diverte a giocare con gli Amici della Fattoria, una serie di pupazzi che l’IperCoop regala (si fa per dire, 200 euro di spesa e un piccolo contributo) con una raccolta di bollini. Abbiamo Diego il caprone, Betty la pecora e Tobia l’asino (quindi è facile calcolare la spesa). E c’è anche un concorso fotografico (ad estrazione, non meritocratico) legato alla raccolta: le prime 20 foto estratte possono vincere un pupazzo di Tobia alto un metro. Dovevo partecipare, per forza; abbiamo scelto Betty la pecora. E ho sfruttato l’occasione per qualche foto in tema pasquale da regalare ai nonni: Alice con il cappello da coniglio. Purtroppo le foto con le uova di Pasqua non sono riuscito a realizzarle: la piccola ha deciso di lanciarle come se fosse in gara per il getto del peso alle olimpiadi. Pazienza. Colgo l’occasione per augurare a tutti (proprio tutti) una felice e serena Pasqua.