Questa foto è una riproduzione, credo abbastanza fedele. Fu scattata da mio nonno, nei caruggi di Rezzo, nei meravigliosi anni ’70. La vedo da tempo esposta (e malandata, ma d’altronde ha quasi 50 anni) in casa di mia zia e non so quante volte ho pensato: “Devo andarci”. Finalmente ho risolto e cancellato dalla lista delle cose da fare (è un elenco che non mi fa dormire). Il tempo non ha cambiato le cose: ho cercato la stessa posizione (almeno quanto mi ricordavo) e ho scattato direttamente in monocromatico, come nell’originale.
Avevo lasciato in sospeso il discorso sul Santuario di Rezzo, dedicato alla Madonna Bambina e a Nostra Signora del Santo Sepolcro. Mia nonna aveva una passione importante per questo luogo e lo ricordo soprattutto per le sue parole. Per arrivare al Santuario, che si trova sopra il paese, si percorre in macchina una piccola strada di campagna e quando si arriva davanti alla piazza antistante al porticato si rimane piacevolmente sorpresi dal colore bianco e dalla maestosità della costruzione. Una maestosità che non ci si aspetta e che sorprende. Il Santuario è da stato da poco ristrutturato grazie all’intervento del comune ed è semplicemente meraviglioso, un vero e proprio gioiello.
Voluto nel 1444 dai capi famiglia della comunità medievale come luogo di culto intitolato a Maria Bambina, il Santuario fu eretto nel corso del XV secolo da maestranze locali con probabili apporti provenzali e/o lombardi. Realizzato in stile romanico-gotico, fu consacrato nel 1492 dal Vescovo della Diocesi di Albenga. All’interno del Santuario della Madonna Bambina o della Natività di Maria di Rezzo si conserva un’intera parete di affreschi realizzata tra la fine del XV e l’inizio del XVI secolo da due artisti locali: un anonimo e Pietro Guido da Ranzo, conosciuto anche per altre importanti collaborazioni a Mendatica, Ranzo, Montegrazie.
L’interno è altrettanto bello e maestoso: sulla parete della navata di destra si possono ammirare due cicli di affreschi di stile tardo-gotico, mentre molto interessanti sono la cripta, con un notevole altare in legno, la statua del Maragliano e la bellissima scultura della Madonna col Bambino del grande artista genovese Filippo Parodi. Sono rimasto nel Santuario quasi un’ora, da solo, e ho sentito una sensazione di pace e calma che solitamente mi sfuggono. Purtroppo è poco pubblicizzato e fuori dalle grandi rotte turistiche della zona, ma merita davvero una visita anche solo per coglierne l’essenzialità e l’atmosfera. Il Santuario ha anche una particolarità quasi unica: è uno dei pochi esempi di luogo di culto non di proprietà della Curia. Venne costruito dagli antichi Rezzaschi che, resistendo alle ingerenze della Chiesa, decisero di lasciarne la proprietà al comune.
E’ passato un po’ di tempo dalla mia visita a Rezzo, ma voglio comunque ringraziare l’amico Giovanni Vianello –il RAS del Paese– che mi ha accolto a braccia aperte nonostante gli impegni famigliari (era l’ultimo dell’anno) e Barbara Saltarini che mi ha gentilmente permesso di visitare, totalmente in solitaria e con tutta calma, il Santuario. Grazie, grazie, grazie.
Tornare a Rezzo per me è come fare un salto nel passato, un salto indietro di almeno 40 anni. Rezzo è un piccolo paesino abbarbicato in cima ad una salita tortuosa ed è famoso per il celebre bosco che prende il nome dal paese e che finisce al passo della Mezzaluna. Per me i prati della Mezzaluna erano la fine del mondo conosciuto; alla mezzaluna c’erano le mazze di tamburo, ma sto anticipando troppo i tempi. Quando ero bambino i miei nonni trascorrevano qui le vacanze estive (e non solo), nel primo periodo alla Locanda Bertone, dalla Rina, poi nel tempo in un appartamento in affitto. E mi ricordo che la domenica si partiva, la strada era complicatissima, e si andava a Rezzo dai nonni: dagli anni ’80 si passava per la superstrada che tagliava nettamente il percorso, mentre prima, quando ancora le gallerie erano in costruzione, era obbligatorio fare il giro dal Colle San Bartolomeo ed era una sofferenza atroce. Era quasi sempre domenica, quasi sempre mattino presto e si andava nel bosco per funghi: la grande passione dei nonni paterni (ed ecco il perché delle mazze di tamburo, la Macrolepiota procera). Ci si fermava al Ponte dei Passi per riempire di acqua pulita le borracce e si cercavano i gamberi di fiume.
Rezzo era conosciuto perché qui si correva (una volta l’anno) una prova speciale, una delle più difficili, del Rally di Sanremo. Da qualche parte c’è una mia foto di bambino in braccio a
Michèle Mouton all’epoca l’unica donna in gara, se non sbaglio con la
Fiat 131 Abarth Rally. E ho delle immagini, molto sfuocate, del sottoscritto alle prese con il modellino della Fiat 131 mentre gioca, sul campo da bocce del paese, insieme ad altri bambini. E all’epoca si correva di notte: ricordo i fari della Lancia Stratos e il rombo assordante dei motori. Il paese era in totale euforia. Sono flash, rapidissimi, anche perché il tempo scorre veloce, passano gli anni, e la memoria si appanna.
Nel centro del paese c’era (ma c’è ancora) il parco pubblico, i giardinetti. Con un incredibile ed enorme campo da calcio, i giochi per bambini e, nel primo periodo, anche una voliera. Anche un pavone se non ricordo male. La fontana che di sera si illuminava. Quel parco mi sembrava enorme, ritornarci mi ha fatto capire meglio le proporzioni. E nel centro dei giardini pubblici (ai quali si arrivava attraverso due scale che percorrevo a velocità assurda) la famosa Pagoda: era stranissima e bellissima, veniva utilizzata per il ballo, mentre di giorno si giocava a calcio balilla. Se non ricordo male c’era anche un bar.
Ritornare a Rezzo è stato emozionante. Sono arrivato al mattino presto e ho fatto il giro della Giara di Rezzo (l’affluente dell’Arroscia che scorre sotto il paese) passando dal famoso Ponte Napoleonico, poi ho percorso a piedi tutto il paese infilandomi nei vicoli più stretti. Ho rivisto i luoghi delle foto del nonno dal vivo (una l’ho scattata identica), ma non ricordo quasi più nulla. La Locanda Bertone non esiste più da diversi anni. La via principale è rimasta praticamente identica, con la vista sui giardini pubblici, il marciapiede enorme sulla sinistra a salire: è un ricordo lucido. Sono anche andato alla fontana dei Passi e al celebre Santuario del quale parlava sempre mia nonna (ma è un’altra storia). Sono rimasto qualche minuto nel centro della Pagoda, ho percorso quella scalinata, visto il Castello. Sono andato a trovare un paio di amici che hanno scelto (controtendenza) di vivere a Rezzo. È stata una giornata strana, particolare, ma che ho assaporato lentamente in ogni singolo istante. Ho scelto 20 foto (perché qua si parla ancora di fotografia), alcune sono iconiche, ma solo per il sottoscritto. Quando le osservo quasi non ci credo, mi commuovo. È stato bello.