

Avevo lasciato in sospeso la storia da Marcos e adesso la concludo. Verso la fine dell’evento Wedding mi sono preso il lusso di scattare due ritratti a tuttaapertura con la focale classica per questo genere di fotografia: 85mm. Ho scelto l’ultima modella, Marella (fa anche rima), e gli ultimi secondi dello shooting. In esterna, niente flash, solo luce ambiente. E sono due foto almeno interessanti.

Fotografare un matrimonio non è un’impresa facile, anzi, è maledettamente complicato. Ci vuole esperienza, qualità, tecnica, conoscenze, tempo e anche, perché no, attrezzatura adeguata. E quindi se possibile evito di cimentarmi nell’impresa, anche perché fotografare il giorno più bello di una coppia è una responsabilità non da poco. Ma quando sono chiamato in causa, raramente per fortuna, cerco sempre di comportarmi al meglio e fissare il ricordo degli sposi nel mondo più interessante possibile; cercando di mantenere il mio stile, ma non dimenticando le richieste dei protagonisti della giornata. E questa è una selezione, per il mio personalissimo gusto, del matrimonio di Enrica ed Emanuel. Parliamo di oltre 12 mesi fa, il tempo passa veloce, ma volevo comunque pubblicare qualcosa che mi ricordasse quella giornata davvero faticosa (ma divertente). Lo stile è un tentativo di imitazione, mal riuscito, del mio fotografo di matrimonio preferito: il numero uno, un certo Paolo Viglione, lo conoscete?


















Ho scattato questa foto la scorsa estate al matrimonio di Marco e Romina. Come tutti gli appassionati veri di fotografia ricevo non di rado proposte di lavoro, è un classico dei nostri giorni: solitamente è il matrimonio di un amico/conoscente, ma può anche essere un battesimo, una comunione, una cresima (il funerale fortunatamente non mi è ancora capitato). Mi sono buttato nell’impresa una decina di volte nella mia carriera: ed è stato sempre per un legame di amicizia molto forte (Marco è il mio testimone di nozze). E avendo finito gli amici veri (rimane il Samurai ma credo ci siano più possibilità che io diventi giuventino) ho deciso di smettere (non che abbia mai voluto realmente iniziare). I motivi sono diversi e voglio spiegarli qui in modo da chiarire una volta per tutte le mie idee. Sono ateo, entro malvolentieri in Chiesa e la Chiesa Cattolica mal sopporta il sottoscritto: il Vescovo di Albenga mi ha scomunicato (latæ sententiæ) e non sono visto di buon occhio nella casa di Dio. Credo sia meglio per tutti evitare il confronto (non che abbia paura, eh?). E se non fosse un evento cattolico, magari un matrimonio civile? Entra in scena il secondo motivo, il più importante: non sono un professionista, non ho partita IVA e non posso emettere fattura. Ci sono fotografi veri, che lavorano per quello, che vivono con quello e che pagano le tasse (si fa per dire): credo che giusto lasciare a loro la possibilità di svolgere il loro mestiere. E’ un discorso difficile che con l’avvento del digitale è diventato molto dibattuto: è una lotta continua ed è impossibile riuscire a regolamentare il settore. Questo perché la fotografia non è solo un lavoro ma anche e soprattutto una passione. I fotografi professionisti ne fanno sempre un discorso di qualità e quasi* sempre hanno ragione: per immortalare certi momenti (che vengono definiti unici) ci vogliono competenza, abilità e soprattutto esperienza: fra i miei amici ci sono una quantità enorme di fotografi bravissimi, artisti nel vero senso della parola. Ma è l’esperienza all’evento che fa la differenza. Ho lasciato per ultimo il motivo vero, quello reale: non mi piace. Non mi piace. Lo trovo noioso, faticoso (quasi sempre) e poco interessante; soprattutto nel lavoro di post-produzione. Ci sono anche altri motivi, ma sicuramente religione, professionismo e piacere sono i tre fondamentali. La mia idea è sempre la stessa, da quando ho iniziato a fotografare con la Zenit 122, e non cambierà: la fotografia è un divertimento, se diventa un lavoro finisce il divertimento.

Quando si parla di matrimonio si pensa subito alla sposa, al vestito bianco, forse alla chiesa, al pranzo di nozze. Quando non sono il fotografo ‘ufficiale‘ mi diverto a cercare qualcosa di diverso e particolare. Ho scattato questa foto subito dopo il lancio del riso mentre gli sposi salutavano gli invitati, è la damigella. Guarda la scena con aria distaccata, lontana da tutti, con la semplicità, l’innocenza e lo stupore che solo una bambina di quell’età può avere. Lei è felice nel suo vestito bianco, si sente come una principessa e si diverte con i coriandoli simbolo di un rito appena compiuto (no, non è carnevale). E intanto i grandi giocano al matrimonio.