Il 9 gennaio 2001 è un giorno drammatico per il paese di Vigliano Biellese. Un terribile incendio sviluppatosi nel reparto cardatura della Pettinatura Italiana (chiamata affettuosamente Pettina dagli abitanti della zona) portò alla morte di 3 operai e al ferimento di altri 6. È la più grave tragedia sul lavoro mai avvenuta in una fabbrica tessile biellese. E’ un duro colpo dal quale, complice la crisi del settore, la Pettinatura Italiana non riesce più a sollevarsi: nel 2008 viene messa in liquidazione e infine il 30 marzo 2012 viene dichiarata fallita. La società venne fondata a Londra il 10 aprile 1905 come Società Anonima Pettinatura Italiana Limited da Carlo Trossi e soci inglesi, con sede legale a Bradford e stabilimento a Vigliano Biellese per la pettinatura conto terzi delle lane. Lo stabilimento di Vigliano era già attivo dal 1882 creato sempre da Trossi insieme a Agostino Agostinetti, che nel 1905 uscì dalla società. Durante la prima guerra mondiale, nel 1916, agli inglesi subentrò la famiglia Rivetti (Lanificio Rivetti) e la società trasferì definitivamente la sua sede in Italia.
Io credo che lo scopo più alto e importante della fotografia urbex sia quello di ricordare, di memorizzare, di impedire che la memoria venga dispersa. Molti sostengono che la mia sia una visione utopista, possibile, probabile, è quasi sempre così, una splendida utopia. Ma in alcuni casi è fondamentale tenere a mente il nostro passato per ragionare sul futuro. Il 9 gennaio 2001 si è consumata una tragedia per tante persone e non è giusto che venga dimenticata; come sempre si parla di recupero, il termine preferito dalla politica è polo culturale: studiando la storia e l’evoluzione di questi giganti destinati a morire è un qualcosa di molto comune, di già sentito. Gli anni passano, la memoria diventa labile, il tempo completa l’opera di chi permette l’abbandono nel nome del dio denaro (perché sempre di quello parliamo). La Pettina giace morente nel tessuto urbano di Vigliano Biellese, e dalle foto credo che si comprenda benissimo la situazione: oggi sono 20 anni dalla tragedia che ha cambiato per sempre la vita del paese. Non dimentichiamolo.
«Studiare questo passato è un dovere morale nei confronti della storia del paese, della fabbrica che ne ha segnato così profondamente l’evoluzione, dei morti che commemoriamo il 17 gennaio a San Giuseppe e dei feriti che quotidianamente portano i segni di quella enorme tragedia» (Cristina Vazzoler, sindaco di Vigliano Biellese)
Le foto dell’articolo sono state scattate da un celebre urbexer olandese: Wim Van Blisterkof.
non mi reputo un biellese di mentalità nemmeno amo il territorio nè la gente, questo per dire che sono imparziale e non sono di sicuro fazioso a riguardo, di sicuro la fabbrica dava lavoro a molti, poi bisogna vedere se gli operai erano contenti di lavorare e farsi un culo atomico a prendere uno stipendio non adeguato in una fabbrica che di per se aveva già dei sistemi di sicurezza labili o se è stato invece fatto esplodere qualcosa volutamente magari appiccare un piccolo incendio iniziale, è la prima volta che sento di una esplosione in una fabbrica tessile dove non ci sono delle sostanze infiammabili, forse solamente dei barili d’olio accatastati potevano fare quell’esplosione volutamente appiccando un piccolo fuoco. saluti