Il 13 Maggio 1978 entrava in vigore la famosa Legge Basaglia: “Accertamenti e trattamenti sanitari volontari e obbligatori”. Sono passati solo 40 anni dalla legge che in Italia impose la chiusura dei manicomi, eppure se parliamo di camicie di forza ed elettroshock sembra di raccontare un altro mondo.
Da anni ormai si parla di riconversione, soprattutto per la zona in cui si trova lo stabile: in pieno centro cittadino; eppure per una serie di motivi politici, finanziari e architettonici la situazione non si sblocca. Ed è un vero peccato. In questi giorni, complice l’importante ricorrenza storica, ho letto tanti articoli sugli ex manicomi in Italia e sulla loro situazione attuale: Racconigi non è l’unica città a vivere questa situazione, mi vengono in mente Voghera, Volterra, Vercelli, Genova, Mombello. Il punto è che ci sono anche esempi positivi al quale ispirarsi, come l’ex ospedale psichiatrico di Trieste dal quale partì la rivoluzione Basagliana: oggi è in parte recuperato e trasformato. Lo spazio non manca, le idee probabilmente nemmeno, i soldi si trovano: credo che nel 2018 sia giusto e doveroso far partire una nuova rivoluzione, sempre nel nome di Franco Basaglia, che permetta all’Italia di liberarsi di queste strutture fatiscenti per creare qualcosa di nuovo.
Il manicomio di Racconigi, unico in provincia, venne allestito nel 1871 nel padiglione «Chiarugi», un palazzone di oltre diecimila metri quadrati, costruito a cavallo fra 700 e 800, prima come ospizio per i poveri, poi adibito fino al 1868 a collegio militare. Un uomo e una donna rispettivamente di Barge e Monastero Vasco, nel 1871, furono i primi ricoverati. Con gli anni, in particolare dopo la Grande Guerra 15/18, la struttura si ingrandì, fino ad occupare una dozzina di ettari. Si aggiunsero altri padiglioni: il «Morselli», il «Marro» e il «Tamburini», la lavanderia, la centrale termica, la colonia agricola, il parco, l’acquedotto. Una «città nella città» totalmente autosufficiente. Negli anni ’70 i ricoverati sfioravamo i 1.500 e vi lavoravano più di trecento addetti: 7 medici, 52 infermiere, 121 infermieri, oltre a 67 suore (che agli inizi erano 140), impiegati, cuochi, sarti, muratori, macellai, panettieri. (La Stampa)
Non è importante tanto il fatto che in futuro ci siano o meno manicomi e cliniche chiuse, è importante che noi adesso abbiamo provato che si può fare diversamente, ora sappiamo che c’è un altro modo di affrontare la questione; anche senza la costrizione. (Franco Basaglia)
E’ un fabbricato costruito su un terreno sabbioso e sta sprofondando. Impossibile da salvare per i costi insostenibili oltre che le belle arti impongono di mantenere le cose originali.
Arrivo sul tuo blog dal link che hai postato sul gruppo diciamo “di zona”, dove ti ho anche lasciato un commento. Mi firmo con il link del post che ho scritto sul mio blog dopo aver conosciuto l’urbex… quando dico emozioni dovrei dire Emozioni. Mi piacerebbe poter pubblicare un guest post di chi l’Urbex lo pratica davvero, se ti va di collaborare sai come rintracciarmi…
->Enrico: Probabilmente hai ragione, ma sono comunque (credo) problemi che la pubblica amministrazione deve e può risolvere. Le Belle Arti impongono, ma quanto tutto sarà crollato ci sarà ancora ben poco da imporre.
Ciao Samuele, non ti conosco ma penso che tu abbia fatto un bellissimo lavoro, a cui sono arrivato dal link dei fotografi fossanesi (io stampo per mestiere, quindi sovente ho contatti da quelle parti). Credo che un giorno, purtroppo non lontano, la splendida documentazione visiva che hai realizzato sarà tutto ciò che rimarrà di questa struttura, sicuramente meritevole di attenzione. Apprezzo molto questo tuo impegno, e credo che lo faranno anche i posteri. Buona giornata!
Saluto Samuele
Per puro caso mi trovo qui, stavo facendo una ricerca, e mi imbatto nuovamente in Samuele che , per altro verso, mi ha ospitato già sul suo blog dove si parla del cosidetto “ecomostro” di Peveragno…..Ma qui a Racconigi la sua attività di fotografo è portata avanti in maniera veramente encomiabile e professionale. Vorrei spendere solo un paio di battute rispetto al manicomio di Racconigi una un po’ più faceta, l’ altra un po’ più seria, molto più seria, diremmo “fuori dal coro, molto fuori dal coro”….. Si racconta che sul muro di cinta del maniconmio una volta, tanti ma tanti anni fa, fosse comparsa una scritta ” qui dentro non ci sono tutti e non lo sono tutti”. Ora che “non ci fossero tutti” non ha bisogno di grandi spiegazioni. E’ la seconda parte del “murales” che pesca un po’ più nel torbido .. chissà che qualcuno dei pazienti , dico, fosse là per convenienza, per necessità , per opportunità : questa seconda parte fa venire in mente alcune rappresentazioni del teatro drammatico di Pirandello é ad esempio “il berretto a sonagli” l'”Enrico IV”, “Tutto per bene” ecc. Del resto , chi meglio di lui poteva parlare di queste cose quando aveva la moglie ricoverata all’ ospedale psichiatrico ?
Ma la voce fuori dal coro rispetto alla tanto politicamente decantata “Legge Basaglia” si levò allora e risuona ancora ora alta e forte a tanti anni dalla scomparsa dei protagonisti, da parte del Dottor Mario Tobino, direttore di ospedale psichiatrico femminile che lasciò nelle sue interviste , ma sopratutto sui suoi libri [ Tobino era uno scrittore, diremmo una buona penna, oltre che un grande psichiatra] : vedere ad esempio il suo libro ” gli ultimi giorni di Magliano”
dove parla delle fine dell’ ospedale di cui era direttore sottolineando sopratutto
l’aspetto anti-cristiano più che antiumano della chiusura dei manicomi.
Ebbe a dire una volta : le mie matte, uscendo dal manicomio o finiranno per uccidere o finiranno per essere uccise… e questa è bontà ? e questo è amore del prossimo? , e questo è critianesimo ? Naturalmente quello che Tobino aveva previsto si verificò puntualmente in più occasioni. A parte una serie di problemi sociali enormi connessi con la chiusura dei manicomi la legge Basaglia [esclusi pochi aspetti positivi] continua a godere il plauso della politica… di certa politica…
Che poi i manicomi fossero fatiscenti e l’ ambiente fosse quello che si rappresentava allora , sarebbe stato compito dei politici e delle istituzioni migliorarlo ed adeguarlo alle necessità , ma quelli hanno fatto come gli struzzi che mettono la testa sotto la sabbia per non vedere i problemi e non cercare di risolverli.. Piuttosto politici ed istituzioni sono stati dei maestri nello scaricare la patata bollente … sulle famiglie e sui singoli cittadini.. di preferenza, come al solito…
Siccome nessuno è intervenuto a commento del mio ultimo scritto , col permesso del tenutario del blog, mi piace ritornare sull’ argomento della chiusura dei manicomi . Torno a dire, con il senno di poi, una scelta infelice da parte del Dottor Franco Basaglia neuropsichiatra , esponenente di una certa parte politica e di una visione della vita e delle cose dell’uomo e del mondo antitetica , se così possiamo dire, a quella di Mario Tobino anche lui neuropsichiatra, ma che vedeva le cose dell’ uomo e del mondo da un punto di vista inconciliabile con quella del Dott. Franco Basaglia. Sfortuna volle per l’ Italia e gli Italiani che il Basaglia si trovasse dalla parte del potere politico decisionale all’ epoca della chiusura dei manicomi, così con una serie di argomentazioni pseudofilosofiche surrettizie riuscì nel suo intento di far chiudere i manicomi, invece di provvedere ad investimenti, e tanti, per ammodernare quelle strutture ed il personale addetto sotto tutti punti di vista. Quella parte politica a cui Basaglia apparteneva, riuscì anche in maniera alquanto rozza e deprecacbile a far passare Mario Tobino come un retrogrado , un personaggio superato dal tempo. E non mancarono sugli organi di informazione della caricature dissacranti della figura di Mario Tobino. Ma il tempo è galantuomo, direbbe Charlie Chaplin, e “della storia” trova sempre il finale giusto. Così a quarant’anni di distanza da quella decisione quella che è “la malattia di mente” , chiamiamola follia, chiamiamola pazzia, chiamiamola riduttivamente “ schizofrenia” , messa fuori dalla porta [ del manicomio] è rientrata dalla finestra. Il motivo di questa affermazione è semplice: nelle persone affette dalla malattia della mente , che per altri versi sarebbe paragonabilae e ad una qualunque altra malattia che può affliggere il corpo umano, in molti casi assume caratteristiche di violenza tali da destare allarme sociale e problemi da un punto di vista pratico per la sua gestione: Per ovvi motivi , non mi posso addentrare nei particolari, ma ho conosciuto nella mia già non breve vita una persona che ha avuto in casa una persona affetta da schizofrenia che, già da prima latente e senza sintomi, si è manifestata in tutta la sua gravità [ si presume] in seguito a trauma da parto, Orbene questa paziente, con il manifestarsi della malattia, ha assunto atteggiamenti non solo violenti , ma caratterizzati da una forza fisica incrementata a dismisura tanto da diventare un pericolo per sè e per gli altri : attualmente si trova ricoverata in strutture che bene o male sostituiscono i vecchi manicomi anche se sotto nomi diversi e deformati che non riescono però a nascondere il problema di fondo. Ma non è questo che mi interessa sottolineare : di tanto in tanto, ai giorni nostri, si leggono sui giornali o si sente alla televisione di casi di TSO ( Trattamento Sanitario Obbligatorio) riservato non solo a malati di mente , ma anche ad altri [ dico questo perchè ci sarà sempre qualche “finto tonto” che andrà sottolineare questa obiezione] . Qui parlo di Trattamento Sanitario Obbligatorio riservati a malati di mente o con sintomi simili, che finiscono in modo inaspettato: o con la morte del paziente o con il ferimento delle forze dell’ ordine che sono andati a “bloccare” il paziente : ma scusate, ma un agente della polizia, un carabiniere che cosa ne sa della malattia della mente e di come deve essere trattatato un “ammalato” di questo tipo per essere sottoposto a TSO . Questi rappresentanti delle forze dell’ordine, qualunque cosa accada, a mio modesto avviso, non possono essere in nessun modo ritenuti responsabili o incriminati per le conseguenze del loro intervento : costoro non sono dei neuropsichiatri in grado di valutare quali siano le misure più idoneee per “bloccare” una persona e “costringerla a forza ” a sottoporsi a Trattamento Sanitario Obbligatorio . Tutto questo non sarebbe successo mai se gli ospedali psichiatrici fossero stati mantenuti in efficienza ed ammodernati negli immobili, nei mezzi e nel personale addetto. Pertanto il solo ed unico responsabile di tutte le azioni “delittuose” o presunte tali, da qualunque parte esse vengano, connesse con il TSO sono da imputare solo ed esclusivamente all’ insano provvedimento deciso d’ autorità a quel tempo dal Dottor Franco Basaglia ed alle Istituzioni che, con grandi strombazzamenti, hanno avallato quel provvedimento.
Del resto a riprova che quanto è stato intrapreso allora in Italia aveva qualcosa di insa in sè , sono i commenti che sono risuonati in vari altri stati del mondo : a favore o contro non lo so, ma sta di fatto che nessuno si è mosso in quella direzione , ed ancora adesso, da fuori stanno “a vedere” che cosa succede in Italia a questo riguardo….