Ho scattato questa foto durante la photomarathon genovese della primavera scorsa (ma sembrava inverno). E’ una foto particolare, una foto di strada: c’era questa bravissima coppia di artisti e un capannello di gente ad ascoltare. E poi un bambino di colore che, incuriosito e stupito dalla situazione, si divertiva a prendere i soldi dal cappello delle offerte. Fra le risate degli astanti e i goffi tentativi del padre di fermarlo. A quel punto ho deciso di fotografare la scena ma appena mi sono abbassato, per cogliere il punto di vista del bambino, lui si è accorto della mia presenza e come se nulla fosse mi ha salutato. Ciao con la manina. La foto è scattata a 24mm quindi ero veramente vicino: difficile passare inosservato. Sono stato parecchio indeciso se pubblicare questa foto: c’è un bambino e non ho la liberatoria firmata dai genitori. Ma credo si tratti di una foto innocente e quindi ho lasciato da parte per una volta il discorso della privacy. Ma penso che un giorno ritornerò sull’argomento.
[…] A meno di artifici che rendano la fotografia equivoca, introducendo contenuti morbosi, incongrui e potenzialmente pregiudizievoli per l’incolumità del soggetto, l’immagine pubblica dei bambini deve poter tornare a disposizione del “sogno” (di cui la fotografia è al servizio), sempre più minacciato dalla ventata oscurantista e persecutoria che sta ammorbando questa fase storica della nostra società.
Fotografare bene, fotografare tutto ma con amore. Ecco la battaglia di libertà che ogni fotografo oggi dovrebbe consapevolmente combattere, un piccolo contributo alla cura della paranoia. Uno dei modi in cui l’arte può provare a migliorare il mondo. Sempre che ci crediamo ancora. (Carlo Riggi)