Quando sento nominare la mitica spada di Re Artù non posso fare a meno di pensare al leggendario SuperFantozzi, forse il più iconico dei film di Paolo Villaggio: Excalibur IMBECILLE! Ma torniamo sulla terra e lasciamo in pace il mito: l’Excalibur è il nome di una discoteca Toscana diventata luogo di migrazione giovanile di massa a metà degli anni 90. Fu costruita come un castello medioevale, tra le polemiche per il disboscamento selvaggio, su una superficie complessiva di 36mila metri quadrati e credo che all’epoca dovesse essere un sogno per qualsiasi giovane della zona (e non solo). Per due anni, venne inaugurata il 29 dicembre 1993, fece ballare e divertire il popolo della notte con ospiti di prestigio come Alba Parietti e Alain Delon. Purtroppo l’epopea dell’Excalibur durò il battito d’ali di una farfalla e dopo un paio d’anni arrivò il fallimento e la successiva chiusura. Il nome ritornò in auge nel 1999 quando venne acquistata da un gruppo di svizzeri facoltosi per 884 milioni di vecchie di lire.
Poi un altro fallimento, le torce e fiaccole, simbolo della discoteca, si spengono nuovamente lasciando spazio all’abbandono e al degrado. Di quel sogno non rimane quasi più nulla: i simboli ci sono ancora, le sale da ballo si intravedono, ma la natura inizia a prendere il sopravvento. Oggi l’Excalibur è una delle fotografie più iconiche del mondo urbex italiano, un cartolina: una serie di poltrone sotto l’impronta di un lucernario. E per qualche secondo, di fronte alla lente di una fotocamera, ritorna il mito che non c’è più.