
Oggi voglio raccontarvi il vero carnevale storico di Ivrea, la sua essenza, portandovi al suo interno nel senso più vero del termine. La storia inizia nel 2012, la mia prima volta al Carnevale di Ivrea. Quel giorno scattai delle foto, come sempre, e fui contattato da uno dei membri di un carro, Nikhy, che mi invitò a tornare l’anno successivo per fotografare la sua squadra in azione. Nel 2013 purtroppo dovetti rimandare il mio ritorno, e poi rimandare ancora, e poi ancora. Quest’anno, dopo 13 anni, ho deciso di scrivere a Nikhy per chiedergli se l’invito fosse ancora valido. Mi ha risposto di sì, ha chiesto alla sua squadra (I Paladini di Via Palma) e abbiamo cominciato ad organizzarci.
Il 2 marzo, domenica, primo giorno di battaglia, mi sono presentato nella loro cascina, dove si incontrano prima di partire. È stata un’esperienza molto particolare e straniante. In cascina ho visto i cavalli (Hector e Ideal), il carro, e man mano ho visto arrivare i membri della squadra. Abbiamo mangiato insieme (alle undici) e ho cominciato a percepire una sensazione di ansia e di emozione, una tensione quasi palpabile. All’ora stabilita, i conducenti della pariglia, il baffuto Adriano, Valentina, Valeria e Francesco, hanno portato fuori i cavalli e hanno cominciato a prepararli. I ragazzi della squadra sono andati al punto di ritrovo, quando è arrivato il carro con i conducenti hanno caricato le arance (qui inizia il mio racconto fotografico) e, finalmente, siamo partiti verso Via Palestro, dove tutto prende forma.










Quando le pariglie si sono messe in fila ho cominciato a capire davvero cos’è il Carnevale di Ivrea. Le battute sono diminuite, i sorrisi sono diventati meno frequenti e la tensione è aumentata. Sono salito con loro sul carro e ho fatto una domanda precisa: “Siete emozionati?”. Mi hanno risposto di sì, che erano concentrati e che sentivano l’importanza dell’evento. In realtà non avevo bisogno di sentire la risposta, perché l’avevo già capito senza chiedere. Poco dopo Fernando, il capocarro, mi ha chiesto se volessi partecipare alla battaglia, rimanere sul carro con loro. All’inizio ho detto subito di no, istintivo, ma poi, pentito della mia risposta, ho cambiato idea. Avrei rischiato qualcosa rimanendo a bordo, ma ho pensato che si trattava un’emozione che si vive una volta sola nella vita e sarebbe stato un punto di ripresa fotografico non banale. Non capita tutti i giorni di salire su un carro al Carnevale di Ivrea, e quindi ho deciso di restare. Una pazzia, non troppo calcolata in realtà: avrei dovuto capirlo dalla reazione dei miei compagni di viaggio, ma ormai il dado era tratto.
Mi sono accorto subito che scattare foto in mezzo alla battaglia sarebbe stato praticamente impossibile, ma ho vissuto l’esperienza di essere lì. Ho sentito la battaglia, la lotta, l’adrenalina. Ho provato a sollevare la macchina fotografica, ma sono stato subito colpito da un’arancia. Ci sono due foto di quel momento, sono solo didascaliche e servono esclusivamente a dimostrare la mia presenza. A quel punto ho dovuto proteggere il mio zaino, perché le arance viaggiano veloci, si schiacciano al contatto con chi si trova sul carro e arrivano addosso come una spremuta. Ma nonostante tutto è stato un momento emozionante, pensavo che mi sarei pentito, e invece no. La battaglia è durata un tempo che mi è sembrato infinito (ma non ho visto molto). Poi, quando il carro è uscito dalla piazza, ci siamo fermati, perché il regolamento prevede che la battaglia si interrompa in quel momento. In realtà, non si smette del tutto, perché qualche pazzo scatenato continua a lanciare arance, ma dopo questo momento di follia, si torna amici. Chi ha lanciato le arance viene a salutare chi era sul carro, si stringono le mani e si riparte per la prossima piazza.




















A quel punto, sono sceso dal carro (sospiro di sollievo) e mi sono accorto che in strada si era formato un tappeto enorme di arance, di poltiglia di arancia. Ho seguito il carro e mi sono diretto verso la piazza successiva, quella del Comune. Qui si trovano gli aranceri storici, il gruppo Asso di Picche, attivi dal 1947. Sono tra i più temuti, i più determinati, i più antichi. E sotto il Comune, la battaglia è diventata davvero intensa: mi è arrivata un’arancia in un occhio e adesso ho un occhio nero (il sinistro, che tenevo chiuso per fotografare e non mi sono accorto dell’arrivo del proiettile arancione), ma sono comunque riuscito a portare a casa qualche scatto interessante. Non saprei come definire questa esperienza ad alta velocità, ma sicuramente intensa, colorata, pericolosa sono tre aggettivi che rendono l’idea. Ho ancora qualcosa da raccontare, perché il Carnevale non è solo la battaglia delle arance, ma lo farò domani.
Una piccola
nota matematica: durante la tre giorni del Carnevale di Ivrea i paladini
hanno lanciato 33 quintali di arance, che corrispondono a circa 30.000 pezzi. Considerando i 51 carri coinvolti, il totale sfiora i due milioni. Poi bisogna aggiungere le arance lanciate dagli aranceri a piedi, portando
la cifra complessiva a circa 4 milioni (forse anche qualcosa di più). Nel 2024 la ditta incaricata dello smaltimento ha raccolto ben 715.430 chili di arance da terra (una piccola parte è sterco di cavallo). Gli
agrumi arancioni (se scrivo ancora una volta arance vinco il campionato mondiale di ripetizioni) conferite ai centri di smaltimento (4 impianti in Piemonte per un totale di 24 viaggi) si trasformano per la gran parte in compost, un prezioso fertilizzante che viene impiegato in agricoltura e nel florovivaismo, e per una quota residua in biometano. È un
esempio virtuoso di economia circolare che dimostra come il Carnevale non solo celebri la tradizione, ma contribuisca anche in modo positivo e sostenibile all’ambiente. Chiudo questo
reportage ringraziando
i Paladini di Via Palma: sono stati fantastici, mi hanno trattato come un amico e fatto sentire parte integrante del gruppo: grazie di tutto, è stato bellissimo.






















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