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La Villa del Levriero
POSTED ON 3 Dic 2022 IN Reportage

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Alla Villa del Levriero si giunge attraverso un piccolo parco: la vegetazione è cresciuta in modo incontrollato, si capisce che sono anni che non viene fatta manutenzione, si avanza con difficoltà. Arrivati davanti alla casa la prima cosa che si nota è la maestosità: le finestre del secondo piano sono enormi, è il tramonto e capiamo che i calcoli sulla possibilità di sfruttare la luce radente del sole erano corretti. La porta è aperta, entriamo dentro un enorme salone dalle pareti bianche, molto asettico, con un camino e un gigantesco divano in velluto verde. Le stanze sono tantissime, si susseguono una dopo l’altra: notiamo un altro camino, un divano a motivi floreali, un tavolo in vetro, ragnatele; frontalmente all’entrata si trova la meravigliosa cucina con un la vetrata che prende luce dalla parte posteriore del parco, l’angolo televisione e le stoviglie in disordine sul tavolo. Il lampadario, in vetro, attira subito la mia attenzione.

La Villa prende il nome da una strana statua in ceramica posta davanti all’ingresso, a guisa di cane da guardia. Purtroppo il Levriero è sparito, probabilmente rubato. Quando abbiamo varcato la porta d’ingresso Lorena mi ha subito fatto notare (con voce dimessa): “Non c’è più il levriero“. Un dispetto, non certo un furto per necessità: chi ha portato via la statua voleva semplicemente impedire ad altri di fotografarlo, non esistono spiegazioni logiche diverse da questa; anche perché il levriero non era integro e il valore commerciale era nullo.

Il punto forte della villa però si trova al secondo piano: al culmine delle scale ci accoglie un enorme salone illuminato dai raggi del tramonto. La libreria copre tutta la parete, c’è un angolo bar, un altro divano e un meraviglioso biliardo. Siamo sbalorditi davanti a tutta questa bellezza. Al piano ci sono anche le stanza da letto e una strana lampada a forma di papero. La Villa del Levriero è una di quelle location urbex che ti apre il cuore: tutto è rimasto quasi come l’ultimo giorno, è sparito il levriero, ma si è aggiunta la polvere a coprire e nascondere.

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C’è chi nasce sbirro, io sono nato ladro.
– Renato Vallanzasca

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