Il mio racconto di Sant’Agata

POSTED ON 25 Feb 2024 IN NeverSleep

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Da ormai tanto/troppo tempo sono circondato, quasi assediato, da parole come racconto, storia, reportage, portfolio, progetto. È un martellamento continuo, come se la buona fotografia sia diventata obbligatoriamente una raccolta di immagini con un inizio, una fine e nel mezzo una serie di scatti con un filo conduttore. Non voglio dire che siano concetti sbagliati, anzi, credo che sia uno dei punti focali del fare fotografia, ma è quell’obbligo di convincere e assecondare un’idea concettuale che davvero non rientra nel mio modo di pensare.

Nel raccontare una storia ci dev’essere un’idea di base, ma l’idea di base può essere anche la confusione: poi io sono molto lineare quindi aderisco al partito del cronologico e del razionale, ma non sento questa necessità che invece respiro intorno a me di creare progetti che debbano piacere. Semplicemente perché non mi interessa e questo rientra in una sorta di atipicità che spesso mi porta ad essere definito bastian contrario. Raccontare qualcosa per immagini (ma anche parole) è un percorso intimo e personale, ci dev’essere un progetto, si deve sentire la necessità di informarsi, la voglia di provare più volte, sono concetti chiave: ma rimane sempre un racconto visto attraverso i miei sensi, le mie conoscenze, le mie esperienze.

Ci devono essere dei punti chiave molto precisi, ma non deve essere qualcosa di omologato, uguale per tutti e impersonale, non può esserci nessuno che spiega al fotografo come vedere la storia e come interpretarla. Sempre che si voglia davvero raccontare una storia. Fosse giornalismo servirebbe la regola nota come Five WS (Who, What, When, Where, Why), ma noi stiamo parlando di emozioni e sensazioni assolutamente personali che in quanto tali vanno raccontate in modo personale. Poi potrà risultare interessante oppure noioso, potrà permettere di comprendere oppure non riuscirà a spiegare nulla, ma sarà comunque la mia visione di quel momento, di quella storia, di quell’evento. E nessuno potrà spiegarmi come io voglio raccontare la mia storia.

In queste 13 immagini trovate il mio racconto, in rigoroso ordine cronologico ovviamente, della festa di Sant’Agata a Catania: mi sono informato prima, durante e dopo, ho assaporato la città, osservato le persone, camminato tantissimo, ho cercato di rimanere dentro l’evento. È il mio modo assolutamente personale di descrivere una due giorni totalmente assurda e fuori dal mondo, ma di una bellezza difficile da spiegare. Probabilmente non sarà visionario e potente, non sarà fuori dagli schemi e non sorprenderà l’osservatore: ma è il mio racconto e mi rappresenta al 100×100.

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Sant'Agata -simbolo-

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