Villa Infinito

POSTED ON 9 Mag 2025 IN Reportage
TAGS: URBEX, mansion      POST: LR, NIK       

Villa Infinito /02

Villa Infinito è un luogo fuori dal tempo. Un palazzo che sta cadendo a pezzi, ma che riesce ancora a colpire per la sua bellezza. La facciata è segnata dal tempo, ma sobria ed elegante. All’ingresso, una scalinata ampia accoglie e lascia di stucco: i gradini sono ricoperti di detriti, ma si intuisce ancora la loro imponenza. Le colonne, robuste e classiche, sorreggono un soffitto annerito dall’umidità, mentre una balaustra in pietra accompagna lo sguardo verso un affresco incorniciato. Mostra un palazzo sul bordo di un lago, sotto un cielo azzurro con nuvole leggere. È un’immagine serena, quasi fuori luogo nel contesto decadente che la circonda. Purtroppo il tetto sopra l’affresco è crollato, e la pioggia ha iniziato a cancellarne i dettagli.

Dentro la villa, il silenzio è assoluto. Le stanze sono vuote, i pavimenti ricoperti di polvere e frammenti di intonaco. I soffitti a cassettoni, anche se in pessime condizioni, raccontano ancora l’attenzione al dettaglio di chi ha fatto costruire questo posto. Non c’è più nulla di prezioso, ma resta l’atmosfera: una calma irreale che mette quasi soggezione. Tra tutte, è il bagno a colpire di più. I sanitari, in ceramica d’epoca, sono ancora lì, un po’ consumati dal tempo ma interi. Sulla parete, due pulsanti con targhette incise: domestico e cameriera. Un dettaglio curioso che riporta subito a un’altra epoca, quando in casa c’erano persone che lavoravano in silenzio dietro le quinte. È uno di quei particolari che fanno sorridere e riflettere allo stesso tempo.

In una stanza laterale, appoggiata ad una porta, c’è una vecchia macchina da cucire Necchi. Si riconosce dal logo in rilievo sulla base in ghisa. È uno dei modelli prodotti tra gli anni ’40 e ’60, quando il marchio italiano era sinonimo di qualità e innovazione. Massiccia, arrugginita, immobile: sembra uscita da una fabbrica del dopoguerra. E proprio lì vicino, come dimenticata da decenni, una fotografia in bianco e nero. Sono dei giovani in posa, sorridenti, probabilmente i figli dei proprietari di un tempo. Nessun nome, nessuna data. Solo una traccia lasciata per caso o per scelta, l’unico segno personale rimasto in tutta la villa. Non ci sono fantasmi da evocare o leggende da raccontare. Solo un palazzo vuoto, che cade lentamente, e che riesce ancora a raccontare qualcosa con pochi oggetti, qualche affresco sbiadito e tanto silenzio. A volte basta questo.

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