Quando si entra nella stanza rossa si rimane semplicemente allibiti. È un effetto straniante, sembra di entrare in una finzione cinematografica, ma in realtà è tutto vero. L’effetto è creato dalle tende rosse che coprono le enormi vetrate rivolte, in modo strategico, verso sud: una sorta di veranda a giorno e non so quanto fosse voluto, ma non penso fosse possibile rimanere in quella stanza, con le tende chiuse, molto a lungo. Io ho resistito pochissimo, sono scappato, come trovarsi di colpo catapultati all’inferno: e il nome Palazzo Lucifer prende spunto da questa sensazione. Quando si guardano le foto è come se davanti all’obbiettivo fosse presente un filtro colorato, ma in realtà è tutto naturale e la percezione è quella di trovarsi all’interno di un set di un film dell’orrore: Profondo Rosso di Dario Argento è il primo titolo che mi viene in mente, quasi fisiologico.
Quando sono arrivato all’ultima stanza, una particolarissima camera da letto, ho quasi tirato un sospiro di sollievo. Non sarei riuscito a sopportare oltre, ero stremato dalla incredibile bellezza che incontravo ogni volta che varcavo una porta. Il bello è stato quando, dopo aver esplorato il primo piano, mi sono reso conto che il piano superiore era anche meglio: per un attimo ho fatto fatica a crederci. Quello che un tempo era un meraviglioso soggiorno è ancora oggi, seppure in stato di abbandono, il tratto distintivo di una storia importante e prestigiosa: sono rimasto in silenzio diversi secondi prima di riuscire a posizionare il cavalletto, non riuscivo a staccare gli occh dal giallo delle poltrone. E poi per uscire è necessario passare nuovamente dalla stanza rossa: è come un ritorno all’inferno dopo la tracotanza del paradiso.