PHOTOSNEVERSLEEP di SAMUELE SILVA - Fotografia Urbex, Ritratto e Reportage
POSTED ON 14 Giu 2023 IN
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Eurosia è un nome dall’etimologia incerta. Si è diffuso, soprattutto in Lombardia, grazie al culto di santa Eurosia: secondo alcune leggende il nome deriva dal boemo Dobroslava (che vuol dire buona gloria o gloria gentile), di cui Eurosia sarebbe l’equivalente greco (la radice eu in greco significa bene). La festa cade il 25 giugno giorno in ricordo di Sant’Eurosia di Jaca.
[…] è invocata contro le tempeste, i fulmini, le grandinate e anche per i frutti della terra. Il suo culto si diffuse in tutta la Spagna e grazie ai soldati spagnoli anche nel Nord Italia, soprattutto nelle zone collinari vinicole, da qui la spiegazione del culto di questa santa nel nostro paese.
Questa chiesa, dedicata a Sant’Eurosia, si trova in una zona collinare della Lombardia. Venne costruita a fianco di Villa Valbissera, una tenuta agricola circondata dai vigneti. E forse proprio per la tradizione contadina e cattolica della zona venne dedicata alla santa protettrice invocata contro le tempeste e le grandinate. Attualmente è in grande stato di degrado, privata di tutti gli arredi e alcuni -brutti- graffiti hanno deturpato l’altare in modo vergognoso.
Villa Valbissera è stata acquistata negli anni ’90 da Enrico Morini, patron dell’azienda vinicola Poderi San Pietro. Nel 2000 sono stati appaltati i lavori di ristrutturazione finalizzati alla realizzazione di una struttura ricettiva a cinque stelle. Le attività del gruppo Morini nel frattempo, hanno cominciato a registrare importanti perdite economiche causando il successivo commissariamento e liquidazione della Poderi San Pietro che ha comportato l’inevitabile fermo dei lavori. Dopo varie vicissitudini l’azienda è stata rilevata all’asta da una nuova cordata di imprenditori. Dal bando però sono stati esclusi alcuni immobili tra i quali proprio la Villa Valbissera. Nel 2015 la tenuta è stata acquistata dall’imprenditore veneto, ma originario di Bergamo, Gian Franco Ferro. Sono ormai passati diversi anni, ma sembra siano finalmente iniziati i lavori di ristrutturazione.








POSTED ON 5 Giu 2023 IN
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Una strada sterrata, laterale, ci porta nei pressi di questa strana costruzione. Da fuori non si riesce a capire, ma appena varcata la soglia d’ingresso, un enorme e vecchio portone in legno, si comprende: siamo all’interno di un edificio religioso, una piccola chiesetta, un tempio. La forma è ottagonale, ma si riesce solo a percepirlo perché l’edificio è in grave difficoltà strutturale: una parte del tetto è crollata e sulle pareti si vedono delle crepe ingombranti. Alzando lo sguardo si vede la cupola: ci sono otto vetrate rotonde di colore diverso, ognuna in corrispondenza di un arco; sono archi a sesto acuto, tipici dell’architettura gotica che è presente in tutto il tempio. Il numero 8, che caratterizza fortemente l’edificio, potrebbe indicare una fonte battesimale perché dopo i sei giorni della creazione e il settimo di riposo, l’ottavo simboleggia la resurrezione del Cristo e dell’uomo stesso annunciando quindi l’eternità dopo la vita terrena: per questo era spesso utilizzato come forma per i battisteri.
Non ho altre informazioni di questo piccolo edificio religioso, non ci sono indicazioni, non ci sono cartelli, in rete non si trova nulla; la sua storia si perde nel tempo, senza memoria: è il triste destino dei luoghi abbandonati.








POSTED ON 18 Mag 2023 IN
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Non ho idea dei numeri, ma credo che la quantità di chiese abbandonate in Italia sia elevatissima. Basta alzare lo sguardo e possiamo trovare un edificio religioso distrutto; le piccole cappelle sono la maggioranza, ma ci sono anche chiese di grandi dimensioni nell’elenco dell’abbandono ecclesiastico italiano. È chiaro che si tratta di un fenomeno dovuto soprattutto all’età: con il tempo crolli e cedimenti strutturali possono segnare un patrimonio artistico, perché di patrimonio si tratta, che ha una storia importante alle spalle, secolare, in alcuni casi anche millenaria. La chiesa di San Giacomo di Laccio, frazione di Torriglia in provincia di Genova, ha oltre 500 anni (fu fatta costruire dal Principe Doria per venire incontro alle esigenze delle frazioni) e i segni dell’invecchiamento si vedono tutti. Nel secolo scorso, dal 1930 circa, ha subito un progressivo decadimento e la posizione, poco felice, non ha certo aiutato. Negli ultimi dieci anni si è cercato un recupero con la ricostruzione parziale del tetto, il rifacimento delle coperture e il consolidamento del terreno di fondazione della chiesa: purtroppo questi lavori non sono mai stati terminati. Come riportato sul catalogo generale dei beni culturali l’edificio e il campanile sono oggi in completo abbandono e in gravissimo degrado.
La chiesa di San Giacomo in Laccio risale alla metà del ‘500, quando il Principe Doria la fece costruire per andare incontro alle esigenze delle diverse frazioni che, per la distanza, specie in inverno, non potevano recarsi alla chiesa di Torriglia. Per la costruzione della chiesa furono utilizzati materiali locali, come ancora visibile in facciata a nella parte esterna delle navate laterali. La facciata, a salienti, è suddivisa da lesene in tre parti e sormontata da un frontone triangolare. Rimane leggibile tutt’oggi l’aggiunta in tempi successivi delle navate laterali. La pianta è a tre navate con presbiterio, rialzato rispetto al livello della chiesa, a terminazione semicircolare. Lo stato di conservazione attuale della chiesa non ne consente un’ulteriore descrizione, si sono avviati i lavori di restauro che porteranno alla ricollocazione degli antichi marmi, degli altari e degli apparati decorativi.







POSTED ON 19 Apr 2023 IN
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Il Mausoleo Crespi si trova in cima ad una collina, nel paese di Nè, in provincia di Genova. Arrivarci non è per niente facile: si sale e si scende in mezzo ai rovi, si striscia, si scavalca. Se quando sei quasi arrivato ti accorgi di aver lasciato il treppiede in macchina la distanza da percorrere praticamente si raddoppia: ma è tutta attività fisica e bestemmie.
La storia del Mausoleo è avvolta dal mistero: non si trovano fonti affidabili in rete, solo qualche voce riportata. Gli abitanti della zona non ricordano, altri non conoscono nemmeno l’esistenza del Mausoleo. Fu costruito da Armando Giovanni Crespi, che faceva parte di una famiglia dei facoltosi cotonieri dell’epoca e azionisti del Corriere della Sera, nel 1912; la sua ascendenza era molto legata ai luoghi di culto. L’ultima inumazione avvenne nel 1965. Non sono riuscito a scoprire altro.
Il mausoleo è diviso in 2 parti: al piano superiore troviamo una piccola e meravigliosa cappella, mentre al piano inferiore le tombe della famiglia. Purtroppo negli anni i vandali, nonostante la posizione infelice, non hanno risparmiato le vetrate, le porte, l’altare e nemmeno le bare: sono stati portati via i busti, le vesti talari e diversi suppellettili. Un vero peccato perché il Mausoleo è un piccolo gioiello architettonico e un pezzo di storia molto importante del nostro paese.







POSTED ON 12 Apr 2023 IN
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Definire e descrivere la Chiesa Rosa non è un’impresa semplice. È chiamata rosa perché il sole che entra dalle vetrate, e arriva sulle pareti, crea giochi di luce molto particolari, riflessi rosa, ed evidenzia decorazioni e stucchi. Quando ci si posiziona perfettamente al centro della navata e si guarda verso l’altare la definizione di chiesa è quasi riduttiva: la somiglianza con un teatro è notevole, con le colonne e la scalinata interna. Non mi era mai capitato di vedere un presbiterio di questo tipo, l’abside è nascosto e sembra quasi di entrare in scena, sul palco. Ma il dettaglio più bello sono le due file di quattro colonne con capitello, di cui le due laterali solo parziali, che insieme alla scalinata dividono la navata centrale e delimitano il transetto con una soluzione architettonica che non ho mai trovato in nessun’altra chiesa (almeno abbandonata).
Nella zona del presbiterio è situato l’altare marmoreo delimitato da quattro colonne, coperto da volta a botte e terminante in un’abside a terminazione rettilinea.
La Chiesa Rosa, il cui vero nome è San Giacomo del Bosco, fu edificata a partire dal 1680, ha una storia importante ed è ancora consacrata. Negli ultimi anni si è cercato un difficile recupero, la chiesa è chiusa e in condizioni complicate a causa di lesioni strutturali e copiose infiltrazioni di pioggia che hanno permesso all’umidità in risalita di danneggiare progressivamente materiali e superfici. Nel 2016 si è concluso un primo lotto di lavori per il rifacimento del tetto e la messa in sicurezza, con il finanziamento della Conferenza Episcopale Italiana e di Banca San Paolo. Purtroppo negli ultimi anni, nonostante i numerosi appelli, a causa dell’atavica mancanza di fondi la situazione è andata peggiorando e senza interventi urgenti la Chiesa Rosa è destinata a rimanere in condizioni precarie, abbandonata e chiusa.










POSTED ON 18 Mar 2023 IN
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Se devo scegliere la più pericolosa, tra le tante infiltrazioni urbex degli ultimi anni, il pensiero corre subito alla Chiesa di San Lorenzo, a Zeri, sul confine fra Liguria e Toscana (in realtà anche Villa Wannabe non male). La Chiesa di San Lorenzo è chiusa da più di trent’anni per pericolo di crollo e non sono previste operazioni salvataggio/ristrutturazione e nemmeno di messa in sicurezza: un cartello avvisa del pericolo di crollo, stop.
Osservandola da fuori sembra quasi normale, ma dentro diventa una roulette russa; forse per la prima volta ho sentito la necessità di utilizzare un casco (che ovviamente non avevo).
L’idea che dal tetto possa scendere qualcosa, forse anche tutto, è palpabile e la sensazione di pericolo si respira e si sente: per diversi minuti mi sono guardato intorno sperando che il lampadario non cadesse e ancora adesso mi chiedo quale forza miracolosa gli permetta di rimanere ancorato al soffitto. Ho scattato il più rapidamente possibile, pregando sottovoce, e sono scappato alla velocità della luce dedicandomi alle più tranquille foto in esterno (e con il drone). Sinceramente non so per quanto possa ancora rimanere in piedi, ma sconsiglio fortemente di tentare l’intrusione: è davvero molto pericolante.






