Dal punto di vista fotografico nulla di interessante, ma per il sottoscritto questa foto significa molto. Sono le ciminiere delle Ferriere e qui, una volta, sorgeva lo stabilimento dell’ILVA. Sono probabilmente l’ultimo reperto storico di una certa attività industriale ad Imperia e sorgono in una zona abbandonata, una discarica a cielo aperto, circondate da erbacce, sporcizia e asfalto. Eppure per gli Onegliesi sono importanti, fondamentali oserei dire, fanno parte del patrimonio artistico/paesaggistico e rappresentano il retaggio storico di una città che cerca faticosamente di trovare una nuova dimensione turistica. Qui ho fatto il mio primo vero reportage fotografico. Sono passati tantissimi anni, quasi venti, e con la mia prima reflex a pellicola (Canon EOS 30) scelsi proprio le ciminiere delle Ferriere per cimentarmi con quella che sarebbe diventata qualcosa di più di una passione; scattai un rullino da 36 pose e la mia foto preferita (ne scelsi solo 3, come da regola) era molto simile a questa. Sono voluto ritornare dopo anni sul luogo del delitto per riproporre la stessa identica brutta foto (o quasi). Sono davvero perverso.
E finalmente il viaggio è terminato. Questa, giuro, è l’ultima foto dalla Norvegia. E la scelta non è casuale: un uomo, un fotografo, che si allontana dalla Costa Luminosa. Ho scattato questa foto dall’Opera House di Oslo: ho scelto un punto sul tetto che mi permettesse questa composizione, mi sono sdraiato sul pavimento e ho provato un centinaio di foto e soggetti diversi finchè non ho trovato la giusta alchimia. Ho seguito con lo sguardo quest’uomo orientale, era perfetto: una tuta gialla e nera che riprendeva cromaticamente la nave, l’atteggiamento da fotografo, la fuga simbolica dalla Costa Luminosa e la macchina fotografica identica alla mia. E adesso si volta pagina. Andiamo avanti…
Il nome Reeeenzo Piano è sempre sinonimo di grandi strutture. E il museo d’arte moderna di Oslo non sfugge a questa regola. E’ un’opera suggestiva ma molto difficile da fotografare; è circondata dall’acqua e coperta di vetro ma quello che colpisce sono le sue finestre arancioni. Tutte uguali, tutte chiuse, tutte molto vicine, tutte perfettamente allineate (e ci mancherebbe altro). Ho girato intorno all’Astrup Fearnley Museet almeno venti minuti senza riuscire a trovare niente di particolarmente originale. Ero ossessionato dalle finestre arancioni, ma riuscire a ripetere la perfetta simmetria in foto è impresa ardua e complicata. Mi sono arreso presto e ho cercato di immaginare punti di osservazione diversi dal solito e ho guardato verso l’alto: e guardare verso l’alto in fotografia non tradisce quasi mai.
Il monolite è probabilmente la scultura più celebre del Vigeland Park. Sorge nel punto più alto del parco circondata da 36 gruppi scultorei, è composta da 121 figure umane che si innalzano verso il cielo per un’altezza di circa 17 metri (base compresa). Rappresenta il senso di resurrezione dell’uomo, la necessità e la voglia di stare insieme tenendosi stretti, in un senso di tristezza e speranza, verso la salvezza.
Whereas the melancholy theme in the fountain is the eternal life cycle, the column gives room to a totally different interpretation: Man’s longing and yearning for the spiritual and divine. Is the column to be understood as man’s resurrection? The people are drawn towards heaven, not only characterised by sadness and controlled despair, but also delight and hope, next to a feeling of togetherness, carefully holding one another tight in this strange sense of salvation.
Il Parco di Vigeland o Parco delle sculture è un’area all’interno del Frognerparken di Oslo dedicata all’esposizione permanente di sculture, bassorilievi e opere in ferro battuto dell’artista norvegese Gustav Vigeland; Copre una superficie di circa 320 ettari e si sviluppa su un asse longitudinale di 850 metri. (Fonte Wikipedia). Quando si varca il cancello del Vigeland Sculpture Park si entra in un mondo particolare. A prima vista mi è sembrato quasi violento, statue di pietra che rappresentavano uomini, donne, bambini, vecchi quasi sempre nudi ed in posizioni forti, abbracciati, che urlavano disperazione, che gridavano un malessere. In realtà é un luogo affascinante che in alcuni scorci lascia senza fiato. In questa foto la parte finale del parco, il monolite.
La città di Bergen è circondata da colli e sono sette, come a Roma. Dal centro della città si può prendere una funicolare (la celebre Fløibanen) che permette di raggiungere il colle di Fløyen. Dalla terrazza si gode una vista incredibile. Quando siamo arrivati in cima al Fløyen, in mattinata, il tempo era molto nuvoloso; all’ora di pranzo è salita una nebbia incredibile e infine è arrivato il sole. Il tutto nel giro di tre ore: misteri della meteorologia nordica, miracoli del fiordo. Mi sono divertito molto a fotografare i turisti (ma anche gli autoctoni) sulla terrazza: il fotografo, il classico turista, la coppia di innamorati, il gruppo di amici, la famiglia, due ragazze. Un piccolo estratto di mondo sulla terrazza che domina Bergen.