Oggi ascoltavo radio DeeJay e si parlava di social network, di Instagram in particolare, quindi di fotografia. Veniva chiesto agli ascoltatori quale fosse la foto che rappresentasse al meglio il loro 2015. Io ho pensato pochissimo, l’immagine si è materializzata in modo quasi istantaneo nel mio cervello. Se dovessi scegliere uno scatto non potrei avere nessun dubbio: è un selfie, il sottoscritto ed Alice nel giorno del suo compleanno. E’ una foto studiata a tavolino: nelle luci (due softbox a 45 gradi per creare un effetto tipo beauty), nella posizione e nelle espressioni. Volevo che si notasse il tatuaggio e volevo che Alice avesse un’espressione di scoperta, di curiosità (perdonatemi la pessima definizione). Questa è la foto che mi ricorda il primo anno della nostra cucciola, è la mia foto del 2015.
Selfie ha battuto tutti. Il neologismo che arriva dai social media, e vuol dire ‘autoscatto’ fatto usando uno smartphone o una webcam e poi pubblicato sul web, ha sbaragliato la ‘concorrenza’ ed è stato scelto dai lessicografi della Oxford University come parola dell’anno 2013.
Questa è sicuramente la notizia più importante del momento, l’autoritratto è sdoganato, è diventato arte. E Selfie (usata per la prima volta nel 2002 in un forum australiano su internet) è la parola simbolo di questa nuova generazione di bimbominkia che produce self-portraits a ritmo continuo. Io ho iniziato nel lontano 2006 a pubblicare autoritratti su internet (il celebre ‘Mi taglio la gola‘)(in realtà anche prima) e andrò avanti senza interruzione di continuità anche se, probabilmente, la materia prima non è di altissimo livello. E poi cavalcare il fenomeno del momento non può certo farmi male. :)
E camminavo da solo, con la macchina.foto, all’interno di questo enorme stabilimento svizzero. Tutto vetri. Alla ricerca di uno spunto fotografico, un particolare, qualcosa che si facesse notare (semi-cit). Mi sono imbattuto nella mia figura riflessa, in parte, dalla porta a vetri di un laboratorio tecnico/dimostrativo. Non so esattamente cosa ci fosse dietro la porta, posso solo intuire le ombre. Ma la composizione ed il riflesso mi piacevano; la luce era strana, avvolgente, davvero molto particolare. Un self-portrait non troppo canonico (per il mio standard) ma particolare, nascosto, in ombra. In vetro.
Quando ero bambino mio padre fotografava sempre con la sua fedele Nikon F. Ricordo benissimo la sua valigetta in alluminio riempita di gomma piuma con gli spazi ritagliati per il corpo macchina e i vari obbiettivi. Per il sottoscritto era intoccabile e proteggeva un mistero ed un fascino ancora oggi ineguagliati. Quella era LA macchina fotografica, non esisteva niente di meglio; una leggenda che ho sempre portato con me, nel cuore e nel cervello. Ed è giunto il momento di fare il grande passo e di seguire le orme paterne: Nikon è un marchio importante, storico e le sue macchine fotografiche sono sinonimo di qualità e classe. Ho deciso quindi di cambiare, ho comprato una Nikon D600 con AF-S DX NIKKOR 18-200mm f/3.5-5.6 G ED VR II (le sigle devo ancora capirle tutte). Ebbene si, i blabla dell’ottica fissa saranno sconcertati, ma sono stanco di cambiare lente di continuo. La qualità costruttiva della casa nipponica si vede subito e il 18-200 è uno zoom molto esteso ma di grandissima nitidezza (anche a tutta apertura). Fatemi auguri e complimenti: da oggi sono ufficialmente un fotografo vero.