Ammetto che quando ho visto per la prima volta la Hallgrímskirkja, il più importante luogo di culto luterano di Reykjavík, sono rimasto decisamente affascinato: perché da lontano è davvero molto imponente e importante. In realtà l’unica nota interessante di questa chiesa è la rigorosa geometria e la pulizia estrema delle sue linee e del suo cemento. La sua costruzione è durata 38 anni ed è terminata nel 1983: è considerata il capolavoro dello stile nazionale basaltico islandese. Anche gli interni sono piuttosto vuoti e molto nordici (in questo caso il termine è usato con accezione negativa) e l’unica cosa interessante è l’enorme organo che con le sue 5.275 canne raggruppate in 72 registri, è il più grande organo a canne islandese. Ci sono passato davanti all’alba, prima che la città prendesse vita, e poi nel primo pomeriggio, ma non sono riuscito a trovare qualcosa che accendesse la mia immaginazione. Deludente.
Raccontare e descrivere una settimana fotografica (non oso definirla vacanza) in Islanda è un’impresa: perché è nata in modo quasi inaspettato, alternativo e per certi versi anche bizzarro. E quindi come iniziare? In senso cronologico, con un nome assurdo (ma lo saranno tutti) e con una foto lineare: siamo alle pendici del vulcano Fagradalsfjall a Grindavíkurbær. Semplice, no? Si tratta ovviamente di un vulcano in attività, anche recentissima, ma quando siamo arrivati noi niente lapilli e niente fiamme. Solo magma, lava spenta che sino a qualche giorno prima scendeva con le sue lingue lungo la valle verso il mare. Somma di 5 scatti in lunga esposizione e filtro neutral density: il filtro ND sarà un filo ricorrente, ma non conduttore, di questo racconto.