
Ho scattato questa foto al Parco Dora a Torino, nella zona dello skatepark. Ho sfruttato la poca luce a disposizione (ormai il sole era tramontato da diversi minuti) per creare l’effetto tunnel. Come si ottiene? E’ molto semplice: si scatta con un tempo di esposizione lungo (in questo caso 13 secondi) e sfruttando l’appoggio del treppiede si muove la ghiera dello zoom dalla massima alla minima estensione (molto lentamente); sono passato da 15mm a 8mm e viceversa (ho usato il fish-eye 8-15). Si ottiene questo effetto, chiamato appunto tunnel, che crea una sensazione di velocità: in Guerre Stellari sarebbe l’inizio di un salto nell’iperspazio. Non sempre le foto riescono interessanti, qualche volta però il risultato può essere piacevole. Nel caso specifico si nota un’area più chiara centralmente: il fish-eye Canon è circolare a 8mm e crea un area nera intorno all’immagine; ho cercato di rimanere il meno possibile alla focale minima per evitare un eccesso di vignettatura che non sarebbe stato gradevole. E’ raro che l’effetto Tunnel produca immagini di qualità: ma con il soggetto giusto può diventare quello che comunemente viene definito come creativo.
Se state riprendendo un oggetto statico, potete aggiungere un po’ d’interesse usando lo zoom durante lo scatto ed utilizzando un tempo di posa abbastanza lungo (si può fare solo con uno zoom manuale, ovviamente). L’effetto finale sarà quello di un “tunnel” o più genericamente verrà dato un senso di movimento all’intera fotografia. Ovviamente occorre provare più volte prima di poter ottenere un risultato realmente interessante.

Sabato scorso, accompagnato da Francesca del Cegat e da +Eventi, ho visitato, insieme ad altri igers e fotografi, il centro storico di Cuneo: nel gruppo spiccava la presenza del sempre valido Paolo Viglione. Non era la prima volta che partecipavo ad un evento del genere e quindi, per il gusto di cambiare, ho deciso di fotografare esclusivamente con il fish-eye. Dal basso. Si, perché ho deciso di visitare Cuneo con gli occhi rivolti al cielo. Ne ho tirato fuori 6 foto, tutte con lo stesso unico comune denominatore. Si, certo, sono un po’ particolari e probabilmente sfuggono al comune senso estetico, al bello condiviso. Io però le trovo molto interessanti: mi permettono di visitare ed ammirare il mondo in modo completamente diverso e mi lasciamo dentro come un’idea di libertà. Non è la prima e non sarà l’ultima volta.






Andrea Loreni è il primatista italiano delle camminate su cavo a grandi altezze: nel 2011 ha stabilito il record nei cieli di Pennabilli, in Romagna, percorrendo 250 metri a 90 di altezza tra i colli di Penna e Billi. Oggi pomeriggio la sua esibizione al filatoio di Caraglio (il più antico setificio d’Europa ancora esistente) ha ufficialmente aperto la prima personale italiana del giovane artista francese Jérémy Gobé. E io sono rimasto estasiato dall’incedere leggero di questo funambolo torinese di 42 anni, laureato in filosofia teoretica, che dal 2006 si dedica a queste imprese dedicate a chi soffre di vertigini. Andrea avanza sul filo con una tale tranquillità che sembra la cosa più semplice del mondo, ma in realtà tanto semplice non è. Ho scattato dall’ultimo piano del filatoio (probabilmente senza permesso, ma noi non abbiamo paura di nulla) e dal cortile, con il teleobbiettivo e con il fish-eye (che sia benedetto) sempre utilizzati a tutta apertura. Dopo l’esibizione mi sono infilato in soffitta (sempre contravvenendo le regole) e ho avuto il piacere di conoscere Andrea che si è prestato cortesemente come modello per un ritratto: e lui è terribilmente fotogenico. Ma quello domani.





La sospensione dell’ordinario nell’alzare gli occhi al cielo e, tra architetture urbane familiari, scoprire un azzardo: l’equilibrio sottile del funambolo.