![[Flugtag] God in the Sky](http://farm9.staticflickr.com/8005/7359140688_49079e9846_c.jpg)
Oggi ho assistito alla terza edizione del Red Bull Flugtag: esperienza davvero interessante. E stancante. Inizio la serie di immagini dedicate all’evento proprio con i vincitori: God in the Sky. Oltre ad aver costruito una delle macchine volanti più belle sono riusciti a volare lontano, lontanissimo, e ad incantare la giuria con un balletto molto divertente. Complimenti.

Questa foto è la perfetta continuazione dell’immagine di ieri. Stesso giorno, stesso luogo, stesso cielo. Dopo aver scattato dal prato mi sono accorto che alle mie spalle scorreva il lago di Beinette (si, il lago di Beinette scorre). Mi sono spostato e ho provato a riprendere la Bisalta da un’altra angolazione includendo nella parte bassa del fotogramma anche le acque del lago. Ho attenuato i colori, aumentato il contrasto e, ovviamente, eliminato il fastidioso palo della luce. Di questa foto mi piace la posizione delle nuvole (anche riflesse) che sembrano indicare la montagna. Talvolta il fotografo (quello perseverante) è aiutato anche dalla fortuna.
![Bisalta [clouds]](/blog/wp-content/uploads/2012/05/bisaltaclouds.jpg)
Devo ammettere che sono molto infastidito dai pali della luce (e relativi cavi). Spesso e volentieri mi sono trovato a combatterli, a schivarli, ad evitarli. Eppure sono sempre lì, proprio nel mezzo del panorama che mi piacerebbe fotografare; e sono dappertutto anche nei luoghi più impensati, dove la natura è praticamente incontaminata, anche quando la prima impronta umana dista decine di miglia. Non c’è l’acqua, non c’è la vita, non c’è la flora, non c’è la fauna, sei nel deserto, nel posto più sperduto del mondo: ma non ci sono speranze, i fottutissimi pali della luce sono nel centro della foto perfetta. E ho deciso di combatterli a modo mio, usando Photoshop e la meravigliosa arma del timbro clone. Perché io intendo la fotografia come una via di mezzo, un giusto mix, fra scena reale e personale visione artistica. E nella mia visione artistica i pali della luce (e relativi cavi) non hanno proprio cittadinanza.

Mi piace rimbalzare fra mare e montagna, ma d’altronde sono con il cuore ad Imperia e con la mente a Cuneo. Questa foto risale all’inizio di marzo: siamo sul molo lungo di Oneglia, il vento è fortissimo, il cielo nuvoloso e cupo di fine inverno. A Imperia ci sono questi cannoni, ci sono da sempre: ricordo le mie foto di bambino a calvacioni sulla punta oppure in piedi, in equilibrio. Sinceramente non ricordo i cannoni sul molo lungo e penso che questo (spero di non sbagliarmi) sia arrivato da poco. E’ già sfregiato, come nella peggiore tradizione italiana, ma credo voglia rappresentare la resistenza strenua, la difesa della costa dagli invasori. E mi piaceva il suo modo di guardare il mare, di guardare l’orizzonte, la sua fierezza di combattente. Anacronistica.

Calata Cuneo è la banchina del Porto di Oneglia (Imperia). Deve il suo nome a Giovanni Battista Cuneo, giornalista, politico e patriota italiano, grande amico e collaboratore di Garibaldi che nacque proprio ad Oneglia nel 1809. Ma io credo che in pochi sappiano il perché di quel nome.
E penso anche che Calata Cuneo abbia una magia, un qualcosa di bellissimo, che Imperia è riuscita a nascondere per anni, impedendone l’accesso con cancelli e divieti. Ricordo quando da piccolo correvo sotto i portici e potevo solo osservare da lontano i pescherecci e le gru. Solo negli ultimi lustri ci si è accorti di quanto possa essere turistica la banchina: sono sparite le imposizioni e la gente ha potuto riprendersi il porto.
Questa foto è scattata dal molo lungo, nella zona dedicata alle piccole imbarcazioni da pesca: è una parte del molo quasi nascosta, silenziosa, che sembra ascoltare, e non capire, il brusio e il rumore della banchina che si trova a pochi metri di distanza, oltre l’acqua. Due mondi completamente diversi ma che fanno parte di una stessa anima.

Il mare è da sempre nel mio cuore. Perché chi nasce sul mare non può dimenticarlo, deve tornare periodicamente a sentirne voce e profumo. Chi nasce sul mare si riconosce dagli occhi, dall’anima: io afferro l’odore del sale e mi sento parte di un’elite selezionata, come se avessi dei poteri che intorno a me capiscono solo quelli come me. E quando ho notato queste due ragazze osservare la linea dell’orizzonte, in completo silenzio, ho subito capito le loro emozioni, mi sono seduto a poca distanza, ho respirato il mare e ho ascoltato lo scabordio delle onde contro gli scogli. Poi ci siamo scambiati uno sguardo, sfuggente, e abbiamo diviso un breve momento che solo chi è nato sul mare può comprendere. Perché noi abbiamo il mare nel cuore.