
Il post-Covid (anche se purtroppo non è ancora finita) mi ha lasciato qualche segno sulla pelle e nell’anima. Non è il virus il colpevole, ma il sottoscritto ha perso un po’ di smalto per quanto concerne la fotografia e, soprattutto, la post-produzione. Sono svogliato. E’ quasi un mese che non pubblico su queste pagine e forse è il caso di concentrarsi maggiormente e cambiare pagina. Fra le novità dell’ultimo periodo c’è l’arrivo in casa Silva (come se non fossero abbastanza i gingilli tecnologici) del drone più in voga del momento: il DJI Mavic Mini, 249 grammi (non uno di più) di tecnologia. Le potenzialità sono quelle che sono e la qualità fotografica non è eccelsa, tutto in proporzione al peso, ma comunque quanto basta per divertirsi e scattare qualcosa di alternativo. E questa è la prima foto di quella che potrebbe essere una lunga serie. E’ la Torre Saracena sul Pizzo di Ormea fotografata da Barchi; non conosco l’altitudine, ma dovremmo essere intorno ai 40 metri (da terra). Si riparte in volo (credo).

Tutto ciò che si è fatto in Occidente durante tanti secoli si è fatto all’ombra gigantesca della croce.
– Paul Louis Couchoud

Fare questa foto (ma anche quelle di ieri) è stata un’impresa decisamente faticosa. Avevo individuato un’ansa del Tanaro molto interessante, a metà fra Clavesana e i celebri Calanchi. Ma fra il dire, il programmare e il fare, ci sono di mezzo boschi e rovi. Purtroppo non ho avuto modo di organizzarmi: il cielo perfetto è arrivato quando meno me lo aspettavo in un pomeriggio di metà luglio. Ma sono preparato e ho sempre con me tutto il necessario: macchinafoto, treppiede, filtri, zaino, copertura antipioggia e fantastici copriscarpe in gomma (assolutamente consigliati, mai più senza). Sotto la pioggia e nel fango sono riuscito, con un certa dose di fatica, a raggiungere la zona prescelta. Ho fotograto in 40 centimetri d’acqua con tempi decisamente lunghi: questa è 25 secondi, ma sono arrivato anche a 2 minuti di esposizione (con ND1000 e pola) giusto per sentirmi un po’ Michael Kenna (e nel frattempo mandavo posizione GPS e foto a casa in caso potessi risultare disperso). Il problema è stato tornare: ho sbagliato strada (ottimo senso dell’orientamento) e mi sono trovato dentro una foresta di rovi, completamente bagnato, con i pantaloni corti. Ho portato i segni dell’avventura per circa 2 settimane: e poi dicono che la fotografia non è pericolosa, ma d’altronde il pericolo è il mio mestiere.