Una strada sterrata, laterale, ci porta nei pressi di questa strana costruzione. Da fuori non si riesce a capire, ma appena varcata la soglia d’ingresso, un enorme e vecchio portone in legno, si comprende: siamo all’interno di un edificio religioso, una piccola chiesetta, un tempio. La forma è ottagonale, ma si riesce solo a percepirlo perché l’edificio è in grave difficoltà strutturale: una parte del tetto è crollata e sulle pareti si vedono delle crepe ingombranti. Alzando lo sguardo si vede la cupola: ci sono otto vetrate rotonde di colore diverso, ognuna in corrispondenza di un arco; sono archi a sesto acuto, tipici dell’architettura gotica che è presente in tutto il tempio. Il numero 8, che caratterizza fortemente l’edificio, potrebbe indicare una fonte battesimale perché dopo i sei giorni della creazione e il settimo di riposo, l’ottavo simboleggia la resurrezione del Cristo e dell’uomo stesso annunciando quindi l’eternità dopo la vita terrena: per questo era spesso utilizzato come forma per i battisteri.
Non ho idea dei numeri, ma credo che la quantità di chiese abbandonate in Italia sia elevatissima. Basta alzare lo sguardo e possiamo trovare un edificio religioso distrutto; le piccole cappelle sono la maggioranza, ma ci sono anche chiese di grandi dimensioni nell’elenco dell’abbandono ecclesiastico italiano. È chiaro che si tratta di un fenomeno dovuto soprattutto all’età: con il tempo crolli e cedimenti strutturali possono segnare un patrimonio artistico, perché di patrimonio si tratta, che ha una storia importante alle spalle, secolare, in alcuni casi anche millenaria. La chiesa di San Giacomo di Laccio, frazione di Torriglia in provincia di Genova, ha oltre 500 anni (fu fatta costruire dal Principe Doria per venire incontro alle esigenze delle frazioni) e i segni dell’invecchiamento si vedono tutti. Nel secolo scorso, dal 1930 circa, ha subito un progressivo decadimento e la posizione, poco felice, non ha certo aiutato. Negli ultimi dieci anni si è cercato un recupero con la ricostruzione parziale del tetto, il rifacimento delle coperture e il consolidamento del terreno di fondazione della chiesa: purtroppo questi lavori non sono mai stati terminati. Come riportato sul catalogo generale dei beni culturali l’edificio e il campanile sono oggi in completo abbandono e in gravissimo degrado.
Dopo due anni ho deciso che è giunto il momento di tornare religiosamente -con le foto- in Valle Ellero e dopo il Santuario di Santa Lucia è arrivato anche il momento della Chiesa di Santa Caterina a Villavecchia, frazione del comune di Villanova Mondovì. Entrambe le visite guidate (Santuario e Chiesa) sono state accompagnate dall’architetto Marcello Boetti (che ringrazio) con il meraviglioso gruppo vacanze di MondovìPhoto. Quando ho fotografato l’architettura della chiesa di Santa Caterina mi sono sentito decisamente in difficoltà, non riuscivo a trovare la quadratura del cerchio e tutte le foto mi sembravano storte. La nostra guida deve avermi sentito imprecare e mi ha subito corretto: “Ma guarda che è proprio la chiesa ad essere storta!”. Ah, ecco!
Il Santuario di Santa Lucia si trova nel comune di Villanova Mondovì, abbarbicato in cima alla montagna sulla strada che porta verso Roccaforte. Si tratta di un antico ospizio costruito fra il 1500 e il 1800 aggrappato alle pendici del Monte Calvario, a strapiombo sul torrente Ellero. La sua particolarità è la Chiesa principale ricavata all’interno di una grotta nel quale è conservata la statua di Santa Lucia; questa caratteristica inserisce Santa Lucia in una rete di spettacolari santuari incastonati nella roccia e che comprende, fra gli altri, il Santuario Madonna della Corona a Verona e il Santuario di Rocamadour in Francia.
Il Santuario fu molto importante durante la resistenza partigiana fra il 1943 e il 1945. Qui veniva stampato clandestinamente la Rinascita d’Italia, curato dal prof. Giovanni Bessone. Nel sottotetto, nascosti e protetti dalla suore e da don Pietro Servetti arciprete della parrocchia di Santa Caterina di Villanova, trovarono rifugio molti partigiani tra cui il frabosano don Giuseppe Bruno, soprannominato “il prete dei Partigiani”, che fondò il gruppo “Azione e ordine”.
Il Mausoleo Crespi si trova in cima ad una collina, nel paese di Nè, in provincia di Genova. Arrivarci non è per niente facile: si sale e si scende in mezzo ai rovi, si striscia, si scavalca. Se quando sei quasi arrivato ti accorgi di aver lasciato il treppiede in macchina la distanza da percorrere praticamente si raddoppia: ma è tutta attività fisica e bestemmie.
Il mausoleo è diviso in 2 parti: al piano superiore troviamo una piccola e meravigliosa cappella, mentre al piano inferiore le tombe della famiglia. Purtroppo negli anni i vandali, nonostante la posizione infelice, non hanno risparmiato le vetrate, le porte, l’altare e nemmeno le bare: sono stati portati via i busti, le vesti talari e diversi suppellettili. Un vero peccato perché il Mausoleo è un piccolo gioiello architettonico e un pezzo di storia molto importante del nostro paese.